sabato 26 settembre 2009

Il viaggio del Papa nella Repubblica Ceca: Nuovo slancio al dialogo tra Chiesa e società (Osservatore Romano)


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Nuovo slancio al dialogo tra Chiesa e società

di Mario Ponzi

"Dio, nostro Padre celeste, ti ringraziamo per l'imminente visita di Benedetto XVI.
Guidaci con il tuo amore affinché ci prepariamo bene all'incontro con colui che guida la Chiesa universale... Fa' che i giorni che trascorrerà tra noi servano a lui e a tutta la nostra società, come stimolo e incoraggiamento". Sono alcune strofe della preghiera che da qualche mese riecheggia sotto le volte delle maestose cattedrali di Boemia e di Moravia, così come nelle più piccole e sperdute parrocchie sparse nell'intero territorio della Repubblica Ceca, il sesto Paese europeo - dopo Polonia, Spagna, Germania, Austria e Francia - che si accinge ad accogliere Benedetto XVI.
Joseph Ratzinger segue le orme del suo predecessore Giovanni Paolo II, per tre volte pellegrino in quelle terre. La prima visita risale al 21 aprile 1990. Il popolo cecoslovacco si era da poco liberato dal giogo del regime comunista e lentamente si avviava verso la democrazia. Papa Wojtyla portò il suo incoraggiamento alla giovane Repubblica federativa. Il 20 maggio 1995 tornò a Praga. Si trattò di un passaggio rapido: la sua meta era infatti Olomuc, dove venivano canonizzati i beati Zdislava di Lemberk e Jan Sarkander. Ma, come aveva promesso proprio in quell'occasione, tornò due anni più tardi, il 25 aprile 1997, per la celebrazione del millennio del martirio di sant'Adalberto, uno dei padri dell'ideale dell'unità europea. Trovò una situazione nuova: la neonata Repubblica Ceca separata, con un pacifico accordo, dalla Slovacchia.
Dalla prima visita i tempi sono cambiati. Boemi e moravi hanno vissuto secoli di storia tormentata: una storia di sofferenza che ha fatto della libertà un sogno da coltivare quasi all'infinito. Alla fine l'hanno ottenuta sulle ali del vento che ha sgretolato, nell'est europeo, il muro di Berlino e, con esso, l'ideologia comunista. Karol Wojtyla, visitando la Cecoslovacchia prima degli altri Paesi di questa parte del continente, volle in un certo senso riconoscere ai suoi abitanti il primato delle lunghe e penose sofferenze.
Pesano ancora oggi i ricordi della repubblica nata con la caduta dell'impero degli Asburgo, alle prese prima con il nazionalsocialismo e poi con l'espansionismo sovietico. È una terra situata nel cuore dell'Europa e forse proprio gli appetiti suscitati dalla collocazione geografica sono stati la causa di tanto penare. Non a caso Bismarck sosteneva che chi ne fosse diventato padrone avrebbe dominato il mondo.
La Chiesa è stata sempre vicina al popolo, sia quando c'era da riconquistare la libertà negata dal regime, sia quando si trattava di sostenerla mentre muoveva i suoi primi passi. La stessa storia della Chiesa cattolica ceca è strettamente legata a quella dello Stato. Basti qui ricordare alcune date e alcuni episodi. Le prime notizie risalgono al lontano 13 gennaio 845, giorno in cui quattordici membri della nobiltà ceca con il loro seguito furono battezzati a Ratisbona. Qualche anno più tardi, nell'863, giunsero Cirillo e Metodio e iniziarono la loro missione evangelizzatrice dalla Moravia. Trovarono un terreno già reso fertile dalla testimonianza del principe boemo Venceslao.
La Chiesa ha avuto un ruolo determinante anche nella promozione della cultura, dell'educazione, della scienza e della vita sociale della nazione. La predicazione della fede, l'introduzione della scrittura paleoslava - con la relativa traduzione della Bibbia - e la diffusione dei libri liturgici e della collezione del diritto bizantino, sia canonico che civile, posero infatti le fondamenta della cultura del Paese. Sant'Agnese di Praga e santa Zdislava di Lemberk sono diventate modelli di carità nell'assistenza dei poveri, dei malati, degli anziani.
La popolazione è uscita a testa alta dal tentativo di stravolgere la sua storia, nell'intento di sradicarla dalle tradizioni e di rifondarla su basi inaccettabili. Il pericolo è definitivamente sfumato. Il problema ora è lo sviluppo della prosperità civile e spirituale della nazione e il suo naturale inserimento in Europa, che non significa semplicemente una somma di adempimenti economici e finanziari. L'Unione è anche il frutto di una ricca esperienza umana e spirituale che non è semplicemente consegnata al futuro, ma è in continua costruzione.
Quando Giovanni Paolo II volle proclamare Cirillo e Metodio compatroni d'Europa, accanto a Benedetto da Norcia, mise tutti di fronte a una responsabilità: la ricomposizione unitaria, religiosa e civile di una patria comune che - sola - dà senso e rilievo alle singole componenti. È, in altri termini, l'idea dei due polmoni che danno vitalità al vecchio continente e che, per definizione, evitano separazioni, rafforzando le legittime individualità di cui è sempre fondante l'esperienza religiosa. La Repubblica Ceca, nella geografia e nella storia civile e religiosa, occupa ancora un ruolo nel continente. E, in questo senso, ha un'importante missione da compiere.
Il Paese sta attraversando un periodo difficile, dovuto non solo alla crisi mondiale. Sono trascorsi quasi vent'anni dalla riconquistata libertà, ma gli animi sono ancora da affinare e il cammino da compiere è lungo. C'è da fronteggiare un deficit economico record, nell'ordine di miliardi di euro. La politica è in una delicata fase di transizione. Sfiduciato il Governo del premier liberale Mirek Topolanek, bocciata la proposta di elezioni anticipate, il timone è stato affidato a un Governo tecnico il cui compito è quello di traghettare il Paese sino alle elezioni del prossimo anno. Il presidente Václav Klaus, rieletto per il secondo quinquennio nel febbraio del 2008, è dichiaratamente euroscettico, ma è consapevole della necessità di aprirsi al resto del continente. I rapporti tra Chiesa e Governo stanno lentamente normalizzandosi. Ma nonostante il pieno riconoscimento della legittimità della presenza della Chiesa e dunque della piena libertà di culto, restano sul tappeto alcune questioni ereditate dal passato, soprattutto per quanto riguarda la restituzione dei beni confiscati dal regime comunista.
Arriva il Papa. Una visita, la sua, fortemente voluta. E non solo dalla Chiesa locale. Il presidente in persona l'ha più volte sollecitata. Lo ha fatto ancora pochi mesi fa, durante un'udienza in Vaticano. Forse si cerca l'occasione per rileggere la storia e ripensare così il futuro. Un futuro che riguarda immancabilmente l'Europa, o meglio il ruolo che il Paese deve assumere nell'Europa di oggi ma anche e soprattutto in quella di domani. Un ruolo proporzionato alle aspettative di un contesto - quello continentale appunto - che si è sempre dimostrato simpatizzante e solidale nei confronti di questa nazione. E la visita di Benedetto XVI esalterà sicuramente questo ruolo. Del resto i Pontefici di questi ultimi decenni hanno dato un contributo decisivo alla crescita della coscienza collettiva europea, rivendicando la tensione unificante dell'evangelizzazione, i modelli culturali e comportamentali dei grandi santi, l'umanizzazione del territorio costruita da generazioni di monaci e l'ininterrotta opera di lievitazione spirituale, coltivata e arricchita sino ai nostri giorni.
Ma poi si guarda avanti. C'è una pace da costruire, uno sviluppo solidale da far decollare nell'ottica di una sana e responsabile globalizzazione, libera da ipocrisie e conflittualità, lontana da interessi nazionali individualistici e ricca di valori.
C'è soprattutto da ricostruire un legame tra la Chiesa e il popolo che sembra aver perso confidenza con il messaggio evangelico. Nel censimento del 2001, il 59 per cento della popolazione adulta ha dichiarato di non essere "affiliata" ad alcuna religione; i cattolici sono il 30 per cento (circa 3 milioni su un totale di 10,5 milioni di abitanti, distribuiti in 8 diocesi e un esarcato di rito bizantino); gli altri cristiani non superano il 5 per cento e sono divisi in almeno 22 denominazioni ufficialmente riconosciute dallo Stato. La Chiesa è ancora poco organizzata, immersa come è in una società indifferente. La parte maggioritaria della popolazione, memore di una storia tormentata ha trovato rifugio in un diffuso cinismo nei confronti della politica, della cultura e della religione.
Da qui nasce il bisogno di animare vescovi e sacerdoti di nuova energia interiore, aiutandoli a ritrovare fiducia in sé stessi per affrontare la sfida nuova e restituire così alla Chiesa il suo proprio ruolo. È l'intento che guida Benedetto XVI in questa visita. Non a caso il filo conduttore del suo messaggio complessivo sarà costituito dalle tre virtù teologali che hanno sino a oggi segnato il suo pontificato: la fede, la speranza e la carità.

di Mario Ponzi

"Dio, nostro Padre celeste, ti ringraziamo per l'imminente visita di Benedetto XVI. Guidaci con il tuo amore affinché ci prepariamo bene all'incontro con colui che guida la Chiesa universale... Fa' che i giorni che trascorrerà tra noi servano a lui e a tutta la nostra società, come stimolo e incoraggiamento". Sono alcune strofe della preghiera che da qualche mese riecheggia sotto le volte delle antiche, maestose cattedrali di Boemia e di Moravia, così come nelle più piccole e sperdute parrocchie sparse nell'intero territorio della Repubblica Ceca, il sesto paese europeo - dopo Polonia, Spagna, Germania, Austria e Francia - che si accinge ad accogliere Benedetto XVI.
Joseph Ratzinger segue le orme del suo predecessore Giovanni Paolo II, per tre volte pellegrino in quelle terre. La prima visita risale al 21 aprile 1990. Il popolo cecoslovacco era da poco riuscito a sottrarsi al giogo del regime comunista e lentamente si avviava verso una stagione di democrazia. Ppaa Wojtyla si recò a portare il suo incoraggiamento alla giovane repubblica federativa. Il 20 maggio 1995 tornò a Praga. Si trattò di un passaggio rapido: la sua meta era infatti Olomuc, dove venivano canonizzati i beati Zdslava di Lemberk e Jan Sarkander. Ma, come aveva promesso proprio in quell'occasione, tornò due anni più tardi, il 25 aprile 1997, per la celebrazione del millennio del martirio di sant'Adalberto, uno dei padri dell'ideale dell'unità europea. Trovò una situazione nuova: la neonata Repubblica Ceca separata, con un pacifico accordo, dalla Slovacchia.
Ora i tempi sono di nuovo cambiati. Boemi e moravi hanno vissuto secoli di storia tormentata: una storia di sofferenza che ha fatto della libertà un sogno da coltivare quasi all'infinito. Alla fine l'hanno ottenuta sulle ali del vento che ha sgretolato, nell'est europeo, il muro di Berlino e, con esso, l'ideologia comunista. Karol Wojtyla, visitando la Cecoslovacchia prima degli altri Paesi di questa parte del continente, volle in un certo senso riconoscere ai suoi abitanti il primato delle più lunghe e penose sofferenze.
Pesano ancora oggi i ricordi della repubblica nata con la caduta dell'impero degli Asburgo, alle prese prima con il nazionalsocialismo e poi con l'espansionismo sovietico. È una terra situata nel cuore dell'Europa e forse proprio gli appetiti suscitati da questo privilegio geografico sono stati la causa di tanto penare. Non a caso Bismarck sosteneva che chi ne fosse diventato padrone avrebbe dominato il mondo.
La Chiesa è stata sempre al fianco del popolo, sia quando c'era da riconquistare la libertà conculcata dal regime, sia quando si trattava di sostenerla mentre muoveva i suoi primi passi. La stessa storia della Chiesa cattolica ceca è strettamente legata a quella dello Stato. Basta ricordare alcune date e alcuni episodi. Le prime notizie risalgono al lontano 13 gennaio dell'845, giorno in cui quattordici membri della nobiltà ceca con il loro seguito furono battezzati a Ratisbona. Qualche anno più tardi, nell'863, giunsero Cirillo e Metodio e iniziarono la loro missione evangelizzatrice a partire dalla Moravia. Trovarono un terreno già reso fertile dalla testimonianza del principe boemo Venceslao.
La Chiesa ha avuto un ruolo determinante anche nella promozione della cultura, dell'educazione, della scienza e della vita sociale della nazione. La predicazione della fede, l'introduzione della scrittura paleoslava - copn la relativa traduzione della Bibbia - e la diffusione dei libri liturgici e della collezione del diritto bizantino, sia canonico che civile, posero infatti le fondamenta della cultura del Paese. Sant'Agnese di Praga e santa Zdislava di Lemberk sono diventate modelli di carità nell'assistenza dei poveri, dei malati, degli anziani. Tutte memorie che la persecuzione comunista non ha cancellato.
La popolazione è uscita a testa alta dal tentativo di stravolgere la sua storia, nell'intento di sradicarla dalle tradizioni e di rifondarla su basi inaccettabili. Il pericolo è definitivamente sfumato. Il problema semmai è lo sviluppo della prosperità civile e spirituale della nazione e il suo naturale inserimento in Europa, che non significa semplicemente una somma di adempimenti economici e finanziari. L'unione è anche il frutto di una ricca esperienza umana e spirituale che non è semplicemente consegnata al futuro, ma è in continua fioritura.
Quando Giovanni Paolo II ha voluto proclamare Cirillo e Metodio compatroni d'Europa, accanto a Benedetto da Norcia, ha messo tutti di fronte ad una responsabilità: la ricomposizione unitaria, religiosa e civile di una patria comune che - sola - dà senso e rilievo alle singole componenti. È, in altri termini, l'idea dei due polmoni che danno vitalità al vecchio continente e che, per definizione, evitano separazioni, rafforzando le legittime individualità di cui è sempre fondante l'esperienza religiosa. La Repubblica Ceca, nella geografia e nella storia civile e religiosa, occupa ancora un ruolo chiave nel continente. E, in questo senso, ha un'importante missione da compiere.
Il Paese sta attraversando un periodo difficile, dovuto certamente alla crisi mondiale, ma non solo. Sono trascorsi quasi vent'anni dalla rinascita nella libertà, ma gli animi sono ancora da affinare completamente e il cammino da compiere è lungo. C'è da fronteggiare un deficit economico record, nell'ordine di miliardi di euro. La politica è in una delicata fase di transizione. Sfiduciato il governo del premier liberale Mirek Topolanek, bocciata la proposta di elezioni anticipate, il timone è stato affidato ad un governo tecnico il cui compito è quello di traghettare il Paese sino alle elezioni del prossimo anno. Il presidente Václav Klaus, rieletto per il secondo quinquennio nel febbraio del 2008, è dichiaratamente euroscettico, ma è consapevole della necessità di aprirsi al resto del continente. I rapporti tra Chiesa e governo stanno lentamente normalizzandosi. Ma nonostante il pieno riconoscimento della legittimità della presenza della Chiesa e dunque della piena libertà di culto, restano sul tappeto alcune questioni ereditate dal passato, soprattutto per quanto riguarda la restituzione dei beni confiscati dal regime comunista.
Arriva il Papa. Una visita, la sua, fortemente voluta. E non solo dalla Chiesa locale. Il presidente in persona l'ha più volte sollecitata. Lo ha fatto ancora pochi mesi fa, durante un'udienza in Vaticano. Forse si cerca l'occasione per rileggere la storia e ripensare così al futuro. Un futuro che riguarda immancabilmente l'Europa, o meglio il ruolo che il Paese deve assumere nell'Europa di oggi ma anche e soprattutto in quella di domani. Un ruolo proporzionato alle aspettative di un contesto - quello continentale appunto - che, e non da oggi, si è sempre dimostrato simpatizzante e solidale nei confronti della nazione. E la visita di Benedetto XVI esalterà sicuramente questo ruolo. Del resto i Pontefici di questi ultimi decenni hanno dato un contributo decisivo alla crescita della coscienza collettiva europea, rivendicando la tensione unificante dell'evangelizzazione, i modelli culturali e comportamentali dei grandi santi, l'umanizzazione del territorio costruita da generazioni di monaci e l'ininterrotta opera di lievitazione spirituale, coltivata e arricchita sino ai nostri giorni.
Ma poi si guarda avanti. C'è una pace da costruire, uno sviluppo solidale da far decollare nell'ottica di una sana e responsabile globalizzazione, libera da ipocrisie e conflittualità, lontana da interessi nazionali individualistici e ricca di valori.
Ma c'è soprattutto da ricostruire un legame tra la Chiesa ed il popolo che sembra aver perso confidenza con il messaggio evangelico. Nel censimento del 2001, il 59 per cento della popolazione adulta ha dichiarato di non essere "affiliata" ad alcuna religione; i cattolici sono il 30 per cento (circa 3 milioni su un totale di 10,5 milioni di abitanti, distribuiti in 8 diocesi ed un esarcato di rito bizantino); gli altri cristiani non superano il 5 per cento e sono divisi in almeno 22 denominazioni ufficialmente riconosciute dallo Stato. La Chiesa è incerta, ancora poco organizzata, immersa come è in una società indifferente e fredda. Anzi una parte maggioritaria della popolazione, memore di una storia tormentata e, spesso, sottomessa, ha trovato rifugio in un diffuso cinismo nei confronti della politica, della cultura e della religione.
Di qui nasce il bisogno di animare vescovi e sacerdoti di nuova energia interiore, aiutandoli a ritrovare fiducia in sé stessi per affrontare la sfida nuova e restituire così alla Chiesa il ruolo che le appartiene. È l'intento che guida Benedetto XVI in questa visita. Non a caso il filo conduttore del suo messaggio complessivo sarà costituito dalle tre virtù teologali che hanno sino ad oggi segnato il suo pontificato: la fede, la speranza e la carità.

(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2009)

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