sabato 8 novembre 2008
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Atti d'amore prelievi e trapianti se è certa la morte del donatore
Il Papa invita alla cautela e a tener conto delle nuove acquisizioni scientifiche Condannati il traffico di organi, la creazione e la distruzione di embrioni umani
nostro servizio
Alberto Bobbio
Città del Vaticano
Donare gli organi è un atto d'amore, anzi è una «forma peculiare di carità», ma sulla questione dei trapianti occorre procedere sempre con estremo rigore, altrimenti si corre il rischio che alla logica dell'amore venga sostituita quella del mercato.
Benedetto XVI riceve in udienza i partecipanti del Congresso internazionale promosso dalla Pontificia accademia per la vita sulla donazione degli organi e traccia la via maestra da seguire nella medicina dei trapianti, che definisce una «grande conquista della scienza medica».
Ma aggiunge che bisogna continuamente tornare a riflettere su tale conquista per evitare che «il moltiplicarsi delle richieste di trapianto» non sovverta «i princìpi etici che ne stanno alla base».
Il Papa ha messo in fila tutte le questioni aperte e ha accennato anche alla morte cerebrale, senza tuttavia citarla, per ricordare che il prelievo di organi deve essere consentito «solo in presenza della morte reale» del donatore. Sul questo tema si è recentemente scatenato un dibattito all'interno degli stessi scienziati cattolici, in seguito a un articolo su «L'Osservatore Romano» della storica Lucetta Scaraffia, che dava conto di alcune perplessità circa la cosiddetta «Dichiarazione di Harvard», quella che quarant'anni fa indicava come criterio di accertamento della morte l'encefalogramma piatto, assunto poi da quasi tutte le legislazioni nazionali sui trapianti e accolto anche dalla Chiesa cattolica.
Il Papa ieri ha ricordato che la scienza ha compiuto in questi anni «ulteriori progressi nell'accertamento della morte del paziente» ed è un bene che su di essi ci sia «consenso di tutta la comunità scientifica». Ha voluto tuttavia sottolineare che per evitare «il minimo sospetto di arbitrio», laddove la «certezza» non fosse raggiunta, deve sempre «prevalere il principio di precauzione».
Le parole del Papa non hanno provocato polemiche.
Il direttore della Harvard medical school, quella che scrisse la dichiarazione quarant'anni fa, le ha apprezzate e le considera un invito a procedere nella ricerca.
Anche il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella ha rilevato che Ratzinger «non ha messo in dubbio il concetto di morte cerebrale», ma ha solo fatto «un invito alla cautela».
La stessa posizione è espressa dal direttore del Centro nazionale trapianti, Nanni Costa: «Il Papa ci chiede di progredire nella ricerca e di non chiudere la porta a eventuali nuove acquisizioni scientifiche».
Ma è stato questo solo uno dei punti toccati dal Papa. Gli accenti di maggiore preoccupazione li ha riservati al commercio degli organi.
Era stato il vescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia accademia per la vita, nel suo saluto al Papa, a denunciare il traffico di organi che rischia di diventare «un vortice» di fronte alle richieste sempre più crescenti. Ratzinger ha ripreso la questione definendo la compravendita di organi «atto moralmente illecito». Ma non si è fermato qui e ha detto che vanno «condannate come abominevoli» tutte le pratiche di «abusi nei trapianti» e il «traffico», che spesso «tocca persone innocenti come i bambini». E ha ammonito che la «comunità scientifica e medica» deve «rifiutarle come pratiche inaccettabili».
Lo stesso principio vale per la «creazione e la distruzione di embrioni umani» a scopo terapeutico: «La semplice idea di considerare l'embrione materiale terapeutico contraddice le basi culturali, civili ed etiche su cui poggia la dignità della persona». Il Papa ha condannato l'uso utilitaristico degli organi, perché stride con la logica del «dono» e della «gratuità». E a questo proposito ha rilevato che il «consenso informato è condizione previa di libertà, perché il trapianto abbia la caratteristica di un dono e non sia interpretato come un atto coercitivo e di sfruttamento». Ha anche denunciato il problema drammatico della mancanza di organi, delle lunghe liste d'attesa e delle «esigue offerte». Per questo è necessario «investire nella formazione e nell'informazione», sempre secondo l'«etica della donazione», in modo da far crescere «in tutti una sempre più diffusa consapevolezza del grande dono della vita».
© Copyright L'Eco di Bergamo, 8 novembre 2008
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