venerdì 7 novembre 2008

Il tesoro nascosto di Papa Ratzinger (Marroni)


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Il tesoro nascosto di Ratzinger

di Carlo Marroni

Di Joseph Ratzinger si conoscono a fondo le pietre angolari del suo pontificato: le due encicliche Deus Caritas Est e Spe Salvi, il libro su Gesù di Nazareth e i discorsi di Ratisbona e il più recente di Parigi.
La summa del suo pensiero teologico e pastorale, che sta sempre più dilagando nel mondo cattolico, visto il boom di vendite delle sue opere.
Ma c'è un'altra produzione di Benedetto XVI, meno conosciuta, che forse segna il percorso del suo pensiero e dà spessore alla sua azione liturgica: le omelie. Un patrimonio definito un "tesoro nascosto", che ha preso corpo nel libro Omelie L'anno liturgico narrato da Joseph Ratzinger, papa edito da Libri Scheiwiller, della 24 Ore Motta Cultura.
Un libro - con la prefazione di Sandro Magister, vaticanista dell'Espresso-che raccoglie 27 omelie e una selezione di brevi prediche degli Angelus domenicali, presentato ieri a Palazzo Valdina dal presidente del Gruppo 24 Ore, Giancarlo Cerutti, dal cardinale Camillo Ruini e dal ministro per le Attività culturali Sandro Bondi.
«Un libro unico nel suo genere - ha detto Cerutti - che ci guida nella ricerca di risposte che emergono nella nostra vita quotidiana». Un «cronista di razza» viene definito Benedetto XVI, «che ci guida nella ricerca di Gesù nella vita di oggi». Insomma, un libro che per il Gruppo 24 Ore significa un doveroso contributo, ha aggiunto Cerutti, alla crescita del nostro Paese e che conferma il grande impegno nel mondo della cultura. Uno sforzo riconosciuto dal cardinal Ruini, che conosce bene il Papa e anche la sua forza di omileta:«L'omelia è parte dell'azione liturgica, è essa stessa liturgia, e il Papa è straordinariamente attrezzato per il suo esercizio».
Da teologo ha sempre lavorato - ha ricordato - al superamento del dualismo tra esegesi biblica e teologia, e nel libro emerge con chiarezza il percorso che Ratzinger via via indica ai credenti.
«Semplicità e sostanza» è la chiave messa in luce da Ruini e da Magister, che ha rievocato il silenzio della folla ogni volta che ascolta. Magister ricorda che ogni omelia - come molte altre opere- è scritta integralmente di suo pugno (addirittura alcune sono pronunciate a braccio, come quella di avvio dei lavori del Sinodo, ricordata solo per l'accenno alla crisi finanziaria e la vacuità del facile denaro).
E se Benedetto XVI quando fu eletto Papa dichiarò di essere un umile servitore nella vigna del Signore ( «ci ha portato attraverso i filari» ha aggiunto Cerutti) nell'omelia del 29 giugno scorso, festa dei Santi Pietro e Paolo, ha detto che la sua vocazione è di «servire come liturgo di Gesù Cristo per le genti». Parole che sembrano destinate solo a chi ascolta la Messa - «il Papa, il parroco che vorremmo tutti, ha la capacità di raggiungere le vette della ragione e della fede e la profondità dei nostri cuori», ha detto Bondi- ma che in realtà fanno luce su come Ratzinger interpreta la sua missione: riportare il tutto alla Fede, alla Parola, al Mistero.
Percorrendo con attenzione i testi, emergono chiari i segnali della cifra del pontificato benedettiano, il binomio fede e ragione anche nella liturgia, l'essenzialità del messaggio. «Se Dio è unità dialogica, essere in relazione, la creatura umana, fatta a sua immagine e somiglianza, rispecchia tale costituzione: essa pertanto è chiamata a realizzarsi nel dialogo, nel colloquio, nell'incontro: è un essere in relazione » ha detto nell'omelia della Messa a Genova il 18 maggio scorso. Parole che lasciano traccia anche negli animi più semplici, «una voce sobria ma non spoglia, sostanziosa ma non meramente teorica», l'ha definita l'arcivescovo Gianfranco Ravasi. Il tutto in un momento chiave per la liturgia.
Il Sinodo sulla Parola è stato chiaro: le omelie spesso sono noiose, troppo lunghe, dispersive. Oppure frettolose, biascicate. Poco chiare. Di certo, non molto ispirate. Le prediche che risuonano nelle chiese cattoliche di tutto il mondo, secondo i vescovi riuniti in Vaticano, rischiano troppo spesso di non smuovere l'uditorio, di non convertirlo, di non fare arrivare al popolo di Dio la parola divina, che è il motivo per cui il sacerdote fa l'omelia durante la Messa. Uno scossone che da Roma è destinato ad arrivare ai quattro angoli del pianeta: da dove, forse, il libro sulle omelie potrebbe diventare un punto di riferimento.

© Copyright Il Sole 24 Ore, 6 novembre 2008

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