giovedì 13 novembre 2008

Obama chiama il Papa: «Colloquio privato Nessun tema etico»


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WASHINGTON

Una telefonata da Chicago al Vaticano apre una nuova, complessa stagione di rapporti tra il governo americano e la Santa Sede. Il presidente eletto degli Stati Uniti Barack Obama ha chiamato Papa Benedetto XVI, per ringraziarlo delle congratulazioni e delle preghiere per l'elezione. Ma lo scambio di cordialità è avvenuto mentre dal Vaticano partivano i primi affondi contro Obama sulle staminali, e a Baltimora i vescovi americani mettevano a punto un documento che respinge qualsiasi compromesso sull'aborto.
Obama, ha reso noto il suo ufficio a Chicago, ha chiamato il Papa martedì nell'ambito di una serie di telefonate di ringraziamento che prosegue dall'indomani delle vittoriose elezioni del 4 novembre scorso.

Il vaticano: scambio di auguri

I portavoce di Obama hanno sottolineato che i contenuti delle telefonate del presidente eletto ai leader mondiali sono privati, e non hanno reso noto alcun dettaglio. Il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha spiegato che la telefonata rientra «nell'ambito dei normali scambi augurali», sulla scia del messaggio di congratulazioni con cui il Papa il 5 novembre aveva salutato l'«occasione storica» dell'elezione di Obama e assicurato preghiere per la costruzione «di un mondo di pace, di solidarietà e di giustizia».
Il colloquio tra Obama e Benedetto XVI è avvenuto proprio nel giorno in cui la Santa Sede, per bocca del «ministro della Salute», cardinale Javier Lozano Barragan, ha ribadito al presidente eletto il «no» della Chiesa alla ricerca scientifica sulle staminali che coinvolga l'embrione. Padre Lombardi ha però escluso che «si sia parlato dei temi collegati alla ricerca sulle staminali», vista la natura della telefonata.

La linea «pro-choice»

A Baltimora, nella loro riunione annuale, i vescovi americani hanno intanto messo a punto un documento che pone le basi per il dialogo con la nuova amministrazione. La gerarchia ecclesiastica è pronta e disponibile a lavorare con Obama in molte aree, tra cui la giustizia economica, la riforma dell'immigrazione, l'assistenza sanitaria per i poveri, l'educazione, la libertà religiosa e la promozione della pace. Ma sulla difesa della vita «fin dal momento del concepimento», i vescovi ribadiscono di non essere aperti a compromessi. A Baltimora è stata tra l'altro approvata una speciale forma di benedizione «del bambino in grembo».
La linea di Obama e del suo vice Joe Biden – il primo vicepresidente cattolico nella storia americana – è a favore della libertà di scelta delle donne, e punta a ridurre il fenomeno dell'aborto attraverso una riduzione della povertà e un rafforzamento della rete sociale che aiuti le donne. Ma i vescovi si sono detti pronti a dare battaglia se Obama manterrà la promessa elettorale di firmare il «Freedom of choice act» (Foca), una proposta di legge che nella versione all'esame del Congresso prevede di cancellare ogni legislazione che nel corso degli anni abbia limitato il diritto all'aborto previsto dalla sentenza della Corte Suprema «Roe contro Wade» del 1973.
«L'aborto non è una questione di compromesso politico – ha detto al Chicago Tribune il vescovo Daniel Conlon dell'Ohio – non è un tema su cui trovare un qualche terreno comune. È una questione di assoluti». E il vescovo ausiliario di St. Louis, Robert Hermann, ha aggiunto a Baltimora che «ognuno di noi riuniti qui, considererebbe un privilegio morire domani per metter fine all'aborto».

Voti cattolici

Barack Obama, nonostante le sue posizioni «pro-choice» sull'aborto, ha comunque conquistato alle ultime presidenziali anche l'elettorato cattolico: secondo i dati diffusi dal «Pew forum on religion and pubblic life» (uno dei maggiori istituti statistici americani), il senatore afro-americano ha ottenuto il voto del 54% dei cattolici degli States, mentre il suo avversario repubblicano, John McCain, si è fermato al 44%.
Un salto in avanti notevole: nel 2004, il 52% dei cattolici avevano infatti votato per George W. Bush, e il 47% per il democratico John Kerry (cattolico, ma osteggiato dai vescovi proprio perché troppo filo-abortista). Il senatore nero è avanzato anche tra i protestanti: 45% contro il 40% di Kerry nel 2004.
I cristiani rappresentano la religione dominante negli Stati Uniti, ovvero circa l'82% di una popolazione di oltre 300 milioni di abitanti. Alle varie chiese protestanti tradizionali, divise in una decina di denominazioni appartengono oltre il 50% degli statunitensi; i cattolici costituiscono il 25% circa della popolazione (un dato in continua crescita grazie ai latinos).

© Copyright Eco di Bergamo, 13 novembre 2008

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