mercoledì 12 novembre 2008

Una notizia tristissima: si è spento il vescovo emerito di Como, Mons. Alessandro Maggiolini


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Alessia ci ha appena informati di una tristissima notizia che mi tocca sul piano personale visto che Mons. Maggiolini e' stato per un po' il mio vescovo (prima che mi trasferissi definitamente in territorio ambrosiano).
R.

Maggiolini, il vescovo che temeva la morte

Qualche anno fa, nel corso di un intervento chirurgico, aveva rischiato seriamente la vita e quando al risveglio dall’anestesia gli era stato comunicato che aveva quasi varcato la soglia alla quale tutti siamo destinati si era arrabbiato moltissimo: «Ma come, stavo per morire, e non lo sapevo?».
Ora Alessandro Maggiolini, vescovo emerito di Como, se n’è andato davvero, consumato dal Parkinson e da un tumore ai polmoni. L’unico italiano che aveva preso parte alla squadra dei redattori del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, coordinata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, il «vescovo leghista» secondo una semplificazione giornalistica scaturita da alcune sue prese di posizione su immigrazione e integrazione, si è spento ieri sera all’ospedale Valduce di Como. Aveva 77 anni.
Alla morte aveva dedicato un libro, intitolato «La santa paura». Nell’ottobre 2006, rispondendo a una domanda del Giornale, aveva detto: «Sì, ho paura di morire. Ho paura perché di là incontro il giudizio divino, il Crocifisso che ti perdona se ti lasci perdonare. Ho paura perché morire ti costringe all’incontro inevitabile con un dolore. Un dolore che in vita provi una sola e unica volta. Certo, se poi uno non crede, può puntare la canna di una rivoltella alla tempia e illudersi di aver risolto tutti i problemi».
Già ormai immobilizzato sulla sedia a rotelle, aveva continuato a farsi portare in cattedrale per confessare i fedeli. Nei giorni in cui l’Italia discuteva il caso Welby, aveva detto: «Quando qualcuno invoca l’eutanasia sta chiedendo di tenergli la mano. Vuole che gli si accarezzi la fronte, gli si asciughi il sudore. Vuole che gli si dicano quelle poche parole che contano per varcare la soglia dell’aldilà. Dietro l’eutanasia c’è un desiderio di solitudine».
Nato a Bareggio il 15 luglio 1931, ordinato sacerdote il 26 giugno 1955, docente di filosofia nei seminari ambrosiani e di introduzione alla teologia all’Università Cattolica, Maggiolini era stato uno dei più stretti collaboratori del cardinale Colombo. Vicario episcopale per le università di Milano, era stato nominato vescovo di Carpi il 7 aprile 1983. Sei anni dopo era stato trasferito alla diocesi di Como.
Alieno da qualsiasi trionfalismo, aveva dedicato un libro a «La fine della nostra cristianità»: «Temo molto che l’ottimismo sia una virtù degli imbecilli se virtù è. Non è colpa mia se all’interno di ambienti ecclesiastici è invalsa l’abitudine di mettere gli occhiali rosa per assicurare che il mondo cattolico presenta sì qualche zona d’ombra, ma sta vivendo un’epoca gloriosa. Ma va. Per chi crede, la vicenda dell’umanità è guidata dal Signore Gesù padrone del destino dell’uomo e del cosmo. E, tuttavia, per quanto concerne la Chiesa, noi siamo sicuri sulla parola di Cristo che essa perdurerà sino alla fine del tempo, ma nessuno ci accerta che la Chiesa del domani sarà ancora quella della zona atlantica. Bastian contrario? Non mi preoccupo affatto della accusa che mi può essere rivolta. Chiedo che si osservi la realtà».

© Copyright Il Giornale, 12 novembre 2008 consultabile online anche qui.

Dalla difesa dei «valori dell'Occidente cristiano» agli attacchi contro Pacs e gay

Addio a Maggiolini, vescovo «nordista»

Si è spento a Como, a 77 anni. Annunciò ai suoi preti: ho un tumore

Paolo Foschini

MILANO — È morto ieri sera all'ospedale Valduce monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo di Como fino al gennaio 2006. Aveva 77 anni ed era malato da tempo. Scomodo vescovo-leghista per alcuni, coraggioso difensore dell'occidente cristiano per altri: non è mai stato un pastore accomodante, monsignor Maggiolini. Uno che ripeteva «l'ottimismo è la virtù degli imbecilli » e secondo cui «il nostro distintivo è il Credo, non il dialogo ».

Eppure, tra i tantissimi estimatori e i forse ancor più numerosi critici che ha avuto per una vita al suo seguito, neppure questi ultimi hanno mai potuto contestare a monsignor Alessandro Maggiolini di non essere un uomo schietto. Una settimana prima del Natale 2005, in una delle sue ultime omelie da vescovo, era riuscito a far piangere metà dei bambini della cattedrale di Como proclamando loro che «non è Babbo Natale, ma a portarvi i doni sono papà e mamma rintronati dalla pubblicità ». E con lo stesso tono diretto, due anni prima, aveva annunciato ai preti della sua diocesi la propria condanna: «Non amo i giri di parole, ho un tumore al polmone sinistro». «Ho paura della morte perché implica il dolore — diceva — e peggio ancora una domanda terribile: sono stato leale con me stesso?».
Ora, che il suo asserito leghismo fosse da lui stesso definito «una "fola" inventata da uomini senza fantasia» può anche essere un dato di fatto: «Non riuscirei mai ad essere leghista — ebbe a dire — se non altro perché ho il culto di una lingua italiana elegante».
Nato nel '31 a Bareggio, a venti chilometri da Milano, Maggiolini diventò sacerdote a 24 anni e proprio nel capoluogo ebbe la sua prima parrocchia prima di essere nominato vescovo di Carpi nell'83 e approdare infine alla cathedra di Como sei anni più tardi. E tuttavia — autore di saggi teologici, unico sacerdote italiano nella commissione redattrice del catechismo cattolico, e poi scrittore di libri, pubblicista, commentatore — di Maggiolini resta nella memoria soprattutto l'infinità di uscite ove la moderazione, per dir così, non era certo il tratto dominante: i gay «da curare», il «femminismo lercio», i Pacs «preludio ai matrimoni tra uomini e cavalli », il fastidio verso quelle che lui definiva «caricature di cristianesimo », la perplessità ai tempi di Cofferati su una «Chiesa che non condanna le bugie del sindacato», il «confronto con l'Islam» da portare avanti «senza violenza da nessuna parte » ma anche ribadendo che «i cattolici devono avere il cuore dolce e la testa dura, invece hanno spesso il cuore di pietra e la testa di cicca americana».
Due titoli di cui è stato autore, più volte riediti, bastano a riassumerne l'atteggiamento nei riguardi del mondo: Fine della nostra cristianità, Declino e speranza del cattolicesimo. Ritratto di seminari vuoti nei cui corridoi «si va ormai in monopattino ». «Quanto alla morte — diceva monsignor Maggiolini senza farne mistero — nel mio repertorio avrei anch'io molti pezzi di virtuosismo sull'ingresso in Paradiso, l'immortalità, la comunione dei santi eccetera. Quasi che il morire fosse da desiderare. Storie. Neppure l'anelito incontenibile di guardare negli occhi Gesù può nascondere il terrore e cancellare la paura. Quando lo guarderò negli occhi, Gesù, sarò quello che sono o quello che ho creduto di essere?».

© Copyright Corriere della sera, 12 novembre 2008 consultabile online anche qui.

Ci manchera', Eccellenza!
Cosi' avremo nostalgia della sua schiettezza e dell'assoluta assenza in Lei del politicamentemediticamentereligiosamente corretto.
Buon viaggio :-)

R.

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