giovedì 13 novembre 2008
Caso Englaro, appello di Avvenire: "Signori giudici, pensateci" (Rondoni)
Vedi anche:
Obama chiama il Papa: «Colloquio privato Nessun tema etico»
Una telefonata cortese rinvia i problemi tra Obama e Vaticano (Il Foglio)
Libertà religiosa, vero fondamento di civiltà (Fontolan)
Via da Pio XII la leggenda nera (Baget Bozzo)
Maggiolini era un vescovo, non un politico. Pessimi i titoli dei giornali di ieri (Il Giornale)
Concerto davanti al Papa, la prima volta di una donna sul podio. E' Inma Shara
Recensione del libro di José Miguel García "Il protagonista della storia. Nascita e natura del cristianesimo" (Doninelli)
Confronto tra fede e ragione: "Il genio di san Paolo" (Osservatore Romano)
Card. Tettamanzi: "Dal nuovo Lezionario Ambrosiano una vita più ricca di fede" (Osservatore Romano)
Il Papa apre letteralmente il cuore davanti alla folla: indimenticabile la catechesi di oggi (Radio Vaticana)
Conversazione telefonica fra il Presidente eletto Obama e Benedetto XVI
Il Papa "a braccio": "Maranà, thà! Vieni, Signore! Vieni nel tuo modo, nei modi che tu conosci. Vieni dove c'è ingiustizia e violenza. Vieni nei campi di profughi, nel Darfur, nel Nord Kivu, in tanti parti del mondo. Vieni dove domina la droga. Vieni anche tra quei ricchi che ti hanno dimenticato, che vivono solo per se stessi. Vieni dove tu sei sconosciuto. Vieni nel modo tuo e rinnova il mondo di oggi. Vieni anche nei nostri cuori, vieni e rinnova il nostro vivere, vieni nel nostro cuore perché noi stessi possiamo divenire luce di Dio, presenza tua" (Catechesi udienza generale)
Card. Tauran: Chiesa- islam: nuove chances per parlarsi. Dal forum di Roma segnali positivi" (Cardinale)
Il Comitato ebraico-cattolico su Pio XII: basta polemiche, il dibattito sia rispettoso (Avvenire)
Dio non è cattolico, parola di cardinale. Dura ed argomentata critica del Prof. De Marco alle affermazioni del card. Martini (Magister)
Al termine della catechesi il Papa ha lanciato "a braccio" accorati appelli per la pace ed i profughi
Una notizia tristissima: si è spento il vescovo emerito di Como, Mons. Alessandro Maggiolini
Il card. Barragan esprime contrarietà all'uso delle staminali embrionali. Nessun riferimento esplicito al programma di Barack Obama (Tornielli)
Rosso "malpela" chi confeziona titoloni mettendo fra virgolette frasi mai pronunciate dagli interessati
Il professor Lucio Casto sconcertato nel leggere l’intervista del rabbino Di Segni contro Benedetto XVI
SIGNORI GIUDICI, PENSATECI
AVREMO LA PRIMA CONDANNA A MORTE REPUBBLICANA?
DAVIDE RONDONI
Ai Signori Giudici chiediamo solo una cosa: non dateci una condanna a morte.
La prima condanna a morte dell’Italia repubblicana. Un genere di condanna che l’Italia ripudia – vantandosene dinanzi al mondo – e che mai nessun motivo di rivalsa, di odio, di giustizialismo ha introdotto sarà invece inaugurata in nome di una malintesa idea di pietà? È quasi sempre in nome del bene che gli uomini compiono qualcosa di oscuramente cattivo. Se la Corte darà il via libera alla volontà del padre di staccare l’alimentazione per Eluana e se egli troverà qualche centro medico disposto a farlo, avrà luogo l’esecuzione e l’inizio della pubblica estenuante agonia.
Ai Signori della Corte chiediamo di considerare tutto questo: a una ragazza inerme, che non può né esprimere né difendere le sue reali, attuali volontà, si cesserà di dare alimento. A una ragazza, avvolta sì in un silenzio misterioso, ma non arida dentro, tanto da affrontare un’estenuante emorragia come le è capitato alcune settimane fa, si vorrebbe ora dare quella morte da cui ella con le sue sole forze si è invece tirata fuori. E questo perché qualcuno - a differenza di altri - non sopporta più questa dura, triste condizione. Il padre in coscienza ha voluto combattere questa strana battaglia perché sua figlia muoia. Non ce la faceva più. È comprensibile. Meno comprensibile l’accanirsi non perché le cure e la pazienza di altri sopportino la pena e le premure, bensì per la sua morte. Per toglierla di torno. Anche se non dà nessun fastidio, e già ci sono le voci di chi, come le suore che l’accudiscono, dice: la teniamo noi. Il problema, ora che i magistrati hanno scelto di occuparsi di questa faccenda, non è più, per così dire una drammatica faccenda privata tra il signor Englaro e sua figlia. È una faccenda di diritto. E il diritto italiano non contempla la condanna a morte. Per nessuno. Neppure per chi compie la strage o lo stupro più efferato. Vogliamo cominciare da una ragazza?
Il dilemma ora è: uno può chiedere e ottenere che un altro muoia? A meno che non si consideri Eluana già morta. Pensate a lei così, Signori della Corte? La medicina, secondo i protocolli internazionali, non classifica Eluana tra i morti. E nemmeno tra coloro che sono tenuti in vita con inutile accanimento. Voi la condannerete a morte? O la considererete come già morta? E siete certi che la sue condizioni siano davvero 'irreversibili', come lo stesso Pg della Cassazione ieri è sembrato chiedervi?
Bisognerà dunque avvisare tutti coloro che hanno parenti e amici in condizioni simili, e non sono pochi. Dire a loro: la Suprema Corte li considera già morti, o condannabili. Il nostro è un appello senza potere e senza alcun velo politico. Abbiamo solo voglia che in Italia non si condanni a morte alcuno. Tanto meno una ragazza inerme. Nel tenerla in vita, secondo le condizioni che il destino ha misteriosamente riservato a lei, non si fa torto a nessuno. Nemmeno a lei, poiché nessuno può comunque arrogarsi il diritto di interpretare ora la volontà di Eluana. Le persone cambiano. La vita, lo sappiamo, ci modella, a volte radicalmente. Ma se si dà il via libera alla esecuzione allora si stabilisce che in Italia, a determinate condizioni, c’è la pena di morte. E che tali condizioni non sono d’esser assassini o stupratori, o terroristi. Ma la condizione è d’esser inerme, 'inutile', insopportabile, e nelle mani degli altri. Io non credo che i Signori della Corte siano favorevoli alla pena di morte. Non lo voglio credere. Magari lasciassero sospesa la vicenda, incalzando piuttosto il Parlamento a fare leggi chiare, a cui tutti attenersi e non variabili da giudice a giudice, da medico a medico. Non si sta 'solamente' discutendo di una ragazza, a cui certo tutti auguriamo un corso sereno del suo oscuro destino, ma di un caso le cui conseguenze varranno per tutti. Il suo povero corpo, la sua persona, che sembrano valere più niente, secondo la visione di chi la vede già come morta, potrebbero essere invece quelli di un’incredibile eroina. L’ultima muta barriera, la estrema insurrezione contro una strana volontà di introdurre nella nostra già feritissima Italia l’uso della condanna a morte.
© Copyright Avvenire, 12 novembre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Condivido pienamente l'appello di Avvenire e vorrei sottolineare che se i giudici decideranno di interoompere l'alimentazione e l'idratazione ad Emanuela, in coscienza non mi sentirò assolutamente complice di una condanna a morte. Peraltro una condanna che produrrà effetti atroci su Emanuela; morire di fame e di sete non si augura neanche ad un animale figuriamoci ad un essere umano; perchè di un essere umano che stiamo parlando.
I signori giudici ci hanno pensato......... ed hanno decretato la fine di un essere umano! L'arroganza umana è riuscita ad arrivare anche a decretare la fine di una vita!
Non ci sono parole!
Posta un commento