martedì 11 novembre 2008

Card. Vallini: "La Notte dei cristalli punto di non ritorno verso la Shoah" (Osservatore Romano)


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Il Papa ricorda la notte dei cristalli (Germania, 9-10 novembre 1938): "Ancora oggi provo dolore per quanto accadde in quella tragica circostanza, la cui memoria deve servire a far sì che simili orrori non si ripetano mai più e che ci si impegni, a tutti i livelli, contro ogni forma di antisemitismo e di discriminazione" (Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus)

La Notte dei cristalli punto di non ritorno verso la Shoah

Fu l'inizio della fine

di Gaetano Vallini

La notte che segnò per gli ebrei tedeschi la fine dell'illusione di una possibile convivenza con il nazismo, nonostante tutte le umiliazioni già subite e le limitazioni imposte, fu quella tra il 9 e il 10 novembre 1938. Fu allora che si scatenò una furiosa ondata di violenza che, tra devastazioni, aggressioni e intimidazioni anche mortali, sarebbe tristemente passata alla storia come Kristallnacht, la "Notte dei cristalli": l'inizio della fine.
Nel giro di poche ore in tutta la Germania vennero incendiate e distrutte oltre un migliaio di sinagoghe. Laddove si correva il rischio di dar fuoco a edifici anche non ebraici vicini, gli aggressori fecero a pezzi i locali con asce e martelli. In centinaia di quartieri ebraici le squadracce della Sturmabteilung, le famigerate SA, in uniforme o in abiti civili, saccheggiarono anche decine di migliaia di negozi, uffici e abitazioni. Alla fine delle violenze si contarono 91 morti. Sotto la supervisione di Reinhard Heydrich, vicecomandante della Gestapo e delle SS, più di trentamila uomini tra i sedici e i sessant'anni - un quarto dei maschi ebrei residenti - furono arrestati e avviati ai campi di concentramento di Dachau, Sachsenhausen e Buchenwald. Oltre un migliaio vi morirono nei mesi seguenti per le violenze subite.
Quanto accadde non fu un'azione improvvisa e spontanea, ma un attacco coordinato e globale. Ebbe luogo sull'intero territorio nazionale, fu condotto da uomini che ostentavano l'uniforme della milizia del partito nazista, programmato con cura e realizzato con metodica precisione. Che per realizzarsi trovò un casuale ma allettante pretesto.
Il 18 ottobre del 1938, poche settimane dopo l'accordo quadripartito di Monaco, su ordine di Hitler vennero espulsi più di dodicimila ebrei polacchi. Quattromila furono accolti dalla Polonia, ma gli altri furono trattenuti a lungo alla frontiera in condizioni pietose. Da uno di quei posti di confine un'anziana coppia inviò una cartolina al figlio che si trovava a Parigi per chiedere un po' di denaro. Ricevuto il messaggio, Herschel Grynszpan, indignato e furioso, si recò armato all'ambasciata tedesca chiedendo di essere ricevuto dall'ambasciatore. Quando, giunto nell'ufficio di un giovane diplomatico, Ernst vom Rath, questi gli chiese la ragione della visita, Grynszpan estrasse la pistola e sparò cinque colpi. L'uomo rimase gravemente ferito. Era il 7 novembre. La notizia giunse in Germania e scatenò le prime reazioni restrittive del Governo e immediate, anche se limitate, ondate di violenza antiebraica, con le quali - su indicazione del Führer - la polizia non doveva interferire. Ma quando la sera del 9 si apprese della morte di vom Rath, i leader nazisti colsero al volo l'occasione per togliere ogni freno e scatenare, su ordine del ministro della propaganda, Joseph Goebbels, la gigantesca rappresaglia, facendo intervenire le camicie brune.
Di tutto ciò dà conto con dovizia di particolari lo storico britannico Martin Gilbert in un volume pubblicato nel 2006 e ora tradotto in Italia (9 novembre 1938. La Notte dei cristalli, Milano, Corbaccio, 2008, pagine 310, euro 19,60), ricostruendo non soltanto quanto accadde in quei terribili giorni di settant'anni fa, ma anche come vi si arrivò e cosa accadde immediatamente dopo. Lo studioso si sofferma sulla politica ebraica del Terzo Reich nei cinque anni precedenti attraverso le parole dei superstiti e dei loro congiunti, nonché dei tedeschi e degli stranieri, diplomatici in particolare, che cercarono di aiutare le vittime del pogrom.
Per Gilbert, la Notte dei cristalli fu una sorta di crinale a metà strada fra gli anni della preparazione, durante i quali la persecuzione fu soprattutto amministrativa grazie a leggi discriminatorie, e quelli dell'esecuzione, nel corso dei quali il disegno della "soluzione finale" venne gradualmente realizzato. Ma fu anche "un'indicazione di ciò che accade quando una società soccombe ai suoi istinti più bassi".
Ricostruendo la storia, Gilbert sottolinea come i fatti della notte tra il 9 e 10 novembre 1938 avvennero sotto gli occhi del mondo. In Germania, dove solo poche settimane prima era stato siglato il trattato di Monaco - che secondo il primo ministro britannico Neville Chamberlain avrebbe dovuto inaugurare "la pace per la nostra epoca" - c'erano i corrispondenti dei principali giornali e agenzie di stampa internazionali.
Le violenze ebbero quindi vasta eco e suscitarono indignazione e proteste in tutti i Paesi democratici, ponendo fine - scrive Gilbert - "a qualsiasi tipo di attrattiva per il nazismo fra la gente comune e i rispettivi governi". Mentre il fumo delle sinagoghe incendiate anneriva ancora il cielo delle città e Goebbels attribuiva pubblicamente gli eventi ai "sani istinti" della popolazione tedesca, il "Times" in un articolo dell'11 novembre intitolato A black day for Germany scriveva: "Nessun propagandista estero determinato a screditare la Germania davanti al resto del mondo potrà mai superare il racconto di incendi e percosse, di assalti condotti con perfidia su gente indifesa e innocente, che ieri ha funestato quel Paese". Di fatto l'eco negativa degli eventi sulla stampa mondiale fu molto più forte e vasta di quanto il ministero della propaganda si attendesse. Tanto che Hitler si raccomandò che in futuro si agisse con maggiore discrezione.
Anche la Santa Sede, l'11 novembre, si unì alle proteste dei leader britannico e francese. Quella stessa notte - scrive lo storico - "i nazisti organizzarono manifestazioni di massa sia contro gli ebrei sia contro i cattolici. Il Gauleiter nazista della Baviera, Adolf Wagner, mise in guardia un pubblico di cinquemila persone: "Ogni discorso del Papa a Roma è un incitamento agli ebrei di tutto il mondo a mobilitarsi contro la Germania". L'arcivescovo cattolico di Monaco, il cardinale Michael von Faulhaber, aveva fornito un camion al rabbino della comunità per salvare gli oggetti sacri della sinagoga Ohel Yaakov prima che venisse abbattuta durante la Notte dei cristalli. A seguito delle invettive del Gauleiter, una folla attaccò il palazzo vescovile, rompendo tutte le finestre del primo e del secondo piano".
Successivamente, il 21 novembre - annota ancora lo storico - rivolgendosi ai fedeli "Pio xi sfidò l'affermazione nazista di superiorità razziale ariana, insistendo sull'esistenza di un'unica razza umana. (...) Sulla scia della decisa presa di posizione di Pio xi, c'erano state aperte condanne della Notte dei cristalli da parte di parecchi eminenti uomini di Chiesa cattolici, fra cui il cardinale Schuster di Milano, il cardinale belga Van Roey e il cardinale Verdier di Parigi". Ma anche tra i sacerdoti non mancarono prese di posizione forti e coraggiose. Nella stessa Berlino il prevosto della cattedrale di Sankt Hedwig, Bernhard Lichtenberg, terminava la celebrazione serale, ogni giorno, con una preghiera "per gli ebrei e i poveri prigionieri dei campi di concentramento".
Dopo la Notte dei cristalli molti Paesi aprirono le loro frontiere agli ebrei che volevano lasciare la Germania e l'Austria, iniziativa che i nazisti, all'inizio, non ostacolarono, anzi Heydrich fece del suo meglio per accelerare le partenze: l'obiettivo era incoraggiare l'esodo di massa dell'ebraismo tedesco. Così nei dieci mesi che intercorsero tra la Kristallnacht e lo scoppio della guerra poterono lasciare la Germania 120.000 ebrei (poco meno di quanti lo avevano fatto nei cinque anni precedenti) e altri 140.000 l'Austria.
Quanto accadde il 9 e 10 novembre di settant'anni fa - conclude Gilbert - lasciò un segno profondo: "Insegnò a coloro che costituirono la fonte del pregiudizio che un intero popolo può essere demonizzato; che un'intera nazione può essere rivolta in maniera totale e immorale contro una sua parte rispettabile, tenacemente lavoratrice, creativa, fedele e integra. (...) Insegnò, a posteriori, una lezione storica: ciò che comincia come qualcosa di circoscritto in termini di distruzione e di tempo, si può rapidamente trasformare in una strage mostruosa; che il male mostra delle sfumature, ma è anche un processo graduale, e può evolversi facilmente in un male più grande".
Ma insegnò inoltre che anche in quei tempi bui c'era spazio per il bene. Un bene fatto da poche persone, ma generose, coraggiose e dall'animo grande. "Grazie a loro, nel mezzo del crollo di qualsiasi morale, la morale sopravvisse. Fra le rovine della civiltà, la civiltà rinacque. Ma le perdite rimangono insostituibili".

(©L'Osservatore Romano - 10-11 novembre 2008)

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