domenica 3 maggio 2009
Card. Maradiaga: Lotta all’Aids oltre i luoghi comuni. In Honduras hanno distribuito preservativi per vent’anni, ma l’epidemia è aumentata
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Il cardinale Maradiaga
«Quei luoghi comuni sull'Aids»
Il presidente di Caritas internationalis: «In Honduras i preservativi li hanno distribuiti per vent'anni ma l'epidemia è aumentata»
Interviene sulle polemiche sollevato dalle parole di Benedetto XVI durante il suo viaggio in Africa il cardinale arcivescovo di Tegucigalpa Oscar Rodriguez Maradiaga nella sua rubrica mensile «Croce del Sud» pubblicata su Mondo e Missione.
«L'uso del preservativo non impedisce affatto la diffusione del contagio dell'Aids - scrive il porporato, che è anche presidente di Caritas internationalis -.
Lo dice l'esperienza. Nel mio Paese, l'Honduras, sono stati distribuiti gratuitamente preservativi per vent'anni, e l'epidemia è aumentata. Mentre in un caso come quello dell'Uganda, dove la Chiesa, insieme a molte associazioni, ong e al governo, ha lanciato una campagna di educazione sessuale, il risultato è stato un contenimento della diffusione del virus».
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IL TESTO INTEGRALE DELL'ARTICOLO:
Lotta all’Aids oltre i luoghi comuni
di Oscar Rodriguez Maradiaga
In Honduras i preservativi li hanno distribuiti per vent’anni, ma l’epidemia è aumentata
Ogni volta che il Papa ribadisce che il preservativo non è una soluzione per l'Aids divampano le polemiche.
La più recente - forse una delle più rumorose - è scoppiata in marzo, quando Benedetto XVI, mentre era in viaggio per l'Africa (la regione del mondo più colpita da questa malattia) ha detto ai giornalisti che l'Aids è una tragedia che non può essere risolta solo con il denaro, né attraverso la distribuzione di preservativi, che possono persino aggravare il problema. Sulle parole del Pontefice si è scatenata immediatamente la bufera. Sono piovute critiche da tutte le parti: governi, Commissione Ue, Fondo monetario internazionale, eccetera.
Le dichiarazioni del Papa sono state accolte, volta per volta, con «costernazione», «viva inquietudine», «indignazione», «stupore».
Ma queste reazioni sono davvero fondate? Direi di no.
In primo luogo quanti attaccano il Papa e la Chiesa perché si oppongono all'uso del preservativo come una soluzione del problema dell'Hiv, spesso trascurano il fatto che il 27 per cento delle opere a favore dei malati di Aids è promossa dalla Chiesa, che pure riceve appena il due per cento dei finanziamenti del Fondo mondiale. In secondo luogo l'uso del preservativo non impedisce affatto la diffusione del contagio dell'Aids. Lo dice l'esperienza. Nel mio Paese, l'Honduras, sono stati distribuiti gratuitamente preservativi per vent'anni, e l'epidemia è aumentata. Mentre in un caso come quello dell'Uganda, dove la Chiesa, insieme a molte associazioni, ong e al governo, ha lanciato una campagna di educazione sessuale, il risultato è stato un contenimento della diffusione del virus. Una sessualità veramente umana va vissuta in maniera responsabile. Noi non siamo solo istinto, siamo uomini dotati di una ragione che va utilizzata. Il problema di oggi è che si vive una continua schizofrenia tra le diverse dimensioni della vita, ma alla fine la persona è unica e come Chiesa riteniamo che l'uomo vada considerato nella sua integralità.
Non è attorno al preservativo che va costruita la lotta all'Aids. Per affrontare debitamente il problema è necessaria una maggiore leadership a tutti i livelli.
Senza dubbio si sono registrati dei progressi, ma l'Hiv continua ad essere il principale ostacolo sulla strada degli Obiettivi di sviluppo del millennio fissati dalle Nazioni Unite. La pandemia produce una quantità incalcolabile di sofferenza umana e minaccia seriamente l'infrastruttura sociale ed economica di tutta la famiglia umana.
Bisogna certamente fare di più. Soprattutto per i bambini, che quest'anno sono oggetto di un'attenzione speciale da parte della Caritas internazionale, organismo di cui sono presidente. Attualmente sono circa un terzo gli adulti che hanno accesso ai farmaci antiretrovirali di cui hanno bisogno per prolungare e migliorare la loro vita; ma solo il 15 per cento dei bambini malati sta ricevendo questi medicinali essenziali. Sono moltissimi i piccoli che muoiono prima del secondo anno di vita. Questo non è accettabile.
Tanto le imprese farmaceutiche quanto i governi debbono prendere iniziative concrete, sviluppando trattamenti pediatrici per l'Hiv e migliorando la qualità dei test. Occorrono campagne efficaci per evitare che si perdano ancora vite di bimbi vulnerabili.
Sono profondamante orgoglioso, comunque, di come la Caritas internazionale e i suoi referenti cattolici stanno affrontando la pandemia di Hiv. Insieme agiamo a tutti i livelli per porre fine alla discriminazione e per elaborare politiche che tengano conto delle necessità dei più vulnerabili all'Aids. Il capitale di una persona povera consiste essenzialmente nella sua buona salute e dobbiamo continuare a impegnarci per aumentare questo patrimonio.
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