giovedì 21 maggio 2009
Il Papa sostiene che è possibile giungere a un'intesa ragionevole tra palestinesi ed ebrei (Baquis)
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Sui giornali di Tel Aviv il progetto del presidente Usa, che lui stesso illustrerà il 4 giugno al Cairo
Medio Oriente, il piano di pace di Obama scatena timori e polemiche in Israele
Il Papa sostiene che è possibile giungere a un'intesa ragionevole tra palestinesi ed ebrei
Aldo Baquis
TEL AVIV
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama «ha messo a punto un piano di pace regionale che sarà da lui illustrato il 4 giugno al Cairo».
Questi i titoli a tutta pagina dei tabloid di Tel Aviv. Forse alla Casa Bianca il diretto interessato ancora non ha definito nei dettagli nessun piano, eppure i giornali israeliani hanno già notizie e dettagli.
Gli articoli hanno destato scompiglio fra i dirigenti israeliani che vi hanno visto una conferma dei loro timori: ossia che fra il governo di Netanyahu e l'amministrazione democratica stia per iniziare un periodo se non tempestoso, almeno movimentato.
Con una curiosa sintonia (e forse imbeccati da una "gola profonda") Yediot Ahronot, Maariv ed Israel ha-Yom – un giornale gratuito vicino al Likud – hanno recuperato ieri informazioni divulgate all'inizio del mese dal giornale arabo londinese al-Quds al-Arabi. Si faceva là riferimento ad una iniziativa imbastita da Obama con re Abdallah di Giordania sulla falsariga dell'iniziativa di pace saudita del 2002.
L'idea centrale è che il mondo arabo sostenga concretamente negoziati di pace israelo-palestinesi attraverso una graduale normalizzazione delle relazioni con lo stato ebraico. Ad esempio con l'apertura di uffici finanziari, scambi commerciali e con il turismo. L'obiettivo è di costituire in quattro anni accanto ad Israele uno stato palestinese indipendente, democratico, geograficamente omogeneo e smilitarizzato.
Ai profughi palestinesi verrebbe offerta la scelta tra l'acquisizione della cittadinanza nei Paesi dove risiedono, oppure stabilirsi entro i confini del futuro Stato palestinese: ossia in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme est. La Città vecchia di Gerusalemme – dove si trovano Luoghi sacri importanti alle tre religioni monoteistiche – passerebbe sotto l'autorità delle Nazioni Unite, secondo le anticipazioni della stampa israeliana che prevede anche negoziati paralleli fra Israele da un lato e Libano e Siria dall'altro.
In un'intervista alla radio militare il viceministro degli esteri israeliano Dany Ayalon ha confermato che, a quanto gli risulta, Obama sta effettivamente studiando un approccio di carattere regionale per la soluzione del conflitto, basato anche su un graduale avvicinamento fra Israele e Paesi arabi moderati. Si tratta fra l'altro, a suo parere, di uno sforzo più vasto basato sulla necessità degli Stati Uniti di recuperare terreno nel mondo arabo ed islamico, dopo gli otto anni di Amministrazione Bush. Da qui dunque l'importanza dell'Egitto, «che per gli Usa rappresenta un'antitesi all'Iran».
Ma Israele, ha chiarito Ayalon, ha «linee rosse» che non potranno essere mai valicate ed una di queste è Gerusalemme, dove intende mantenere la sovranità: in particolare «sul Monte del Tempio (Spianata delle Moschee) e sul Santo Bacino», ossia la zona biblico-archeologica che si trova alle sue pendici. Da parte sua un ministro israeliano (Uzi Landau, Israel Beitenu) ha affermato che il "Piano di Obama", così come è stato anticipato dalla stampa israeliana, «ha una bella confezione, ma non sostanza». Sotto la pressione di Hamas, il futuro stato palestinese – secondo Landau – non accetterebbe di restare smilitarizzato e presto passerebbe anzi nell'orbita dell'Iran.
La posizione del Papa.
In Medio Oriente a molti «sembra impossibile uscire dalla spirale della violenza», ma anche in quella terra la pace è «possibile».
Il papa, di ritorno dal viaggio in Terrasanta, davanti a circa ventimila persone radunate in piazza San Pietro per l'udienza generale, ha riassunto i motivi e gli obiettivi del suo dodicesimo viaggio internazionale, che dall'8 al 15 maggio lo ha portato in Giordania, Israele e Territori dell'Anp.
E ancora una volta ha messo l'accento sul processo di pace tra israeliani e palestinesi, anche se il premier israeliano Benjamin Netanyahu, sia nel colloquio con Benedetto XVI a Nazareth che ancora più in quello con il presidente americano Obama, ha detto un no deciso alla creazione di uno Stato palestinese, premessa per una soluzione in tempi rapidi al conflitto.
«In quella terra – ha affermato dunque il pontefice – sembra a molti impossibile uscire alla spirale della violenza, ma nulla è impossibile a Dio e a quanti confidano in lui, per questo la fede deve poter sprigionare tutta la sua carica di rispetto, riconciliazione, collaborazione». In un passaggio successivo ha incitato a «ricercare la pace con metodi non violenti, seguendo l'esempio di san Francesco d'Assisi».
In Vaticano gli occhi sono puntati sul piano, elaborato con re Abdallah di Giordania, che il 4 giugno Obama illustrerà in Egitto e che è basato sull'iniziativa saudita del 2002.
© Copyright Gazzetta del sud, 21 maggio 2009
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