giovedì 21 maggio 2009
In Spagna (ma non solo) una "scienza" al docile servizio del potere (Corradi)
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IN SPAGNA (MA NON SOLO)
UNA «SCIENZA» AL DOCILE SERVIZIO DEL POTERE
MARINA CORRADI
Un feto di tredici settimane è un essere vivente ma non è un essere umano, ha detto il ministro all’Uguaglianza del governo Zapatero, Bibiana Aido. Ne è seguito un putiferio, e il giovane ministro ha ritenuto di dover meglio chiarire il suo pensiero: «Non c’è prova scientifica per dire che il feto è un essere umano, né che non lo è».
Tanta cautela nel riconoscere l’umanità del nascituro proviene da un Manifesto recentemente firmato da illustri scienziati spagnoli, dove si afferma che «il momento in cui si può considerare un essere 'umano' non può essere stabilito con criteri scientifici», e che tale giudizio rientrerebbe «nell’ambito delle credenze individuali, filosofiche o religiose».
Dunque, quell’essere pure dotato, come mostra ogni ecografia, di mani, cuore e cervello, non è umano. O almeno, la scienza non lo può certificare come tale. Cosa occorrerà perché il nascituro diventi un uomo?
Sarà uomo quando, a sette o otto mesi di gravidanza, è potenzialmente capace di vivere autonomamente? O solo col primo respiro si viene promossi uomini? Quale è il discrimine stabilito da una simile 'scienza' per riconoscere un uomo, per farlo uscire dall’oscuro nulla, dal limbo informe delle creature in fieri?
Certo, un pensiero simile è funzionale alla riforma che intende allargare il diritto di aborto in Spagna. Se si insegna alle sedicenni che ciò che potranno liberamente cancellare non è nemmeno un uomo, si eliminano «vecchie» questioni etiche e un sacco di problemi.
Ma rende inquieti una scienza, e un potere con esso allineato, capaci di negare la più chiara evidenza. Ogni donna, davanti all’immagine della creatura di tre mesi che aspetta, anche se non la vuole mettere al mondo non può non riconoscerne le fattezze umane, non può ignorare che quello è un figlio. È un’umana evidenza: ha gli occhi, le mani, la testa, il cuore batte. Mettete davanti a un’ecografia un bambino: riconoscerà immediatamente, pure in quel disegno di ombre, un suo simile.
E invece c’è una scienza che si è smarrita in se stessa, tanto da non riconoscere in ciò che vede un bambino. Una scienza che balbetta che solo idee «filosofiche o religiose» chiamano uomo un feto: dove sono, avanti, le evidenze scientifiche? (Ma quel disegno intrinsecamente ordinato e perfetto, teso a un compimento che aveva scritto in sé dal principio, procede metodico e ostinato, nel ventre delle madri, senza bisogno di alcun timbro di professori).
Un uomo che non riconosce più se stesso, questo produce una scienza accecata dalla ideologia. Una scienza al docile servizio del potere. Perché nel più liberale e liberato dei Paesi, dove l’aborto sia possibile senza condizioni, dove basti una pillola, sussiste ancora, in non poche coscienze, un confuso dolore, un non detto malessere per quei figli mai nati. E benché, certo, tutto sia perfettamente legale, è un’ombra, un oscuro disagio la memoria di quelle centinaia di migliaia di figli, fratelli, nipoti mai nati. Di uomini rifiutati, come clandestini inappellabilmente respinti oltre un invalicabile muro.
Uomini? Mah, adagio. A tredici settimane sono veramente uomini? Dov’è la prova? Forse sono un qualcosa, sì, di vivente, ma certo non sono come noi. Sproporzionati, tanti drammi personali e tante battaglie etiche, per quei princìpi immaturi. Abbozzi, in fondo, lunghi pochi centimetri. Sì, hanno gli occhi, le mani, ma non parlano, e soprattutto non si vedono. Con simili caratteristiche, non si può onestamente dirli uomini. Cosa, allora? Soltanto cellule, solo organismi cocciutamente proliferanti – agli occhi di uomini educati a mentire tanto, da non riconoscere più se stessi.
© Copyright Avvenire, 21 maggio 2009
Io ovviamente non posso fare discorsi scientifici, non avendone la competenza, ma posso azzardare un semplice ragionamento logico: se a quel piccolo essere di tre mesi si permette di nascere, egli, per forza di cose, diventa un essere umano.
Anche coloro che sostengono che il piccino non e' "uomo o donna" nel senso scientifico (a loro avviso ovviamente) del termine, non possono non convenire sul fatto che il feto di tre mesi e' comunque "in fieri" un essere umano di sesso maschile o femminile.
R.
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2 commenti:
Premetto la difficoltà nell'affrontare questo argomento, ma a mio avviso risulta debole il suo pensiero conclusivo Raffaella.
Non per nulla quando mangiamo una noce non pensiamo di aver mangiato un bosco intero, ne quando mangiamo un uovo (fecondato) lo riteniamo pari ad un pollo.
Inoltre estendendo il concetto da lei espresso si potrà dire che anche un ovulo e uno spermatozoo in potenza possono unirsi, dar origine ad un embrione, un feto, un essere umano ecc. Dunque dovremmo considerare aborto tutti quegli atti sessuali e non che non sono finalizzati all'unione dei gameti, questo contraddice anche quanto insegnato dalla Chiesa sui metodi anticoncezionali naturali e cambia il rapporto con il voto di castità imposto dalla Chiesa.
L'individuo e' unico per cui si puo' parlare di essere umano solo quando c'e' un embrione altrimenti dovremmo considerare individui tutti gli spermatozoi e gli ovuli, il che e' assurdo anche dal punto di vista logico.
La noce e' un frutto del bosco, ma non un bosco, mentre un embrione ha tutte le caratteristiche per diventare un uomo o una donna.
R.
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