mercoledì 20 maggio 2009
Aprire ai divorziati risposati? Il Vaticano ed il Papa ci riflettono da tempo (Vecchi)
Il dibattito
Aprire ai divorziati
«Il Vaticano ci riflette da tempo»
Il libro del cardinale Martini e don Verzé. «Difficile trovare una via di uscita»
Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO
L’immagine più eloquente è quella di un’alta personalità vaticana che quasi allarga le braccia: «Vede, come Chiesa abbiamo le mani legate». L’aggettivo ricorrente, a proposito dei divorziati risposati che sono esclusi dell’Eucarestia e dagli altri sacramenti, è «doloroso», la stessa espressione usata più volte da Benedetto XVI.
Nel libro con don Luigi Verzé, una conversazione moderata da Armando Torno e anticipata ieri dal Corriere, il cardinale Carlo Maria Martini chiedeva che «tutta la Chiesa rifletta su questi casi e, guidata dal Papa, trovi una via d’uscita», specie per chi si trova in «stato irreversibile e incolpevole» e magari «ha assunto dei nuovi doveri verso i figli nati dal secondo matrimonio».
Ma la situazione è complicata e in Vaticano «ci si sta riflettendo tuttora», spiegano Oltretevere. Non ci sono commenti ufficiali alle parole di Martini, anche perché dell’argomento ha parlato più volte il Papa.
A cominciare da quando, appena eletto, rispose il 25 luglio 2005 ai preti della Val d’Aosta: «Nessuno di noi ha una ricetta fatta, anche perché le situazioni sono sempre diverse. Direi particolarmente dolorosa è la situazione di quanti si erano sposati in chiesa, ma non erano veramente credenti, e lo hanno fatto per tradizione, e poi trovandosi in un nuovo matrimonio non valido si convertono, trovano la fede e si sentono esclusi dal sacramento...».
Un caso specifico che il Papa chiese di approfondire anche nel discorso alla Sacra Rota del 28 gennaio 2006.
E il fatto stesso che citasse un’eccezione, in ultima analisi un possibile motivo di nullità del matrimonio, dice tutta la difficoltà del tema.
E le possibili vie d’uscita: la «nullità » del primo matrimonio, appunto. E magari la valutazione «caso per caso», senza cambiare la norma, ad esempio per chi è «incolpevole» perché abbandonato dal coniuge.
Del resto se ne parla da anni. E il documento più articolato risale al 14 settembre ’94: una «lettera ai vescovi circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati» approvato da Giovanni Paolo II e firmato dal prefetto dell’ex Sant’ Uffizio, l’allora cardinale Joseph Ratzinger: la Chiesa, «fedele alla parola di Gesù Cristo, afferma di non poter riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica».
A meno che non si dimostri la «nullità» della precedente unione. Una riposta ai vescovi tedeschi Saier, Lehmann e Kasper, che avevano proposto ai sacerdoti di «accompagnare » gli esclusi in un cammino di conversione. «Il problema è distinguere l’aspetto pastorale da quello dogmatico», dicono in Vaticano. Il che significa che la Chiesa accoglie «a braccia aperte» i divorziati risposati, non li discrimina e anzi ammonisce a «non creare piccoli ghetti», ha spiegato il cardinale Ennio Antonelli.
E tuttavia «non si può» permettere loro di fare la comunione perché «ne va dell’indissolubilità del matrimonio», dicono in Vaticano: i vescovi ne hanno discusso da ultimo durante il sinodo sull’Eucarestia dell’ottobre 2005 e a «grande maggioranza » sono stati d’accordo. Anche se i divorziati risposati «non sono esclusi dalla vita della Chiesa». C’è chi fa la comunione lo stesso, «non tutti i parroci accettano questo principio», ha confidato ieri Antonio Di Pietro. Il vescovo Luigi Negri taglia corto: «I sacramenti non sono un diritto acquisito. Nella mentalità di tanti cristiani, a volte, si insinua un’idea di rivendicazione sindacale». Eppure il discorso non è chiuso: «Ci sono impedimenti oggettivi, ma non significa che non si possano tentare percorsi personali che attenuino il rigore delle sanzioni, valutando caso per caso e usando una certa discrezionalità concessa all’autorità...».
© Copyright Corriere della sera, 20 maggio 2009 consultabile online anche qui.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
7 commenti:
Esiste un argomento che è dato da una realtà del mondo, peraltro abbastanza recente come casistica nei termini attuali.
Esistono dubbi e quesiti legittimi e un processo di discernimento in corso.
Ma come appare diverso l'atteggiamento di ricerca del Santo Padre rispetto a quello di Martini.
L'uno interroga umilmente - nella Chiesa e insieme ad essa, in comunione e continuità nel tempo e nello spazio - lo Spirito Santo che illlumini la realtà dell'uomo presente e indichi un giusto criterio per l'oggi alla luce della Verità eterna e immutabile.
In ogni caso, è sempre la Parola di Dio ferma e il Magistero della Chiesa in divenire che devono prevalere sulle rivendicazioni mondane.
L'altro - avendo dubbi su tutto tranne che sulla propria superiorità sapienziale - ritiene di poter illuminare lui la Chiesa sorpassata e ottusa, proponendo che ciò che appare giusto al comune "buon senso" della mentalità corrente, debba divenire ipse facto il criterio giusto anche per la Chiesa.
In Milanese:...Pora Cà!
E' proprio così, quello di Papa Benedetto e quello del Card. Martini sono due approcci completamente diversi a questa questione.
L'altro - avendo dubbi su tutto tranne che sulla propria superiorità sapienziale - ritiene di poter illuminare lui la Chiesa sorpassata e ottusa, proponendo che ciò che appare giusto al comune "buon senso" della mentalità corrente, debba divenire ipse facto il criterio giusto anche per la Chiesa.
Sam quanto condivido queste tue parole ma, purtroppo la superiorità sapienzale di taluni offusca completamente la loro fede e l'amore per la verità.
La chiesa relativista questo credo sia l'obiettivo di tanta supponenza; una chiesa che si adatti al bhisogno dell'uomo di oggi che considera il Vangelo qualcosa di completamente superato per il nostro mondo. Un mondo che ride in faccia e si fa beffa dell'etica, della morale e della religione tre elementi chje mancando, rendono l'uomo molto simile all'animale. Portando rispetto all'animale si intende; che ha suo malgrado, molta più dignità dell'uomo soprattutto in certe situazioni.
C’è chi fa la comunione lo stesso, «non tutti i parroci accettano questo principio», ha confidato ieri Antonio Di Pietro.
Se è per questo di parroci " intraprendenti, rampanti e molto fantasiosi sull'applicazione della dottrina ce ne sono purtroppo moltissimi. Anche su questo si dovrebbe intervenire. Ma, evidentemente, anche loro sono infervorati dal " sacro fuoco" della chiesa relativista.
Ne conosco un paio che dovrebbero tornare di corsa in seminario quante cose hanno da imparare!!!!!!!
se c'è chi fa la comunione lo stesso, come dice Di Pietro, non significa che in ogni parrocchia dove c'è un divorziato risposato che prende l'Eucaristia ci sia anche un parroco che disattende il magistero. I sacerdoti non sono investigatori della vita privata di ogni fedele, e nemmeno ufficiali dello stato civile: ognuno di noi si presenta all'altare per la comunione con la propria coscienza e con la propria responsabilità.
C'è anche chi fa la Comunione lo stesso perchè si adegua alle direttive della Familiaris Consortio e vive col secondo coniuge nella castità, come fratello e sorella. Non sono molti, ma qualcuno c'è. Di solito non vanno nella loro Parrocchia per non dare scandalo, ma in qualche altra Chiesa dove magari qualcuno che viene a sapere del loro stato si scandalizza lo stesso. Questo insegna a non guidicare.
La grazia del Signore è molto più potente di quanto non si creda....
Cari anonimi il mio post non si riferiva soltanto alproblema dei divorziati risposati ma, a molte altre cose. Probabilmente, voi avete la fortuna di avere accanto a voi dei preti o parroci molto diversi dai miei e molto meno rampanti sono contenta per voi.
Posta un commento