lunedì 11 maggio 2009
La civiltà dell’Amore contro chi stronca vite innocenti (Galeazzi)
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Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo questo bel commento di Giacomo Galeazzi:
La civiltà dell’Amore contro chi stronca vite innocenti
di Giacomo Galeazzi*
Ebrei, musulmani e cristiani concordano sullo straordinario successo del viaggio papale in Giordania.
Quanto sta accadendo in queste densissime giornate di pellegrinaggio in Terra Santa mette d'accordo i tre monoteismi in particolar modo su un punto: Benedetto XVI sta scrivendo a chiare lettere, sul libro della storia, la via verso la pacificazione del Medio Oriente. La visita del Pontefice in Terra Santa rappresenta "un grande progresso" nei rapporti tra cattolici ed ebrei, sottolinea significativamente il rabbino David Rosen, presidente del Comitato ebraico internazionale per le relazioni interreligiose in un'intervista alla Radio vaticana registrata alla vigilia della partenza di Ratzinger da Amman per Tel Aviv. Era questo, ha riferito il rabbino Rosen all'emittente della Santa Sede, il desiderio espresso dallo stesso Benedetto XVI nel loro ultimo incontro, insieme a quello di favorire il processo di pace in Medio Oriente.
E, per quanto riguarda i rapporti tra cattolici ed ebrei, secondo il Gran Rabbinato di Gerusalemme, "non c'é alcun dubbio che la sua visita rappresenta un grande progresso sulla via dei cambiamenti storici che sono già avvenuti negli ultimi 50 anni". Rosen mette in evidenza la complessità della società israeliana ricordando il detto "dove ci sono due ebrei ci sono tre opinioni", ma precisa che nessuno, a suo giudizio, è "ostile" alla visita anche se alcune comunità ultraortodosse tenderanno a sminuirne il significato. Ottimi risultati pure sul versante musulmano. Il Consiglio per le relazioni americano-islamiche (Cair) ha espresso soddisfazione per le parole di rispetto per l'Islam e per i musulmani pronunciate da Benedetto XVI all'inizio del suo primo viaggio in Medio Oriente. La visita, secondo il Consiglio, ha offerto al Papa "l'opportunità per esprimere profondo rispetto per la comunità islamica e rendere omaggio alla leadership di re Abdallah II di Giordania nel promuovere una migliore comprensione dell'Islam". Il Cair, maggiore gruppo in America per le libertà civili islamiche, ha 35 uffici negli Stati Uniti e in Canada, con lo scopo di favorire il dialogo, proteggere le libertà civili, e rafforzare i musulmani. Il Papa è qui in Terra Santa per favorire la riconciliazione tra due popoli in guerra da oltre 60 anni, ma anche per ricordare che "non c'é riconciliazione senza perdono", concorda il francescano padre Frederick Manns, della Custodia di Terra Santa.
"Il messaggio di Gesù - sostiene padre Manns - è che bisogna perdonare anche ai nemici, ed è molto difficile, perché il giudaismo e l'islam non accettano il perdono, ma solo Dio può perdonare. Che l'uomo sia chiamato a perdonare, questa è la novità dei cristiani". E qui, in questa terra, vivono due popoli che sono chiamati a riconciliarsi, i figli di Ismaele e i figli di Isacco che, rinciliandosi, porteranno la gioia al padre Abramo. Una riconciliazione che non ci sarà senza perdono, come proclama Benedetto XVI. I cristiani di Terra Santa che vivono tutte le "difficoltà e problematiche" dei popoli mediorientali, abbiano il "coraggio" di restare. Il "rispetto" e la "dignità" delle donne proclamati con coraggio dalla Chiesa di Terra Santa, aiutano una società più giusta e contrastano una visione basata solo sul "profitto e lo sfruttamento". Questi i due messaggi principali che il Papa ha voluto lasciare, intanto, ai cristiani di Terra Santa nella sua prima Messa pubblica di questo viaggio mediorientale, nello stadio di Amman (dove celebrò anche Karol Wojtyla), davanti a più di 30.000 persone giunte anche dai Paesi vicini.
Nell'omelia, il Pontefice pronuncia una frase che alcuni interpretano diretta contro l'aborto, altri contro i kamikaze: a proposito della idea cristiana di donare la propria vita per gli altri, dice che "ciò significa anche dare testimonianza all'amore che ci ispira a 'sacrificare' la nostra vita nel servizio agli altri e così a contrastare modi di pensare che giustificano il 'stroncare' vite innocenti". Benedetto XVI celebra con il segretario di Stato Tarcisio Bertone e con i Cardinali Walter Kasper, Jean-Louis Tauran, Leonardo Sandri, con il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Tra i fedeli, un gruppo di duecento ricevono la Comunione e cinquanta di loro sono iracheni. Come un semplice parroco, il Papa distribuisce la Comunione a una ciquantina di fedeli e la prima comunione ad alcuni bambini e bambine, associandosi alla festa delle famiglie dei piccoli. Il patriarca latino di Gerusalemme, Monsignor Fouad Twal, dà il "benvenuto" e augura pace in arabo al Pontefice. Canti e preghiere sono in latino, arabo, aramaico, ma anche srilankese, vista la presenza di un folto gruppo di cattolici del Paese asiatico, impiegati in Giordania soprattutto nei lavori domestici. E nello stadio di Amman si leva poi un canto bizantino, che da secoli esprime la gioia delle Chiese d'Oriente per il dono della fede. La piccola comunità di Terra Santa si strige attorno al suo Papa e prega "per i popoli di Medio Oriente, Palestina, Iraq e Libano, affinché la giustizia domini tra queste nazioni mediorientali che tanto si sforzano per la sospirata pace". Si prega anche per il re e i suoi collaboratori. Il patriarca latino Fouad Twal, nel saluto al Pontefice, fa presente che dall'inizio della guerra in Iraq "oltre un milione di profughi sono giunti in Giordania e quasi 40.000 di loro sono cristiani".
La Chiesa giordana, sottolinea, "fa di tutto per assicurare loro assistenza e venire incontro alle loro esigenze pastorali. La loro presenza è straordinariamente problematica, ma è una grandissima opportunità per i nostri popoli di mettere in pratica la solidarietà". Se i cristiani temevano che l'attenzione del Papa in questo pellegrinaggio sulle orme di Gesù fosse monopolizzata da Giordania e Israele, rapporti con islam e ebraismo, temi politici collegati al processo di pace, da pastore Benedetto XVI li ha tranquillizzati anche con questa liturgia. Così, il dodicesimo viaggio di Joseph Ratzinger quale successore di Pietro, è destinato a lasciare una profonda traccia di speranza nella travagliata storia mediorentale.
*Giornalista, vaticanista del quotidiano "La Stampa"
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