mercoledì 13 maggio 2009

La prima volta di un Papa nella moschea sacra (Maniaci)


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La prima volta di un Papa nella moschea sacra

Caterina Maniaci

Papa Benedetto XVI prega davanti al cosiddetto Muro del pianto, meta degli ebrei di tutto il mondo, e alla Spianata delle moschee, terzo luogo santo per l’islam. Sono solo pochi metri, ma si tratta di uno dei percorsi più rischiosi, difficili e controllati al mondo.
A lui è stato concesso di poter tranquillamente passare il confine che separa Gerusalemme. E Benedetto XVI, proprio da questo angolo tormentato di terra, eleva la sua invocazione più viva per la pace. Lo fa davanti al Muro occidentale del tempio dell’antico Israele, lo scrive nel biglietto che, come il suo predecessore Giovanni Paolo II, lascia tra le fenditure del Muro.

Entra - ed è il primo Papa a farlo - nella Moschea della Cupola delle Rocce sulla Spianta delle Moschee. Ad accoglierlo il muftì di Gerusalemme Mohammed Hussein. Pace e dialogo in primo piano anche in questo incontro. Entrando nella moschea, il Papa si leva le scarpe, cosa che non ha fatto ad Amman, in Giordania.

Il dialogo interreligioso è al centro dell’incontro con i rabbini capo d’Israele. Yona Metzeger, rabbino capo ashkenazita, propone la creazione «di una Onu per le religioni accanto a quella dei diplomatici e gli uomini di Stato». Il Papa esorta alla riconciliazione fra cristiani ed ebrei. Metzger ha ringraziato il Papa per non aver permesso al vescovo negazionista Richard Williamson di tornare in piena comunione con la Chiesa cattolica nonostante la revoca della scomunica ai lefebvriani.
Intanto, la stampa israeliana riporta con rilievo le critiche dei rabbini al discorso dal Pontefice a Yad Vashem. Contrattacca il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: «Non è che in ogni discorso debba ripetere tutti i punti connessi a un determinato argomento», afferma. Ma le critiche, probabilmente, si faranno più pesanti rispetto alle visite ai palestinesi. Infatti, oggi il Papa trascorrerà la sua giornata nella Cisgiordania palestinese, a Betlemme. La questione palestinese viene affrontata più volte, soprattutto, però, nella messa celebrata nella valle di Giosafat. I cristiani in Terra Santa devono resistere, ma Benedetto XVI, pur evitando il riferimento esplicito ai nuovi insediamenti israeliani o all’ipotesi di abbattimento di altre case palestinesi, afferma: «Trovandomi davanti a voi oggi, desidero riconoscere le difficoltà, la frustrazione, la pena e la sofferenza che tanti tra voi hanno subito in conseguenza dei conflitti che hanno afflitto queste terre, ed anche le amare esperienze dello spostamento che molte delle vostre famiglie hanno conosciuto e - Dio non lo permetta - possono ancora conoscere». Esplicito invece il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, che denuncia «l’agonia del popolo palestinese, che sogna di vivere in uno Stato palestinese libero e indipendente» e «l’agonia di un popolo israeliano, che sogna una vita normale nella pace e nella sicurezza». I cristiani sono oggi un «piccolo gregge» che rischia di estinguersi, a causa «dell’emigrazione, una emigrazione largamente dovuta agli effetti di una occupazione ingiusta, con l’accompagnamento di umiliazione, di violenza e di odio».

© Copyright Libero, 13 maggio 2009 consultabile online anche qui.

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