martedì 12 maggio 2009

Il patriarca latino di Gerusalemme denuncia "agonia" dei Palestinesi


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Papa/ Patriarca Latino denuncia "agonia" dei palestinesi

E Israele sogna vita normale ma nonostante potere non ci riesce

da APCOM

Il patriarca latino di Gerusalemme evoca l'"agonia" dei palestinesi durante una messa pubblica celebrata dal Papa nella valle di Giosafat. "Santissimo Padre - ha detto mons. Fouad Twal - per molti aspetti la situazione oggi non è tanto cambiata.
Assistiamo da una parte all'agonia del popolo palestinese, che sogna di vivere in uno Stato palestinese libero e indipendente, ma non ci arriva; e assistiamo dall'altra parte - ha detto - all'agonia di un popolo israeliano, che sogna una vita normale nella pace e nella sicurezza ma, nonostante la sua potenza mediatica e militare, non ci arriva". "Quanto alla comunità internazionale - ha proseguito - essa gioca il ruolo dei discepoli di Gesù: se ne sta da parte, le palpebre appesantite di indifferenza, insensibile all'agonia per la quale passa la Terra Santa da sessantun anni, senza volere veramente svegliarsi per trovare una soluzione giusta. Da questa valle di Giosafat, valle di lacrime, facciamo salire la nostra preghiera perché si realizzino i sogni di questi due popoli".
Gesù pianse invano su Gerusalemme.
Oggi, Egli continua a piangere con i rifugiati senza speranza di ritorno, con le vedove il cui marito è stato vittima di violenza, e con le numerose famiglie di questa città che tutti i giorni vedono le loro case demolite col pretesto che esse sono state "costruite illegalmente", allorquando tutta la situazione generale tutta intera è illegale e non riceve soluzione".
"Per chiunque soffre, un malato, un rifugiato, un prigioniero o uno che porta il peso di una ingiustizia, il più grande sconforto è di constatare di essere stato dimenticato e che nessuno veda, non sappia né si commuova per quello che lui sopporta. La sua visita oggi - ha proseguito Twal rivolgendosi al Papa - è un grande conforto per i nostri cuori e l'occasione di dire a tutti che il Dio di compassione e coloro che credono in lui non sono né ciechi, né dimentichi, né insensibili".
"Santissimo Padre lei ha davanti un piccolo gregge, e che ancora si riduce a causa dell'emigrazione, una emigrazione largamente dovuta - ha detto ancora il leader dei cristiani latini di Terra Santa - agli effetti di una occupazione ingiusta, con l'accompagnamento di umiliazione, di violenza e di odio.
Ma noi sappiamo che 'questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede' e che la fede ci rende capaci di vedere e di riconoscere Gesù Cristo in ogni persona. Con Gesù e in Gesù, noi possiamo gustare qui e ora la pace che il mondo non può né dare né togliere dai nostri cuori. Questa pace significa serenità, fede, spirito di accoglienza e gioia di vivere e di lavorare in questa terra".

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Per chiunque soffre, un malato, un rifugiato, un prigioniero o uno che porta il peso di una ingiustizia, il più grande sconforto è di constatare di essere stato dimenticato e che nessuno veda, non sappia né si commuova per quello che lui sopporta. La sua visita oggi - ha proseguito Twal rivolgendosi al Papa - è un grande conforto per i nostri cuori e l'occasione di dire a tutti che il Dio di compassione e coloro che credono in lui non sono né ciechi, né dimentichi, né insensibili".
Bellissimo. E giustissimo!