martedì 8 settembre 2009
Il sociologo Garelli: «Benedetto non vuole vedere i cristiani relegati al volontariato» (Rizza)
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Parla il sociologo Garelli: «In Vaticano c’è forte disagio»
«Benedetto non vuole vedere i cristiani relegati al volontariato»
di CLAUDIO RIZZA
ROMA
Il Papa invita i cattolici a non aver paura di impegnarsi in politica e ad insistere qualsiasi sia il contesto, «vivendo il Vangelo». Il sociologo Franco Garelli spiega qual è l’obiettivo che la Chiesa persegue.
E’ una coincidenza voluta con le polemiche di questi giorni, con il caso Boffo?
«Sì e non è la prima volta che il Papa lo fa di fronte ad avvenimenti d’attualità. Già in Sardegna disse che i cristiani devono recuperare il senso della presenza in politica. E prese le distanze dagli stili di certa politica che dice di richiamarsi alle sue idee».
Di cosa si preoccupa?
«Da un lato questo Papa non vuole affatto che i cattolici siano confinati al ruolo di infermieri della storia, preoccupati di alimentare la società civile, avendo un ruolo prepolitico o impegnati a sanarne le ferite col volontariato. Li vuole invece impegnati nelle istituzioni, vuole che assumano alte responsabilità pubbliche».
E insiste sul Vangelo...
«Perché deve essere l’ideale di riferimento. Mentre i laici sono in gravi difficoltà nell’impegnarsi nella costruzione della realtà tentando di interpretare le istanze evangeliche».
Cioè non sono cattolici doc.
«In tanti si richiamano ai valori, ma li vediamo. Al Papa non basta, vuole dei credenti più autentici che testimonino la fede anche con gli stili di vita».
E’ quello che ha detto Ruini a Cernobbio.
«Certo, la Chiesa, pur senza usare modi gridati, sta marcando questo suo chiodo. Non è possibile richiamare i valori cristiani e dirsi d’accordo con il pensiero del Papa se poi si dà vita a comportamenti diversi».
I cattolici non devono aver paura, ma non è questa una politica che fa paura?
«Indubbiamente sono tempi difficili, è una politica più gridata che esercitata in chiave costruttiva. L’importante è la lungimiranza e la coerenza. Mi ha stupito molto che sulle pagine dei giornali sia stato dato spazio ad un convegno dell’Azione cattolica. Non succede mai. Ed è curioso che non si parli dell’associazionismo più serio, la cui presenza è costruttiva».
La Chiesa spera che nasca una nuova generazione di cattolici.
«C’è un forte disagio del Papa e uno sconcerto negli ambienti cattolici per questo paradosso: oggi la Chiesa gode di un grande consenso pubblico, molte forze sociali e politiche le riconoscono anche una forte istanza critica. Infatti fa “opposizione” al governo sull’immigrazione, richiamandosi all’etica pubblica e privata, e non è un caso che Bossi cerchi il dialogo. Il mondo laico è frammentato. Invece il cattolicesimo politico tocca il suo minimo storico».
Si spieghi.
«I partiti di governo sono a favore, ma chi ha in mano le sorti del Paese non è espressione della cultura cattolica: dà ossequio, aiuta, crea posizioni di vantaggio, ma nel centrodestra, di fatto, non c’è una leadership cattolica. Né Berlusconi né Bossi né Fini lo sono».
All’opposizione c’è Casini.
«Ma ha un piccolo partito. E nel centro sinistra si mescolano tante cose. Il cattolicesimo politico è al minimo storico. Servirebbero invece dei cattolici autentici che contribuiscano al governo del Paese, con stili ma anche con le politiche. Ci sono molti politici di area cattolica ma hanno più un ruolo di mediazione. E’ un problema molto sentito in Vaticano».
Anche Blair ha dato alla Chiesa ampi riconoscimenti. E’ sorpreso?
«All’estero stanno scoprendo la forza della società civile, che è stata sempre alimentata dalla Chiesa. Da noi è una realtà. Ed è ciò che rende più incerto il ruolo della sinistra. Il problema è che serve progettualità politica e non basta una forte partecipazione dal basso».
© Copyright Il Messaggero, 7 settembre 2009
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3 commenti:
E' giusto che i cristiani non siano relegati al volontariato, ma è giunto il momento di chiederci: come è stato declinato fino ad oggi il paradigma della "presenza"?
Tutti i cattolici che sono entraati in politica negli ultimi anni (guarda caso nel centro-destra) appena hanno acquisito un po' di potere hanno smesso di essere cattolici. Invece di portare nella politica i valori cattolici, sono stati totalmente fagocitati dai disvalori del nihilismo ridens. Perché questo? Perché la preparazione spirituale che avevano alle spalle era NULLA.
Penso che le ultime vicende della chiesa italiana resteranno a lungo un monito. Per essere cattolici in politica si deve per forza essere di destra, oppure l'essere di destra costituisce de facto la fine di ogni valore cattolico?
Domande pesanti, alle quali non ci si può più sottrarre.
Caro Anonimo,
condivido la tua analisi, ma direi che si può applicare anche ai cosiddetti cattolici "adulti" del centro-sinistra.
E te lo dico da ex-elettore (pentito) di Margherita ed Ulivo, che ha sempre provato orrore per il nihilismo ridens, non ha mai votato per quella parte politica, e che alle ultime politiche è rimasto a casa.
Penso che il concetto di emergenza educativa vada estesa anche alla politica, e mi pare che stia emergendo abbastanza chiaramente
Luigi
Io invece penso che negli ultimi anni i politici cattolici sia a destra che a sinistra siano stati fagocitati del sistema o, quanto meno, dal partito di appartenenza. anche chi, e a mio avviso ce ne sono, è rimasto coerente con le proprie idee (cioè con i valori cristiani), viene messo a tacere. La realtà è che siamo tutti orfani di un grande centro che si ponga in alternativa seria e forte al centro destra e al centro sinistra che tendono sempre più, rispettivamente, all'estrema destra o all'estrema sinistra; per non parlare dell'incoerenza di fondo che a mio parere contraddistingue entrambi gli schieramenti, sempre nel tentativo di far contenti tutti e di accaparrarsi i voti di tutti
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