mercoledì 16 settembre 2009
L'Israel Antiquities Authority data all'epoca di Gesù una sinagoga scoperta nei pressi di Cafarnao (Osservatore Romano)
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L'Israel Antiquities Authority data all'epoca di Gesù una sinagoga scoperta nei pressi di Cafarnao
Un altro tassello della memoria in Terra Santa
di Lorenzo Nigro
A sette chilometri da Cafarnao, sulla sponda nord-occidentale del mare di Galilea, nel luogo dell'antica città di Magdala - in ebraico migdal, fortezza - dove operarono gli archeologi francescani della Custodia di Terra Santa Virgilio Corbo e Stanislao Loffreda, una équipe dell'Israel Antiquities Authority ha annunciato di avere trovato conferme circa la datazione della sinagoga all'epoca del secondo tempio - dal 50 prima dell'era cristiana al primo secolo - e di avere compiuto un'importante scoperta al suo interno. La sinagoga era già nota dagli scavi dei frati francescani; la scoperta è avvenuta durante i lavori per la realizzazione del Magdala Centre, un centro di raccolta dei pellegrini la cui prima pietra era stata posta da Papa Benedetto XVI durante il suo recente viaggio in Terra Santa. La scoperta della sinagoga ha suscitato molto interesse in modo particolare per la sua datazione, che la colloca nello stesso arco cronologico degli episodi evangelici.
Fino alla fondazione di Tiberiade nell'anno 19, Magdala era l'unico importante centro sulle sponde del mare di Galilea. La città controllava la via che, attraverso il Wadi al-Khammam (la "valle delle colombe") conduceva verso la Galilea occidentale e il Mediterraneo era famosa come luogo di salatura del pesce; secondo Giuseppe Flavio la flotta di barche da pesca raggiungeva 230 unità.
Magdala venne fortificata dallo stesso Giuseppe Flavio durante la guerra contro i romani (Vita, 188). Citata in una lettera di Cassio a Cicerone, nel 44 prima dell'era cristiana Magdala entra a far parte della provincia romana della Giudea per essere poi donata da Nerone ad Agrippa ii. Durante la Grande Rivolta, Magdala fu centro degli zeloti e fu, infine, presa da Tito nel 66 con un attacco dal lago che terminò con la carneficina dei suoi abitanti ribelli.
A Magdala Gesù ebbe molto probabilmente modo di predicare ed è probabile che vi abbia frequentato la sinagoga dove sono state effettuate le scoperte annunciate in questi giorni. Siamo, infatti, nella città di Maria Maddalena, la donna che entrò a far parte dei discepoli di Gesù. Gli scavi hanno, dunque, gettato un raggio di luce ulteriore su un luogo evangelico in un'epoca cruciale per la storia della Palestina.
L'edificio di culto a pianta rettangolare, con una serie di banchine in pietra per i fedeli che correvano lungo i lati della sala principale e delle colonne a forma di cuore agli angoli, è uno tra i più antichi di questo genere scoperti in Israele. Le pareti erano decorate da intonaci dipinti, purtroppo non conservati se non in pochissimi resti, ma la cui presenza ci ricorda una delle sinagoghe meglio conservate del Vicino Oriente, quella di Damasco, interamente istoriata da affreschi con storie bibliche, che è, tuttavia, di due secoli successiva.
I pavimenti sono costituiti da manti musivi, su un'estensione di più di 120 metri quadrati. Adiacente all'edificio era una corte quadrata con portici su tutti i lati.
La sinagoga fu distrutta durante la rivolta giudaica sedata con la distruzione di Gerusalemme e delle altre maggiori città della regione dall'imperatore Tito nel 69-70.
Il recente ritrovamento ha contribuito a rendere più vivido questo momento storico, che segnò un passaggio fondamentale anche nella storia religiosa della regione: sino ad allora, infatti, ebrei e cristiani avevano continuato a frequentare gli stessi luoghi di culto, le sinagoghe. Tra i blocchi scolpiti che decoravano, come di consueto all'epoca, l'edificio, un blocco quadrangolare rinvenuto nella sala principale rappresenta una menorah, il candelabro a sette braccia ebraico raffigurato su un piedistallo triangolare posto tra due anfore. Questa simbologia è molto antica e ha fatto ritenere ad alcuni studiosi che si tratti di una raffigurazione del famoso arredo cultuale del secondo tempio, noto anche grazie alla rappresentazione sul fornice interno dell'arco di Tito nel Foro romano, illustrante appunto il bottino dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme. Quest'ultimo ritrovamento ha suscitato, pertanto, grande emozione, trovando un collegamento, sebbene indiretto, con il secondo tempio. Sinora si conoscono, infatti, solamente sei sinagoghe risalenti all'epoca del secondo tempio e, da tempo immemore, si è persa nozione della fine fatta dagli arredi sacri coevi condotti a Roma da Tito nel 70.
Secondo gli scopritori si tratterebbe del primo caso in cui la raffigurazione di una menorah risalirebbe ad un'epoca in cui il secondo tempio a Gerusalemme era ancora in uso, e così anche i suoi arredi sacri, probabile fonte d'ispirazione per l'artista che scolpì il blocco di pietra nella sinagoga di Magdala.
Anche dal punto di vista storico si tratta di una scoperta interessante, poiché Magdala fu una delle città promotrici della Grande Rivolta contro i romani e anche una delle ultime a cadere sotto i colpi dell'esercito imperiale, dopo che tutta la Galilea e la stessa Tiberiade erano cadute. In ogni caso, la sinagoga di Magdala diverrà un'ulteriore attrazione per i pellegrini in Terra Santa, un altro tassello della memoria della vita di Gesù, che l'archeologia ha contribuito a rendere più vicina a noi.
(©L'Osservatore Romano - 16 settembre 2009)
Dai rotoli del Mar Morto un Deuteronomio «samaritano»
Per ora il frammento, grande come il palmo di una mano, è stato mostrato solo in fotografia dal board dell'università californiana che lo ha acquistato, insieme ad altri quattro piccoli resti dei rotoli del Mar Morto che riportano parti dell'ultimo libro del Pentateuco (a eccezione di un papiro che riporta un brano del libro di Daniele). Il più interessante dei frammenti conservati ora nella cassaforte dell'Azusa Pacific University, quello che più ha attirato l'attenzione dei media - "finalmente il testo originale del Deuteronomio" ha dichiarato al "Los Angeles Times" l'autorevole studioso James H. Charlesworth, docente di studi neotestamentari al Princeton Theological Seminary - contiene un passo del libro (27, 4) in cui sono raccolti i discorsi di Mosè alla nazione ebraica. Nel brano il legislatore prescrive a chi sarebbe entrato nella terra promessa di costruire un altare di pietra oltre la riva destra del Giordano, sul monte Garizìm. È questo il particolare che ha indotto Charlesworth a parlare di originalità del testo: in quello prevalente in seguito il luogo indicato è infatti il monte Ebal. Ma il Pentateuco samaritano - una versione fissata a partire dal iv secolo avanti l'era cristiana - attesta già la lezione Garizìm, luogo sacro appunto ai samaritani. Questa lezione originaria, sostenuta d'altronde da altri passi del Deuteronomio (11,29 e 27,12), è stata poi modificata in Ebal a causa della polemica ebraica contro i samaritani. Come era noto da tempo e ora viene confermato dal frammentino qumranico.
(©L'Osservatore Romano - 16 settembre 2009)
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