mercoledì 29 aprile 2009

«Il rosario del Papa sulla tomba di mio figlio». La commozione tra le tendopoli: «Ha saputo toccare i nostri cuori» (Bellaspiga)


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«Il rosario del Papa sulla tomba di mio figlio»

A Onna, il paese martire, l’abbraccio del Pontefice ha sciolto le lacrime di una madre che non aveva ancora pianto
La commozione tra le tendopoli: «Ha saputo toccare i nostri cuori» «La sua presenza un dono discreto, sarebbe stata importante anche se avesse taciuto»

DAL NOSTRO INVIATO A ONNA (L’AQUILA)

LUCIA BELLASPIGA

Doveva scendere dall’alto, in elicot­tero, ma il cielo è inclemente e gra­va plumbeo sulle macerie di On­na, il paese simbolo della catastrofe aqui­lana. Così arriva in macchina, Benedetto XVI, e sono le dieci e mezza (un’ora oltre l’orario previsto) quando è accolto nella tendopoli degli sfollati.
È solo la prima tap­pa del suo viaggio nei luoghi del terremo­to e del lutto, ma forse la più sentita da parte di chi in Abruzzo lo attende per pre­gare con lui e sentire parole di conforto.
«Sono venuto di perso­na in questa vostra terra splendida e ferita - dice alla gente di Onna, tra le tende blu della Protezio­ne Civile che ormai so­no la loro casa - . Vi sono stato accanto fin dal pri­mo momento...».
Sullo sfondo, coperto dalla coltre nera di nu­vole cariche di pioggia che non smette da gior­ni, le cime innevate del Gran Sasso, a ricordare che qui è ancora inver­no, nonostante l’aprile i­noltrato e le speranze di primavera di chi non ha più un tetto come ricovero. Ma tut­to attorno all’accampamento, come un tragico orizzonte, davanti alle montagne c’è il profilo sventrato e irriconoscibile di quello che fino al 6 aprile era il paesino di Onna, oggi lo scempio di tetti implosi, mu­ri crollati l’uno sull’altro, oggetti quotidia­ni che spuntano alla rinfusa dalle mace­rie, divelti e deformati: lavandini, un cal­ciobalilla, un calendario ancora appeso a un brandello di parete.
L’abbraccio del Papa va subito ai vivi, il ri­cordo ai loro defunti, che a Onna (250 a­nime in tutto prima del sisma) sono stati quaranta, uno ogni cinque, e sette erano bambini: non c’è famiglia senza lutto, qui. «Ho condiviso le vostre lacrime - dice lo­ro il Papa - , le vostre trepidanti preoccu­pazioni per quanto in un attimo avete per­so », cioè tutto. «Ho ammirato il coraggio - prosegue - , la dignità e la fede con cui a­vete affrontato questa dura prova... Il Pa­pa è qui oggi tra di voi per dirvi anche u­na parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono in voi u­na testimonianza di speranza».
Una speranza che in queste popolazioni non demorde ed è racchiusa nell’antico detto che il Santo Padre cita alla fine, guar­dando le montagne: «Ci sono ancora tan­ti giorni dietro il Gran Sasso». La gente di Onna, quello che ne resta, pensa anche a quanti ne mancano per tornare alla nor­malità, e si commuove. Giovani e anziani sentono l’emozione del Papa, sanno che è uno di loro, non un a­mico di passaggio ma qualcuno che in qualche modo resterà. «È stata u­na visita privata, solo per noi di Onna, proprio ciò che si voleva - racconta un gruppetto di anziani seduti sulle panche del tendone mensa, dopo la partenza di Benedetto X­VI per L’Aquila - .
Qui tra sopravvissuti e volonta­ri della Protezione civile siamo trecento, e tanti e­ravamo ad accoglierlo. Abbiamo perso tutto, voi vedete le macerie delle case, ma non co­noscete le macerie del cuore: avevamo bi­sogno di sentire che lui ci era fisicamente vicino, di vederlo concretamente qui tra le nostre tende».
All’entrata della tendopoli, piantata nel fango acquitrinoso di questi giorni grevi, c’è una targa in marmo bianco, lucida e nuova: «A Onna, con voi per sempre. La Protezione civile del Lazio».
L’hanno mes­sa i volontari che vivono qui con gli sfol­lati fin da quel 6 aprile, e questo esula dai loro compiti: è promessa e impegno so­lenne. «Sono qui da lunedì», racconta il re­sponsabile del campo della Protezione ci­vile, Franco Albanesi, e in gergo locale or­mai quel «lunedì» significa una sola cosa, è il giorno in cui la terra ha tremato... «So­no qui da lunedì e non sono mai tornato a casa». Era a Onna anche quando si tira­vano fuori i morti dalle macerie: «Sono sta­ti due giorni tremendi», accenna soltanto, poi preferisce tacere. «Il Papa ha saputo toccare i cuori, dopo il discorso ufficiale si è soffermato a parlare con chi ha perso due, tre persone care, famiglie sventrate negli affetti».
Le mani del Papa si sono strette a quelle di una donna che ha perso il figlio e da quel giorno non ha più detto parola.
Im­pietrita dal dolore. Chi ha assistito al dia­logo muto di quella madre con il Pontefi­ce venuto da Roma per lei ora parla di un piccolo grande «miracolo»: «Benedetto X­VI le ha chiesto di non preoccuparsi, 'tuo figlio ha aperto le porte del Paradiso', le ha detto, e finalmente lei è riuscita a piange­re e per la prima volta ha parlato. Gli ha sussurrato qualcosa, poi il Papa ha bene­detto il suo rosario e glielo ha stretto in mano».
Inutile ora cercarla nelle tende: è andata al cimitero di Paganica a metterlo sulla tomba del figlio.
«Tutte magnifiche le parole che ci ha det­to – è il commento di alcune donne sedu­te attorno a una stufa per scaldarsi e a­sciugare le ossa dalla pioggia battente –, ma soprattutto importante è stata la sua presenza, sarebbe stata un messaggio grande persino se avesse taciuto.
Stupen­do infatti è stato il riferimento ai discepo­li di Emmaus, simbolo appunto di una pre­senza che è dono discreto». «Il Papa si è ac­costato a noi come compagno di viaggio con umiltà e semplicità francescana – spie­ga Fra’ Emiliano, 30 anni, giunto da Foli­gno allo stesso scopo – per essere presen­te accanto a queste persone, senza chiac­chiere e parole, in modo affettivo ed effet­tivo, perché la sofferenza non chiede pre­diche, ma discrezione e dignità».
«Ci ha fatto sentire la sua forza e ce l’ha trasmes­sa », conclude Tonino, agricoltore di 69 an­ni, «sempre in attività fino al 6 apri­le...
Questo è il periodo più lungo della mia vita in cui sono stato senza far niente». On­na, prevede l’anziano, sarà il primo paese a essere ricostruito, grazie alla Germania, che vuole così risarcirci della strage nazi­sta del ’44.
«Vede come va la vita? Torne­remo a vivere grazie al martirio dei nostri nonni. Rinati dalle macerie della storia...». Onna: ancora una volta città simbolo.

2 commenti:

mariateresa ha detto...

c'è anche questo
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_le_analisi_NOTIZIA.php?IDNotizia=239473&IDCategoria=2682

spero che le tante belle parole che leggo, alla prossima , non vengano dimenticate per ricominciare con la solfa del teologo distante e altri fuffigni.
Intendiamoci, mi fa piacere questo apprezzamento, ma che palline grosse ci tiriamo dietro da 4 anni con i soliti discorsi, papa tedesco e sguardo di ghiaccio, ecc.
La verità è che la stragrande maggioranza dei giornalisti scrive le stesse cose e l'originalità è sfuggita come la peste o il beriberi.

Raffaella ha detto...

1-2-3...applausi a Mariateresa :-))
R.