giovedì 13 novembre 2008
La fenomenale antologia di don Divo Barsotti, il mistico che non le mandava a dire nemmeno al Papa (Tempi)
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Su segnalazione di Alessia leggiamo:
Barsotti, uno che ci crede davvero
La fenomenale antologia di don Divo, il mistico che non le mandava a dire nemmeno al Papa
di Emanuele Boffi
«Se potessi dire con una parola sola tutto il mondo di don Barsotti prenderei in prestito un termine che ha inventato Solovjev: l’unitotalità, cioè l’idea che tutto sia compreso nell’esperienza cristiana e sia compreso non in modo settoriale o fisso, ma in un modo unitario».
Con queste parole il cardinale Giacomo Biffi ha descritto la figura di don Divo Barsotti che, da par suo, contraccambiava la stima per l’arcivescovo di Bologna, da sempre indicato da don Divo come uno dei pochi degni del soglio pontificio. Uno dei pochi, assieme all’altro cardinale che poi pontefice lo è diventato, Joseph Ratzinger. Don Divo Barsotti è stato uno dei carismi cattolici più vivaci e profetici, ancorché poco noti, della storia della Chiesa italiana a cavallo tra i due secoli. È stato sacerdote, teologo, fondatore della Comunità dei Figli di Dio, maestro spirituale di Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Per usare il titolo di una mostra che il Meeting di Rimini gli dedicò nel 2007, Barsotti, scomparso nel 2006 a 92 anni, è stato “l’ultimo mistico del Novecento”. Ora è in libreria Il cercatore di Dio (Società editrice fiorentina), raccolta delle interviste che Barsotti ha rilasciato nel giro di dieci anni ad Andrea Fagioli, vicedirettore di Toscanaoggi, sui temi più vari: il male, la fede, il Natale, la poesia, il terrorismo. E ogni pagina è una sorpresa continua perché, come ha scritto nella presentazione un altro estimatore di Barsotti, il cardinale Camillo Ruini, «don Divo è stato un cercatore di Dio, uno di quelli autentici, di quelli di fronte ai quali non si poteva che esclamare: “Ci crede davvero”».
Il rimprovero a Dossetti
Che cosa cercava don Divo? “Cerco solo Dio” è il motto della sua comunità oggi diffusa in Italia, Australia, Benin, Colombia, Croazia, Sri Lanka. Duemila consacrati che fanno vita comune, pur continuando a rimanere nel mondo, secondo la propria vocazione: coppie sposate con figli, sacerdoti e laici, monaci. Don Divo ha lasciato loro più di 160 libri, articoli, pensieri, intuizioni. Barsotti fu autodidatta, ma per profondità e acume le sue osservazioni gli valsero ora l’incomprensione (nel suo eremo di Settignano, scrive Ruini, visse «ai bordi del mondo») ora prestigiosi riconoscimenti (nel 1971 fu chiamato da Paolo VI in Vaticano a predicare gli esercizi spirituali d’inizio Quaresima). Legatissimo a Giovanni Paolo II, non disdegnò di inviare all’allora pontefice una missiva di lamento per l’incontro interreligioso di Assisi del 1986, prendendosela con quei cattolici che «venerano il Dalai Lama come fanno con Vostra Santità». Spesso criticato dai cattolici progressisti, era da loro assai temuto e fu, come detto, padre spirituale per oltre quarant’anni di Giuseppe Dossetti, cui rimproverò sempre il «pericoloso» rapporto con Giuseppe Alberigo e la scuola di Bologna.
Nelle pagine curate da Fagioli ritroviamo il Barsotti più immediato, che sa però, su ogni argomento, trovare un’angolatura originale di lettura. Per cui il male non può costituire un ostacolo perché «il cristiano non può vivere una vita di rimpianti, di lamenti, quasi che Dio fosse vinto dal peccato sull’uomo». La fede è un fatto di ragione, non serve una laurea: «La conoscenza di fede è più importante di una conoscenza teologica». E a coloro che, anche all’interno della Chiesa la vorrebbero ridotta a un’opera sociale, don Barsotti ricorda che «la vita cristiana è Cristo, “mihi vivere Christus est”, il vivere è Cristo solo». Un Cristo descritto come «rapporto che presuppone le persone. Perché non si amano le astrazioni, ma le persone viventi».
© Copyright Tempi, 12 novembre 2008
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