martedì 11 novembre 2008
Conferenza internazionale in Vaticano sulla pastorale nella cura dei bambini malati: intervista con il card. Barragán (Radio Vaticana)
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Conferenza internazionale in Vaticano sulla pastorale nella cura dei bambini malati: intervista con il cardinale Lozano Barragán
Domani mattina sarà presentata, nella Sala Stampa della Santa Sede, la XXIII Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, sul tema: “La pastorale nella cura dei bambini malati”, che si svolgerà in Vaticano dal 13 al 15 novembre prossimi. Obiettivo della Conferenza è quello di disegnare un futuro di speranza per tanti piccoli, vittime della malattia nei primi anni di vita. In particolare si affronterà la questione della mortalità infantile: ancora oggi, ogni anno 4 milioni di neonati muoiono a meno di 26 giorni di vita. Ma era già stato affrontato altre volte questo tema? Ascoltiamo il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, al microfono di Romilda Ferrauto:
R. – In una maniera così precisa, non era mai stato affrontato; era stato affrontato genericamente, fra altri temi, per esempio quello dell’AIDS, quello della depressione, per esempio anche quello del nesso tra malattia ed economia … Tutto questo è stato affrontato nelle Conferenze internazionali precedenti. Siccome ogni anno se ne svolge una, certamente ci sono sempre state attinenze a questo tema. Però, in maniera concreta, soltanto in questa occasione abbiamo trattato questo argomento, perché questo argomento è stato scelto dal Santo Padre: lui personalmente, ci ha chiesto di trattare specificamente il tema della pastorale nella cura dei bambini malati. Abbiamo infatti alcuni milioni di bambini malati: due milioni e mezzo sono i bambini malati di AIDS trasmesso dai genitori, e poi ci sono tante altre malattie. Non parliamo di come curare i malati: questo spetta ai medici; bensì di come fare la cura pastorale, come evangelizzare il bambino malato. Questo è un problema urgente.
D. – Parteciperanno specialisti del mondo intero, grandi specialisti. Quali sono stati i criteri per lascelta dei partecipanti e dei temi dei loro interventi? C’è qualche priorità per il dicastero?
R. – E’ la realtà, il pensiero e l’azione: sono tre spazi che dobbiamo coprire intensamente. Qual è la realtà dei bambini malati e la pastorale che si svolge con loro? Che cosa ci dice la Parola di Dio su questo argomento? E che cosa dobbiamo fare? Nel senso che non è direttamente il Dicastero ad agire: infatti, noi siamo una specie di “braccio lungo” del Santo Padre per quanto riguarda l’orientamento, il coordinamento e la promozione della evangelizzazione. E’ quindi necessario che ci siano specialisti nella realtà, nel pensiero e nell’azione. Noi mettiamo a disposizione quanto di meglio si trovi, nel momento attuale, su questi argomenti.
D. – C’è qualche aspetto particolare di questo tema sul quale desiderate esprimervi specialmente? C’è qualcosa che vi tocca in particolare, che vorreste far passare come messaggio?
R. – Quello che mi sta a cuore è l’evangelizzazione, cioè non soltanto l’assistenza: vogliamo capire come fare concretamente una sorta di cura della felicità e della salute che poi sboccia nella salvezza eterna. Cioè, come lasciare che i bambini si avvicinino al Signore Gesù e non impedirglielo. Glielo si può impedire, per esempio, attraverso la psicologia: la psicologia ci aiuta tanto a comprendere l’età evolutiva, a comprendere il bambino, sì. Però, a volte, nei presupposti della psicologia, ci si allontana da Cristo. E allora: “Lasciate che i bambini vengano a me!”. Questo è quello che maggiormente mi interessa.
D. – Si sa che la Chiesa – le strutture della Chiesa – sono in prima linea nell’assistenza ai malati, che siano bambini o adulti. Ma a volte si ha la sensazione che non tutta l’opinione pubblica sia cosciente di quanto l’azione della Chiesa sia capillare, anche in alcune malattie come l’AIDS. Lei pensa che forse sarebbe necessario che fosse meglio conosciuta l’azione della Chiesa?
R. – Sì, è necessario che sia meglio conosciuta; però, io ho l’esperienza di alcuni Paesi, dove si avversa la Chiesa, nel senso che non si vuole riconoscere e nemmeno si vuole che l’opinione pubblica conosca quello che sta facendo la Chiesa. Faccio un esempio: l’AIDS. Noi abbiamo nel mondo il 27 per cento di tutti i centri per la cura dei malati, contro il 44 per cento dei centri tenuti dai governi e poi, ad una distanza considerevole, ci sono altre organizzazioni, come le ONG con l’11 per cento, e altre denominazioni religiose con l’8 per cento. I cattolici, quindi, gestiscono il 27 per cento di questi centri per la cura dell'AIDS, ma questo lo si vuole sempre nascondere. Io faccio del mio meglio perché ciò sia reso noto: abbiamo anche pubblicato degli opuscoli con questi dati … Ma queste entità non lo vogliono conoscere. Dicono soltanto, per quanto riguarda l’AIDS, che la Chiesa è co-responsabile dell’AIDS perché si oppone all’uso del profilattico. Il motivo è sempre lo stesso: ci sono entità a cui per varie ragioni, forse anche per interesse, non conviene che si sappia quanto la Chiesa stia facendo contro l'AIDS. La Chiesa è il partner principale di tutti i governi del mondo: bisogna pensare che, soltanto per quanto riguarda l'AIDS, la Chiesa nel mondo ha circa 114 mila centri di assistenza sanitaria.
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