mercoledì 8 aprile 2009
Gli ottocento anni della Protoregola francescana (Osservatore Romano)
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Dal 15 al 18 aprile ad Assisi il Capitolo internazionale delle stuoie
Gli ottocento anni della Protoregola francescana
di Egidio Picucci
Una delle ventotto scene dipinte nella Basilica superiore di Assisi - venticinque delle quali da Giotto tra il 1297 e il 1299 su commissione del marchigiano frate Giovanni da Morrovalle - rappresenta l'approvazione della Protoregola di san Francesco da parte di Papa Innocenzo iii.
Gli storici dicono che si trattava di un testo breve, composto essenzialmente di citazioni evangeliche, delle quali non resta alcuna traccia, e più tardi confluito e aumentato proporzionalmente all'evoluzione della Fraternità che, in dieci anni, passò da dodici a oltre duemila frati.
Era la primavera del 1209 (il giorno preciso sfugge anche agli storici più accurati). Quindi quest'anno ricorre l'ottocentesimo anniversario di quell'approvazione solo orale che sarà ricordata con un "Capitolo internazionale delle stuoie" in programma ad Assisi e a Roma da mercoledì 15 a sabato 18 aprile, eco del capitolo che si tenne a Santa Maria degli Angeli nel 1221, al quale "si raunò oltre cinquemila Frati... tutti occupati nel ragionare di Dio, in orazioni, in lagrime, in esercizi di carità; e stavano tanto in silenzio e con tanta modestia, che ivi non si sentia uno rumore, nessuno stropiccio... Ed erano in quel campo tetti di graticci e stuoie: e però si chiamava quel Capitolo di graticci ovvero di stuoie" (Fonti francescane, 1848).
Al capitolo converranno i francescani di tutto il mondo - per ora hanno dato la loro adesione circa millesettecento tra religiosi, religiose e laici - invitati dai rispettivi ministri generali a vivere l'evento centenario, guidati dalle parole del Servo di Dio Giovanni Paolo II, e cioè "a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro" (Novo Millennio ineunte, 1).
"In quei giorni - hanno scritto i ministri generali ai propri religiosi - ospiti della Chiesa di Assisi rifletteremo insieme sulla Regola che abbiamo promesso di osservare e compiremo gesti concreti per esprimere il nostro desiderio di conversione; soprattutto desidereremmo poter concludere questa nostra storica esperienza rinnovando la nostra obbedienza al "signor Papa" e ricevendo da lui il mandato di andare per il mondo a predicare a tutti la penitenza" (1 Celano, 33).
I "gesti concreti" sono l'accoglienza, la testimonianza, la penitenza, il digiuno e il ringraziamento al Papa che riceverà i "capitolari" a Castel Gandolfo. L'accoglienza nella grande tenda che sarà allestita davanti alla Basilica della Porziuncola è affidata a padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia. Seguirà la concelebrazione eucaristica presieduta nella Basilica dal vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino.
La seconda giornata, giovedì, sarà riservata alle testimonianze di tre ex ministri generali: monsignor John Corriveau, cappuccino, vescovo di Nelson, padre Giacomo Bini, dei frati minori, e l'arcivescovo Gianfranco Agostino Gardin, dei frati minori conventuali, segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Nel pomeriggio è prevista una tavola rotonda alla quale parteciperà, fra gli altri, padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa.
Venerdì 17, dopo la meditazione di una suora clarissa, i frati vivranno la penitenza e il digiuno nel silenzio e nel raccoglimento; nel pomeriggio faranno un cammino penitenziale dalla Porziuncola alla tomba di san Francesco, e celebreranno l'eucaristia nella Basilica superiore di San Francesco.
Sabato mattina si trasferiranno a Castel Gandolfo per l'udienza privata del Papa, per "vivere con lui la gratitudine al Signore per il dono di Francesco che continua con i suoi figli l'adesione alla Chiesa e al suo Successore, diffondendo nel mondo la spiritualità e il carisma del Poverello di Assisi".
Chi non potrà partecipare al capitolo, potrà seguire in diretta le sue diverse fasi grazie a Teleradio Padre Pio, che trasmetterà sui canali satellitari.
Al di là dei programmi, è interessante sottolineare come, dopo ottocento anni, il messaggio di Francesco non abbia perso attualità e importanza perché Dio ha parlato e parla per mezzo suo, ricordandoci che la sua conversione fu un frutto della "compassione" verso i lebbrosi (come lui stesso racconta nel Testamento), cioè verso gli ultimi, e che egli non è - come erroneamente si crede - l'uomo di tutti, tirato per la manica da poeti, letterati, ecologi, ma l'uomo mandato da Dio "a predicare la penitenza".
Il documento che lo accerta è sempre il Testamento, dove scrive: "Il Signore concesse a me, Frate Francesco, di incominciare così a fare penitenza, perché, essendo io nei peccati, mi sembrava troppo amaro vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E, allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi, stetti poco e uscii dal mondo" (Fonti francescane, 110).
Da allora, secondo il Celano, "con grande fervore ed esultanza, egli cominciò a predicare la penitenza, edificando tutti con la semplicità della sua parola e la magnificenza del suo cuore" (Ibidem, 358).
Durante il primo viaggio apostolico che lo portò nella Marca d'Ancona insieme a frate Egidio - scrive padre Cantalamessa - a chi chiedeva chi fossero confessavano semplicemente di essere "penitenti di Assisi" (Ibidem, 1508). Penitenti che annunciavano alla gente, come ricorda la Leggenda dei tre compagni, "di fare penitenza dei loro peccati, ricordando i comandamenti di Dio".
Nella Regola non bollata usa parole ancor più forti: "Tutti i popoli, le genti, le nazioni, le lingue, tutte le nazioni e tutti gli uomini della terra che sono e che saranno; noi tutti frati minori, servi inutili, umilmente preghiamo e supplichiamo di perseverare nella vera fede e nella penitenza, poiché diversamente nessuno potrà essere salvato" (Ibidem, 68).
Cominciata con la penitenza, la sua vita si concluse dopo il compimento dei quarantacinque anni di vita e i vent'anni della sua perfetta penitenza il 4 ottobre 1226 (Ibidem, 1824).
La radice della santità di Francesco è qui; il resto, gli uccelli, il lupo, il canto del sole, della luna e delle stelle, di "sora aqua" e di "madre terra", di "coloriti fiori et erba", sono il frutto che lo hanno reso amico di tutti, ma, nello stesso tempo, ne hanno falsato la vera fisionomia che è quella del quadro conservato a Greccio e che lo rappresenta mentre si asciuga le lacrime "perché l'Amore non è amato".
Otto secoli dopo l'approvazione della Protoregola, i francescani hanno deciso di ritornare alla freschezza delle origini per vivere più fedelmente lo spirito del loro fondatore senza frange spettacolari, ma con una coraggiosa revisione di vita per vivere nuovamente il Vangelo e riannunciarlo sine glossa (senza adattamenti), come diceva san Francesco, alla Chiesa e al mondo.
(©L'Osservatore Romano - 8 aprile 2009)
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