lunedì 18 maggio 2009

Mons. Franco: Continuare il cammino. Il nunzio in Israele dopo la visita di Benedetto XVI (Sir)


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Il nunzio in Israele dopo la visita di Benedetto XVI

Si è concluso venerdì 15 maggio il viaggio apostolico di Benedetto XVI in Giordania, Israele e Territori palestinesi.
Una visita che nelle intenzioni del Pontefice, voleva essere, innanzitutto un pellegrinaggio per venerare Luoghi Santi che “che hanno giocato una così importante parte in alcuni degli eventi chiave della storia biblica”, per incontrare le comunità cristiane locali e pregare per la pace.
Tutti gli interventi, discorsi ed omelie del Papa hanno richiamato a valori come solidarietà, dialogo, giustizia, riconciliazione. Di questo pellegrinaggio ne abbiamo parlato con il nunzio in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, mons. Antonio Franco.

Al termine del pellegrinaggio di Benedetto XVI in Giordania, Israele e Territori palestinesi, c’è un’immagine, un ricordo, che più di ogni altro le è rimasto vivo nella memoria?

“Il Papa ha lasciato ricordi bellissimi di questo tempo passato in Terra Santa, giorni vissuti intensamente, sia nei momenti un po’ più di tensione sia in quelli di partecipazione e commozione spirituale, più rilassati e sereni. È stato un viaggio dal bilancio estremamente positivo”.

L’arrivo di Benedetto XVI era stato segnato da qualche perplessità da parte dei cristiani locali, preoccupati che questa visita potesse essere una vetrina per Israele. Il Papa è riuscito a spazzare via i dubbi della vigilia?

“Benedetto XVI ha vissuto tutte le realtà della Terra Santa, lo ha fatto nella genuinità, nella realtà di quello che si vive giorno per giorno. Ha vissuto tutta la fatica, la difficoltà e anche la tensione di Gerusalemme, il clima più disteso a Betlemme e poi è stato a Nazareth nella semplicità e nella bellezza della famiglia, in un clima familiare.
Certamente sono cadute tante perplessità e tante difficoltà della vigilia, si è creato un clima di comunicazione profonda, nonostante non vi sia stato un incontro personale con ciascuno. Ma si è sentito il cuore del Papa vicino alle realtà della Terra Santa e questo tutti i nostri cristiani lo hanno avvertito in modo meraviglioso”.

Nel suo discorso di congedo, prima di rientrare in Italia, il Pontefice, ricordando di essere venuto “da amico degli Israeliani e del Popolo Palestinese” ha lanciato l’appello: “Non più spargimento di sangue! Non più scontri! Non più terrorismo! Non più guerra! Rompiamo il circolo vizioso della violenza”. Un messaggio che riassume tutti gli altri lanciati nei giorni precedenti e che ora chiede di essere messo in pratica...

“Benedetto XVI ha dato messaggi chiari e inequivocabili. Adesso tocca a noi, ed intendo in senso ampio anche i Governi, la Comunità internazionale, la Chiesa stessa, fare in modo che ci sia un seguito, che ci possa essere magari una svolta o un piccolo passo avanti in questo difficile e faticoso cammino verso la pace in Medio Oriente”.

Una delle istantanee più significative di questo viaggio è quella che ritrae il Pontefice che prende per mano un imam ed un rabbino, quasi in un filo unico di preghiera. Possiamo assumere questa immagine come simbolo del futuro del dialogo interreligioso in Medio Oriente?

“Sono i segni e i messaggi. Adesso è il tempo dell’impegno. Niente si fa con un tocco magico.
I segni e i messaggi vanno tradotti in realtà, va data loro concretezza, devono essere trasformati in esperienza quotidiana giorno dopo giorno.
Tocca a noi cristiani e ai fedeli delle altre religioni; tocca a tutti compiere un rinnovato sforzo di andare avanti, nonostante le difficoltà e di cercare di vivere quello che stiamo cercando di assimilare come ideale di vita, la solidarietà, la riconciliazione, la fraternità e la collaborazione. Questi valori rappresentano per il Medio Oriente l’acqua necessaria per far germogliare la vita”.

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