mercoledì 27 maggio 2009
L'aspetto geopolitico della visita del Papa in Terra Santa. Intervista a Lucio Caracciolo, direttore di “Limes” (Zenit)
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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE A CASSINO E MONTECASSINO (24 MAGGIO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG
L'aspetto geopolitico della visita del Papa in Terra Santa
Intervista a Lucio Caracciolo, direttore di “Limes”
di Roberta Sciamplicotti
ROMA, mercoledì, 27 maggio 2009 (ZENIT.org).
La visita di Benedetto XVI in Terra Santa, dall'8 al 15 maggio scorsi, è stata importante per dare coraggio alla comunità cristiana locale, diventata ormai “quasi una specie protetta” vista la sua esiguità.
E' quanto afferma Lucio Caracciolo, direttore di “Limes”, la rivista italiana di geopolitica, che ZENIT ha intervistato per conoscere le sue impressioni sul pellegrinaggio papale in Giordania, Israele e nei Territori palestinesi.
Qual è l'importanza geopolitica del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa?
Lucio Caracciolo: Dal punto di vista della Santa Sede la priorità in Terra Santa è evidentemente la protezione dei cristiani locali, ormai un esiguo manipolo, quasi una specie protetta. Contemporaneamente si trattava di dare alle parti in causa, nella fattispecie israeliani e palestinesi, così come agli altri Paesi arabi della regione, il senso della presenza della Santa Sede nella zona e una spinta per una pace negoziata.
Benedetto XVI ha dovuto calibrare ogni singola virgola dei suoi discorsi per evitare di suscitare polemiche troppo acute, e ci è riuscito abbastanza bene, anche se la sua posizione non ha convinto molto soprattutto la stampa israeliana, che è stata piuttosto ingenerosa nei suoi confronti.
Ad ogni modo, ha evitato gli incidenti diplomatici che alcuni avevano paventato se non auspicato.
La parte più importante del viaggio è stata l'evocazione dell'ombra del muro che taglia la Terra Santa, che dal punto di vista della Chiesa deve essere eliminato.
Quali erano le aspettative per questa visita? Crede che siano state soddisfatte?
Lucio Caracciolo: Le aspettative erano piuttosto basse sul fronte israeliano, maggiori su quello palestinese. Israele, ma direi il mondo ebraico in generale, ha avuto molte questioni di attrito con la Chiesa e con questo Papa in particolare. In questo contesto, la visita di Benedetto XVI era quasi una sorta di atto dovuto. Il Papa ha mostrato notevole cautela e un'adesione emotiva in occasione di certi eventi, particolarmente con la visita al Memoriale dell'Olocausto di Yad Vashem.
Quanto ai palestinesi, non potendo contare su un grande supporto internazionale e avendo una minoranza cristiana non insignificante tra di loro speravano forse in qualcosa di più. La divisione interna tra l'islamismo di Hamas e Fatah indebolisce il fronte palestinese e il Papa non può fare troppo al riguardo. Il suo obiettivo è quello di sostenere la comunità cristiana, visto che la storica presenza cristiana nel mondo arabo è in via di scomparsa.
Pensa che il viaggio papale avrà delle ripercussioni sulla situazione mediorientale?
Lucio Caracciolo: Sinceramente no. Ritengo che la visita non abbia sostanzialmente toccato gli equilibri mediorientali, né lo poteva fare. Il Papa non ha una forza politica o strategica tale da alterare la situazione. Ha fatto ciò che poteva fare un'autorità spirituale e l'ha fatto con la cautela che la diplomazia imponeva e con l'invocazione della pace che il suo ruolo lo porta a lanciare.
A suo avviso qual è la soluzione migliore, o quella più praticabile, per raggiungere la pace in Terra Santa?
Lucio Caracciolo: Servirebbe una sorta di illuminazione divina che tocchi tutte le parti in causa. Al momento non credo ci siano le condizioni per una pace. La pace non è solo un trattato, è più una sorta di condivisione spirituale, e ora gli spiriti sono divisi e ostili. Nella migliore delle ipotesi, si potrà mantenere o status quo e cercare di migliorarlo, ma penso che sarà molto difficile raggiungere la pace.
“Limes” ha anche un'edizione on line, consultabile all'indirizzo http://temi.repubblica.it/limes/
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3 commenti:
Lucio Caracciolo ... mah ...
Alessia
Le aspettative erano piuttosto basse sul fronte israeliano, maggiori su quello palestinese. Israele, ma direi il mondo ebraico in generale, ha avuto molte questioni di attrito con la Chiesa e con questo Papa in particolare. In questo contesto, la visita di Benedetto XVI era quasi una sorta di atto dovuto.
E qui ti volevo!!!!!!! Figuriamoci se non veniva riproposto il solito stomachevole confronto col predecessore. Quali problemi avrebbe avuto Israele con questo Papa? Incomprensioni? Oppure diciamola tutta c'è stata da parte dello stato Israeliano la voglia di non recepire certe chiarificazioni importanti per il dialogo? Il viaggio un atto dovuto? Ma dovuto a chi? Questa è la stessa storia del Viaggio in Turchia fatto per riparare al disastro provocato dai media del discorso di Ratisbona.
MA PER FAVORE!!!!!!!!
io credo che, "con questo papa in particolare", anzi, con questa persona in particolare, il mondo ebraico avrebbe di che baciarsi i gomiti. Dalle mie parti si dice così.
Quanto all'influenza dei papi sulle situazion geopolitiche, sono d'accordo che il loro influsso è relativo. Come nel caso di GPII e dei fatti che seguirono al suo viaggio in Terrasanta.
Nessuno però può impedirsi di sperare.
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