mercoledì 6 maggio 2009

Mons. Twal: «Papa in Terra Santa una benedizione per tutti» (Geninazzi)


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INTERVISTA

Twal: «Papa in Terra Santa una benedizione per tutti»

Dal nostro inviato a Gerusalemme Luigi Geninazzi

«Sarà una benedizione per tutti, cristiani, musul­mani ed ebrei». Non ha dubbi monsignor Fouad Twal, pa­triarca della Chiesa latina di Geru­salemme.
Invece che soffermarsi sulle difficoltà e sui rischi connes­si alla visita che Benedetto XVI ini­zierà l’8 maggio in Terra Santa pre­ferisce andare all’essenziale, cui guarda con grande fiducia e sere­nità. 68 anni, figura massiccia e im­ponente, da meno di un anno si tro­va a capo della comunità cristiana che è la madre di tutte le Chiese, la diocesi di Gerusalemme.
Nativo della Giordania non nasconde la sua profonda soddisfazione per il fatto che il Papa inizierà il suo pel­legrinaggio proprio da da questo Paese. Ed in quest’intervista al no­stro giornale racconta le attese e le speranze che si concentrano su questo viaggio.

Alla vigilia del suo pellegrinaggio in Terra Santa Benedetto XVI chie­sto ai fedeli una speciale preghie­ra per il popolo palestinese dicen­dosi vicino alle sue sofferenze. Sarà l’aspetto predominante della visi­ta?

Certamente questo è uno dei mo­tivi principali che espliciterà nei di­scorsi ed anche coi gesti. Il Papa si china su tutti i sofferenti: andrà a Yad Vashem, il memoriale della Shoah, per ren­dere omaggio al popolo ebraico, così come si re­cherà al campo profughi di Aida, a Betlemme, do­ve da decenni vi­vono i rifugiati palestinesi. Ri­corderà le ferite del passato e quelle del presen­te che devono an­cora essere guari­te.

Cosa si aspettano i cristiani di Terra Santa dalla visita del Papa?

Si aspettano pa­role chiare e forti per vivere la pro­pria fede in un contesto molto difficile. Hanno bi­sogno di essere incoraggiati, di ve­dere e di sentire che il Santo Padre è venuto soprattutto per loro. E cre­do che questo loro desiderio sia più che legittimo. Il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa è al tempo stesso una visita pastorale alla nostra comunità. Questo è il senso essenziale della sua visita. Senza dimenticare ovviamente gli altri aspetti, a cominciare dall’im­pulso che darà al dialogo inter-re­ligioso. Ed inevitabilmente avrà an­che un significato politico, perché viene ad invocare pace e riconcilia­zione in un terra di grandi tensioni e d’interminabili conflitti.

Vede grandi diffe­renze rispetto al viaggio compiuto in Terra Santa da Giovanni Paolo II nel 2000?

A mio avviso il confronto non va fatto tra le due vi­site ma tra la si­tuazione di allora e quella attuale. Se a quel tempo c’e­ra una grande speranza oggi in­vece domina la delusione. La gen­te è molto stanca, non ce la fa più. Ha visto passare sulla propria testa iniziative di pa­ce, road map, Annapolis, ma nella realtà nulla è cambiato.

L’attenzione dei mass- media a questo viaggio è puntata soprat­tutto su Israele e palestinesi. Ma la prima tappa sarà la Giordania do­ve il Papa si fermerà ben tre gior­ni. Qual è il significato di questa vi­sita?

Come i suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II anche Bene­detto XVI inizia il suo pellegrinag­gio apostolico dalla Giordania do­ve si trovano tanti luoghi della sto­ria sacra che il Papa visiterà. Inol­tre in Giordania si trova la comu­nità cristiana più consistente della Terra Santa anche perché ai fedeli locali si sono aggiunti via via tanti profughi, dapprima palestinesi e recentemente anche iracheni. Sarà l’occasione per allargare lo sguar­do ai cristiani di tutto il Medio O­riente che saranno rappresentati al più alto livello da quattro patriarchi.

Nel corso della sua visita il Papa farà qualche accenno a Gaza, sem­pre dominata da Hamas e recen­temente stremata da una guerra sanguinosa?

Qualcuno aveva espresso il deside­rio che Benedetto XVI si recasse a Gaza ma non è stato possibile. Ed allora, se il Papa non ci può anda­re, saranno quei di Gaza a venire da lui. Abbiamo chiesto i permessi per 250 persone, cattolici ma anche or­todossi e musulmani, in quanto la nostra comunità di fedeli a Gaza non supera le 300 persone. Non sappiamo ancora quanti permessi saranno rilasciati dalle autorità i­sraeliane. Speriamo in bene. E’ pre­visto che Benedetto XVI li incontri a Betlemme, nel palazzo presiden­ziale dell’Autorità palestinese.

Ci sono polemiche sulla visita del Papa al campo profughi di Aida. I palestinesi avrebbero voluto che l’incontro si svolgesse a ridosso del muro costruito attorno a Betlem­me ma invece, per imposizione delle autorità israeliane, si terrà nella scuola dell’Onu...

No, no. Le cose non stanno in que­sto modo. Fin dall’inizio era previ­sto che l’incontro si tenesse nella scuola. Poi, presi dall’entusiasmo, alcuni rappresentanti dei rifugiati hanno pensato di costruire un grande palco per il Papa a ridosso del muro. Ma tutto questo non cambia il messaggio che il Papa ri­volgerà ai profughi palestinesi.

Non teme le strumentalizzazioni politiche che verranno fatte dei ge­sti e delle parole del Santo Padre?

Vede, questa visita di Benedetto X­VI in Terra Santa è come una bella torta di cui tutti non solo vogliono avere una fetta ma pretendono che la loro sia la porzione più grande. Ciascuno ha la propria sensibilità, il proprio punto di vista che spes­so è in netto contrasto con quello degli altri. Sono sicuro che il Papa saprà trovare le parole giuste, sen­za offendere nessuno ma invitan­do tutti a guardare più in alto.

© Copyright Avvenire, 6 maggio 2009 consultabile online anche qui.

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