martedì 7 luglio 2009

La via e la luce. Sintesi dell’enciclica di Benedetto XVI (Sir)


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IL TESTO INTEGRALE DELL'ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE"

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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ENCICLICA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI DAL TITOLO: "CARITAS IN VERITATE"

Card. Cordes: "l’azione sociale non può venire ridotta a semplice volersi bene umano o a filantropia" (Sir)

Card. Martino: La Carità è la via maestra della Dottrina sociale della Chiesa (Sir)

«Caritas in veritate». "Etica nell'economia": l'enciclica del Papa (Calabrò e Vecchi con brani dell'enciclica)

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«Caritas in veritate». Oggi la presentazione (Cardinale)

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Il G8 del Papa (Luca Pesenti)

Il Concilio Vaticano II e l' “ermeneutica evolutiva”. Recensione all'ultimo libro di Mons. Gherardini (Zenit)

ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE": LO SPECIALE DEL BLOG

CARITAS IN VERITATE - La via e la luce

Sintesi dell’enciclica di Benedetto XVI

La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa e va compresa alla luce della verità rappresentata dall’annuncio cristiano: è questo il pensiero-guida presente nell’introduzione della nuova enciclica, sul quale papa Benedetto XVI ha scelto di costruire il titolo, “Caritas in Veritate” (testo integrale in .pdf: clicca qui).
L’attuale enciclica si pone sulla scia della “Populorum Progressio” di Paolo VI, che viene definita “la Rerum Novarum dell’epoca contemporanea”. La Chiesa, si dice ancora nell’introduzione, pur non avendo soluzioni tecniche per i problemi, intende sottolineare però che il vero progresso deve coniugare sviluppo tecnico e potenziale di amore, per vincere il male con il bene.

Dopo la “Populorum Progressio”.

Il primo capitolo, intitolato “Il messaggio della Populorum Progressio” (paragrafi 10-20), sottolinea come già Paolo VI nell’enciclica del 1967 abbia evidenziato che lo sviluppo è vocazione perché nasce da un appello trascendente e che lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli. Il sottosviluppo nasce dalla mancanza di fraternità e la società globalizzata ci rende più vicini ma non ci rende fratelli.

Odierni problemi per lo sviluppo.

Il secondo capitolo, intitolato “Lo sviluppo umano nel nostro tempo” (paragrafi 21-33), si apre notando che Paolo VI aveva una visione articolata dello sviluppo, termine con cui intendeva l’obiettivo di far uscire i popoli dalla fame, dalla miseria, dalle malattie endemiche, dall’analfabetismo. A tanti anni di distanza vediamo l’emergere di problemi nuovi quali la globalizzazione, un’attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, i flussi migratori, lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra. Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti ma aumentano le disparità; gli aiuti internazionali sono spesso distolti dalle loro finalità; sono presenti corruzione e illegalità; c’è un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale specie nel campo sanitario. Così rimangono vaste sacche di povertà e nazioni dove i diritti non sono rispettati.

Per una cultura personalistica.

Nel terzo capitolo, intitolato “Fraternità, sviluppo economico e società civile” (paragrafi 34-42), si ribadisce che per la dottrina sociale sono importanti la giustizia distributiva e la giustizia sociale come criteri regolativi dell’economia di mercato. Servono leggi giuste, forme di ridistribuzione guidate dalla politica, opere che rechino impresso lo spirito del dono. Tra l’altro si nota che oggi cresce una classe cosmopolita di manager che si fissa da sé i compensi e risponde solo agli azionisti mentre investire e produrre hanno sempre un significato morale. Il Papa invita a impegnarsi per favorire un orientamento culturale personalista e comunitario.

Vita, etica, ambiente.

Il quarto capitolo, intitolato “Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente” (paragrafi 43-52) rileva che non si possono svincolare i diritti individuali da una visione complessiva di diritti e doveri, altrimenti la rivendicazione dei diritti diventa l’occasione per mantenere il privilegio di pochi. Ad esempio nel campo demografico, la Chiesa ribadisce che la crescita demografica non è la causa prima del sottosviluppo e l’apertura alla vita è una ricchezza sociale. Si parla quindi di finanza etica, di tutela dell’ambiente, di uso responsabile delle risorse energetiche, di rispetto del diritto alla vita e alla morte naturale. Si chiede di non sacrificare embrioni e di diffondere il concetto di “ecologia umana”.

I rapporti tra gli uomini oggi.

Il quinto capitolo, intitolato “La collaborazione della famiglia umana” (paragrafi 53-67) ribadisce che lo sviluppo dei popoli dipende dal riconoscimento di essere una sola famiglia. Si parla di libertà religiosa, dialogo tra credenti e non credenti, ruolo della cooperazione internazionale per lo sviluppo. Si riflette anche sul turismo internazionale come fattore di crescita, se non vissuto in modo edonistico; delle organizzazioni sindacali chiamate a farsi carico dei problemi di tutti i lavoratori; di garanzie nella finanza internazionale; di una riforma delle Nazioni Unite al fine di perseguire un autentico sviluppo di tutti i popoli.

Compiere scelte “morali”.

Il sesto capitolo, intitolato “Lo sviluppo dei popoli e la tecnica” (paragrafi. 68-77), nota come la tecnica possa prendere il sopravvento quando efficienza ed utilità diventano unico criterio della verità. Invece la libertà umana si esprime quando risponde al fascino della tecnica con decisioni frutto di responsabilità morale. Lo sviluppo dei popoli non dipende da soluzioni tecniche ma dalla presenza di uomini retti e che vivono fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune. Il Papa parla quindi della “questione antropologica”, citando la manipolazione della vita, l’aborto, la pianificazione eugenetica delle nascite, l’eutanasia, tutte pratiche che alimentano una concezione materiale e meccanicistica della vita umana.

Aprirsi a Dio.

Nella conclusione (paragrafi 78-79) si ribadisce che la disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli. L’umanesimo che esclude Dio è disumano. Il Papa sottolinea che il vero sviluppo ha bisogno di credenti con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, consapevoli che l’amore pieno di verità da cui procede l’autentico sviluppo non è da noi prodotto ma ci viene donato.

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