domenica 20 settembre 2009

Card. Sandri: «Il Sinodo porterà frutti spirituali e il rilancio del dialogo ecumenico e interreligioso» (Cardinale)


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l’intervista

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Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali: «Il Sinodo porterà frutti spirituali e il rilancio del dialogo ecumenico e interreligioso»

Il cardinale argentino ha partecipato, con Bertone, all’incontro del Papa coi patriarchi. «Un segno di vicinanza a terre martoriate»

DA ROMA GIANNI CARDINALE

Il cardinale argentino Leonardo Sandri è il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Insieme al segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, ha partecipato all’incontro di Castel Gandolfo di Benedetto XVI con tutti i patriarchi e arcivescovi maggiori delle Chiese di rito orientale in comunione con Roma. Entrambi i porporati, insieme ad alcuni collaboratori, avevano avuto un incontro preparatorio con i gerarchi orientali venerdì pomeriggio. Per illustrare l’incontro in cui il Papa , tra l’altro, ha annunciato la celebrazione nel 2010 di un Sinodo speciale per il Medio Oriente, raggiungiamo al telefono il cardinale Sandri quando si sta preparando per recarsi al Santuario di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo.

«L’ho detto anche al Santo Padre – ci dice – metterò ai piedi di san Pio tutte le intenzioni maturate oggi, soprattutto quelle della pace, dell’unità della testimonianza della Chiesa in Oriente ».

Eminenza, cosa ci può raccontare di questo incontro del Papa con gli undici capi delle Chiese cattoliche di rito orientale?

Tutti i patriarchi e gli arcivescovi maggiori hanno rinnovato la loro fedeltà, obbedienza e lealtà nei confronti del successore di Pietro, nella persona di Papa Benedetto XVI. Questo, ecclesiologicamente, è la base, la forza del loro inserimento nella vita della Chiesa universale. Costituendo così le Chiese orientali cattoliche che sono, come amava ripetere Giovanni Paolo II, l’altro polmone della Chiesa. Poi ciascuno di essi, con tutta chiarezza e onestà, ha espresso i problemi principali che li assillano.

Quali?

Si tratta soprattutto dei problemi che possono nascere per la limitazione della loro giurisdizione nei territori non patriarcali.

Di cosa si tratta?

Queste chiese cattoliche di rito orientale vivono il problema di una forte emigrazione di propri fedeli dai territori dove sono storicamente nate. Così alcune di queste Chiese si trovano ad avere più fedeli fuori che dentro il proprio territorio patriarcale. E quindi hanno bisogno di costituire delle strutture, che bisognerà studiare, per poter assistere pastoralmente questi loro fedeli, nei Paesi del Golfo, ad esempio, o nei Paesi Europei. Questa esigenza vale in modo particolare per i cattolici di rito orientale: ucraini, romeni e indiani. Il Papa , che per altro era già stato informato di queste questioni, ha ascoltato con grande attenzione e alla fine ha offerto anche appropriati orientamenti.

Sembra particolarmente urgente la questione dell’assistenza dei cattolici orientali nei Paesi del Golfo Persico e in Kuwait...

In effetti in quei paesi si trovano migliaia e migliaia di cattolici filippini, di rito latino, e indiani, di rito latino ma anche siro-malabaresi e siro-malankaresi. E i pastori di queste chiese cattoliche orientale vorrebbero avere anche loro la possibilità di seguire i loro fedeli nel modo dovuto. Ma anche in Italia, ad esempio, con l’accordo delle gerarchie locali, i tanti immigrati ucraini e romeni hanno bisogno anch’essi di una assistenza spirituale adeguata. Altrimenti non ci possiamo lamentare se si rivolgono alle comunità ortodosse o alle sette protestanti.

Quali altri problemi sono stati trattati?

Un’altra questione – riguardante soprattutto l’Europa orientale – concerne gli edifici di culto dei greco-cattolici che vennero confiscati e che, al contrario di quanto avvenuto per altre Chiese e comunità cristiane, non sono stati restituiti. È un problema di fondo, di libertà religiosa che deve valere per tutti e non solo per i culti che sono maggioritari in un Paese. Noi cattolici siamo molto larghi in questo, difendiamo e garantiamo i diritti degli altri cristiani nei paesi dove siamo maggioranza. Purtroppo laddove i nostri confratelli sono minoranza, molte volte non sono trattati con la stessa dignità.

In coda al suo discorso di ieri il Papa ha anche annunciato la celebrazione di un Sinodo speciale per il Medio Oriente. Il primo del genere, visto che in passato non ci sono stati Sinodi regionali, ma solo generali, continentali o riguardanti un solo Paese (Olanda e Libano).

Si tratta di un annuncio che di per sé non riguarda tutti i patriarcati e arcivescovadi maggiori presenti – come gli ucraini, i romeni e gli indiani – ma che manifesta la vicinanza del Papa per questa regione del mondo particolarmente martoriata da conflitti che non finiscono e che portano emigrazione, disagio, perdita anche della presenza dei cristiani che sono un elemento essenziali di questi Paesi come esempio di convivenza con altre religioni.

Quindi si tratterà di un Sinodo con una forte implicazione, per così dire, 'inter- religiosa'...

E anche ecumenica. Sarà un momento molto importante, anche perché noi possiamo vedere le cause esterne che possono incidere nelle situazioni di crisi che caratterizzano il Medio Oriente: la guerra, il terrorismo, la violenza. Ma la cosa principale è che la Chiesa stessa abbia un momento di 'autocoscienza' del proprio dovere e impegno di vivere la vita cristiana come si deve. E questo sarà una spinta in più per la pace, per il dialogo ecumenico e per quello interreligioso. Non ho dubbi che questo Sinodo speciale porterà molti frutti spirituali per tutto il Medio Oriente.

I lavori preparatori cominceranno subito?

Certamente. È già stata nominata una commissione preparatoria di cui – insieme ad alcuni Patriarchi – è membro anche il sottoscritto, e i cardinali Ivan Dias di Propaganda Fide, Walter Kasper, del Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e Jean-Louis Tauran del dicastero per il dialogo inter-religioso.

© Copyright Avvenire, 20 settembre 2009

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