sabato 5 settembre 2009

Il fango e l’orgoglio. Boffo consegna la resa alla Cei dopo sette giorni di mostrificazione (Il Foglio)


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IL "CASO" DINO BOFFO: RASSEGNA STAMPA

Il fango e l’orgoglio. Boffo consegna la resa alla Cei dopo sette giorni di mostrificazione

Il direttore di Avvenire Dino Boffo si è dimesso ieri mattina con una lunga lettera inviata al presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco.
Alla fine ha gettato la spugna, esattamente sette giorni dopo l’attacco di Vittorio Feltri definito dallo stesso Boffo “smisurato, capzioso, irritualmente feroce”. Boffo, oltre ad Avvenire, lascia la direzione di Sat 2000 e del circuito In Blu Radio ma mantiene gli incarichi nel comitato del progetto culturale della Cei presieduto da Ruini e nell’Istituto Toniolo che amministra l’Università Cattolica. Era arrivato ad Avvenire nel 1989. Direttore dal 1994, era divenuto grazie anche alla fiducia che riponeva in lui il cardinale Camillo Ruini una pedina fondamentale all’interno della Cei. Professionista capace, dava voce sul suo giornale a tutte le anime presenti nella chiesa italiana e lo faceva in piena sintonia con la linea di Ruini.
Per sette giorni la chiesa italiana ha preso ufficialmente le difese di Boffo. Non soltanto Ruini, ma anche Angelo Bagnasco e il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone, insieme con tanti presuli e porporati, hanno espresso stima incondizionata per lui e il suo lavoro. Bagnasco, prendendo atto con rammarico delle dimissioni, ha rinnovato a Boffo, tramite un comunicato stampa, “l’inalterata stima per la sua persona, oggetto di un inqualificabile attacco mediatico”. Poi, il montare delle polemiche, sempre più amplificate dai media, ha costretto Boffo alle dimissioni. Si dice che sia stato un “crollo” suo. Ovvero che Bagnasco avrebbe preferito che rimanesse al suo posto, ma che per il bene della chiesa Boffo abbia volontariamente e autonomamente deciso di farsi da parte.
Questo è quanto si evince anche dalla lettera scritta da Boffo a Bagnasco: “La mia vita e quella della mia famiglia, le mie redazioni, sono state violentate con una volontà dissacratoria che non immaginavo potesse esistere”. Nel merito Boffo ha riconfermato, ancora una volta, che “lo scandalo sessuale” sventagliatogli contro “era una colossale montatura romanzata e diabolicamente congegnata”. E ha definito l’attacco di Feltri come un’azione “senza alcuna plausibile, ragionevole, civile motivazione: un opaco blocco di potere laicista si è mosso contro chi il potere, come loro lo intendono, non ce l’ha oggi e non l’avrà domani”. Parole, quelle dell’“opaco blocco di potere laicista”, che sembrano confermare come l’origine della vicenda, fino alle dimissioni di ieri, debba essere letta più in chiave politica che intra ecclesiale. Boffo, probabilmente, paga l’aver dato voce sul suo giornale a critiche anche pesanti verso il premier e verso l’operato del governo. Del resto, è quanto ha fatto capire anche il direttore dell’Osservatore Romano, Gian Maria Vian, in un’intervista al Corriere della Sera laddove ha dichiarato che sul suo giornale, a differenza di quanto avvenuto su Avvenire, critiche al governo e al premier non hanno mai avuto spazio (e per questo nella lettera di Boffo è stato definito, senza nominarlo, un “vanesio che parla a vanvera”). Se è vero che due giorni fa Benedetto XVI, oltre a manifestare stima alla Cei, ha chiesto al cardinale Bagnasco “chiarimenti” su tutta la vicenda, sembra inverosimile una pressione vaticana in favore dell’uscita di scena di Boffo. Tanto meno una pressione del Papa.

Il peso di Bertone sul futuro del quotidiano

Via Boffo, termina de facto l’era ruiniana e si apre per il giornale dei vescovi un’epoca non facile. Perché sono le diverse anime della chiesa rappresentate da Avvenire che perdono, in una sola volta, una persona capace di comprenderle tutte e tutte conciliarle. Boffo le ha armonizzate fino all’ultimo, come il dibattito aperto su Avvenire intorno alla vita privata di Silvio Berlusconi dimostra. Boffo ha cavalcato l’idea ruiniana della non rappresentanza politica dei cattolici in un unico partito, e insieme ha saputo valorizzare le esperienze politiche di tutti i cattolici. Sia quelli più vicini al centrodestra che quelli più in sintonia col centrosinistra, fino a concedere, durante l’ultima campagna elettorale, grande spazio a un’Udc in difficoltà a motivo del suo correre in solitaria.
Ora, per il giornale dei vescovi italiani si apre una fase non facile. Ad interim, direttore è stato nominato Marco Tarquinio un editorialista autorevole ed equilibrato. Nei prossimi giorni Bagnasco farà partire una serie di consultazioni in modo da arrivare ad avere a fine mese, e cioè per il prossimo consiglio permanente in programma a Roma, dei candidati plausibili da proporre al vaglio dei vescovi. Quel che è certo è che sul nome del futuro di Avvenire peserà molto il parere del Vaticano e in particolare quello del cardinale Tarcisio Bertone. Il futuro direttore dovrà essere gradito dal Vaticano che sulla Conferenza episcopale italiana ripone, detto in ecclesialese, “speranze e attese”.

© Copyright Il Foglio, 4 settembre 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

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