sabato 5 settembre 2009
Cattiva stampa e videoindecenze: giudicate voi, giudicate adesso (Marco Tarquinio)
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IL "CASO" DINO BOFFO: RASSEGNA STAMPA
Leggiamo e poi commentiamo:
Anche sui giornali e in tv non può esserci liberta senza responsabilità
Cattiva stampa e videoindecenze: giudicate voi, giudicate adesso
Marco Tarquinio
C’è più di un problema nel mondo dell’informazione italiana. Ma qui, oggi, vogliamo sottolinearne uno che rischia di non essere messo a fuoco nel momento in cui, giustamente, ci si interroga e ci si allarma sulla sorte della libera stampa nel nostro Paese. La libertà senza responsabilità non ha senso, e l’esercizio irresponsabile della libertà diventa inesorabilmente una maledizione per ogni comunità civile. E quella di chi fa e legge i giornali, di chi fa e ascolta e vede i radiotelegiornali, è – dovrebbe essere – una comunità civile.
Noi di Avvenire – la «voce delle voci» dei cattolici italiani che Dino Boffo per 15 anni ha portato con libertà e responsabilità in edicola – ci sentiamo parte di questa comunità civile, ci sentiamo e siamo al servizio dei suoi membri più importanti: coloro che ci leggono, coloro che ci guardano e che ci ascoltano. Sono loro, prima di tutto, che giudicano del nostro grado di libertà e di responsabilità, della nostra pulizia e della nostra coerenza.
E noi – oggi che siamo stati trascinati in una battaglia insensata dalla premeditata aggressione compiuta contro il nostro direttore da quanti hanno esercitato una libertà senza alcuna responsabilità – vogliamo riflettere pubblicamente a partire da questo punto cruciale. Restando noi stessi. Sperando di essere ascoltati dai nostri colleghi giornalisti. Contando soprattutto su chi legge, guarda e ascolta coloro che "danno le notizie".
In queste ore, il presidente dell’Ordine dei giornalisti Lorenzo Del Boca ha invocato un «passo indietro» e ha richiamato al dovere morale di usare i media con una «maggiore sobrietà di atteggiamenti». Si è rivolto ai professionisti dell’informazione. E ha argomentato: «La funzione dei giornali, delle radio, delle tv e del mondo web è talmente importante e fondamentale nella vita civile di una comunità che non può ridursi – peggio se per propria scelta – a un battibecco dai toni sempre più accesi e sempre meno comprensibili». Ha parlato di deontologia, Del Boca. E questo è l’altro nome della libertà responsabile.
Siamo così d’accordo con lui, noi di Avvenire, che da venerdì 28 agosto a oggi – con naturale adesione all’imput che ci veniva dal nostro direttore – non abbiamo consentito a chi aveva sferrato il menzognero attacco a Dino Boffo e alla libera voce di questa testata di "commissariare" le nostre pagine con una sporca non-notizia. Abbiamo continuato, invece, a scrivere dell’Italia e del Mondo, dando conto con chiarezza esclusivamente nelle pagine dedicate al dialogo con i lettori dell’inconsistenza di quella maligna campagna diffamatoria costruita – nei titoli e negli articoli del "Giornale" diretto da Vittorio Feltri – su una lettera anonima travestita da «documento del casellario giudiziario».
E in quegli stessi giorni abbiamo fermamente e cortesemente declinato ogni invito a incrociare le voci – attraverso i mass media radiofonici e televisivi – con coloro che a questa inconcepibile e feroce gazzarra "punitiva" avevano dato il via.
Da cronisti e da portatori di opinioni ci confrontiamo senza timori e senza reticenze con ogni fatto e ogni interlocutore, ma proprio perché crediamo nel dialogo riteniamo che non si possa e non si debba mai recitare una finzione di dialogo. E così abbiamo scelto di non consegnarci ai caotici «battibecchi» soprattutto televisivi evocati da Del Boca e cari, ormai da anni, agli spacciatori di spazzatura.
Osavamo sperare che le nostre scelte facessero riflettere.
E che alla riflessione seguissero scelte giornalistiche conseguenti. Raccontare, ovvio, il "caso" violentemente aperto dal "Giornale", ma con tenace precisione, dopo aver verificato fatti, situazioni e fonti, nel massimo rispetto delle persone a torto o a ragione coinvolte. Molti colleghi, su tante testate quotidiane, hanno mostrato a noi e ai loro lettori che questo è ancora possibile nel nostro Paese. Un gruppo graniticamente inquadrato di giornali ha fatto esattamente l’opposto.
E la magna pars dell’informazione televisiva pubblica e privata ha finito per amplificare le loro cannonate in faccia alla verità.
Le falsità e le deformazioni sulla persona di Dino Boffo hanno avuto – per giorni – uno spazio tv irrimediabilmente insultante. Di Avvenire e della sua linea politica è stata fatta anche in tv una interessata caricatura. E questo perché Feltri & Co. sono stati fatti dilagare sul piccolo schermo con le loro tesi e (man mano che la verità veniva a galla) i loro aggiustamenti di tesi. E quando non sono stati loro – gli sbandieratori di una ignobile lettera anonima – a occupare lo schermo, le notizie di chiarimento venute dalla magistratura di Terni sono state ignorate o sminuzzate. Confuse in un polverone di chiacchiere in politichese. Tutt’al più di querimonie su una privacy violata, quando c’era una verità di vita fatta a pezzi. Un’autentica videoindecenza.
Qualcuno dirà: gli assenti hanno sempre torto. Ma noi di Avvenire non siamo stati affatto assenti: non siamo andati in tv a impersonare la parte del calunniato che fa da comparsa nello spettacolo del suo calunniatore, che è cosa ben diversa.
Tutto questo è accaduto sotto gli occhi dei nostri concittadini, lettori e telespettatori. Tutto questo è sotto gli occhi dei cattolici italiani. Che giudichino loro – in edicola e col telecomando – questa libertà irresponsabile che, ancora una volta, nessun altro, neppure l’Ordine dei giornalisti, appare in grado di giudicare. Giudichino loro la stampa della falsità e della cattiveria. Giudichino le videoindecenze.
© Copyright Avvenire, 5 settembre 2009 consultabile online anche qui.
Concordo con quanto scritto da Tarquinio.
Anche noi del blog ci siamo resi conto di uno strano corto circuito dell'informazione televisiva. Ricordate? Ci siamo chiesti come mai i servizi sul caso Boffo non fossero affidati ai vaticanisti ma ad altri giornalisti.
Inoltre lo spazio riservato alla polemica nei sei telegiornali nazionali e' stato francamente ridicolo.
Due o tre minuti magari in apertura di Tg e poi si passava subito ad altro a fronte dei venti e piu' minuti dedicati alla vicenda da Skytg24.
Si'! Ancora una volta il Tg di Sky si e' dimostrata la voce piu' libera nel panorama italiano.
Certo! Sappiamo chi e' l'editore di Sky e sappiamo come la pensa politicamente, ma nessuno puo' negare che in questi giorni il telegiornale satellitale ha fornito un servizio senza pregiudizi e di altissimo livello.
Sconfortante e sconsolante il panorama dei telegiornali nazionali, pubblici e privati.
R.
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2 commenti:
Tante parole, tante parole, ma a me sembra tutto abbastanza semplice da interpretare in tutta questa brutta vicenda. Il contesto in cui è il tutto è maturato era quello di un gioco al massacro, di una vera e propria guerra , la notizia pubblicata da Feltri è stata la reazione alla campagna contro Berlusconi, (reazione per molti eccessiva, per altri commisurata agli attacchi). In ogni caso è stato bene che tutti i cattolici abbiano saputo questa cose gravissime, male ha fatto chi all'epoca dei fatti non è intervenuto, avrebbe potuto evitare l'attuale duro colpo alla credibilità della Chiesa. Inaudito che per arrivare alle dimissioni dell'ex Direttore di Avvenire ci sia voluto l'intervento decisivo di Papa Benedetto. Che brutta prove di sè sta dando questa Chiesa lacerata! Buona giornata Carla
Toh, questa volta, Raffaella carissima, la penso diversamente da te, anche se ammetto subito che parlo in astratto. In questo senso: io non guardo la TV e quindi mi sono risparmiata tutti i servizi televisivi sul caso Boffo di qualunque emittente.
Tuttavia, basandomi su ciò che hai scritto, penso che, se consideriamo l'importanza "oggettiva" e non "mondana" della vicenda, 3 minuti saran forse troppo pochi, ma 20 sono decisamente troppi!
Più ci penso e più mi convinco che su questa vicenda siano state spese davvero troppe parole, parole sulle parole e anche troppe parole vane.
Anch'io preferirei non aggiungerne altre, cercando di ricordare che
Nel molto parlare, non manca la colpa.
Prv 10,19
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