martedì 23 dicembre 2008

Metodi indiretti per la scoperta di pianeti simili alla Terra: il colore delle piante aliene (Osservatore Romano)


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Metodi indiretti per la scoperta di pianeti simili alla Terra

Il colore delle piante aliene

di Maria Maggi

Il primo pianeta extrasolare fu scoperto tredici anni fa dagli astronomi svizzeri dell'osservatorio di Ginevra Michel Mayor e Didier Queloz. Si trattava di un corpo celeste orbitante attorno alla stella 51 Pegasi b. Usarono un metodo di rilevazione indiretto, basato sulle perturbazioni gravitazionali impresse dal pianeta al moto della stella attorno a cui ruota. Da allora le scoperte si sono susseguite. Ora sono circa duecentocinquanta i pianeti extrasolari trovati.
Nessuno assomiglia alla Terra. In genere si tratta di pianeti giganti gassosi, di massa simile o maggiore a quella di Giove, ma su orbite estremamente più vicine alle loro stelle di quanto sia l'orbita di Giove attorno al Sole.
Come si può fare per individuare un pianeta simile alla Terra? L'idea più semplice è prendere un'immagine del suo sistema planetario dove il pianeta apparirà come un punto debolmente luminoso vicino alla sua stella. Purtroppo, il pianeta è così poco luminoso rispetto alla stella e angolarmente così vicino a essa che rimane "annegato" nel bagliore della stella. Osservare pianeti di tipo terrestre attorno ad altre stelle è un'impresa di difficoltà eccezionale. Un pianeta come la Terra, infatti, non emette luce, ma riflette quella della stella attorno a cui orbita. Inoltre, alla distanza tipica a cui si trovano le stelle più vicine a noi, qualche decina di anni-luce, la separazione Terra-Sole corrisponderebbe a circa 0,1 secondi d'arco (la dimensione di un'arancia vista da duecento chilometri di distanza), al limite delle capacità dello strumento che produce le immagini più precise di cui disponiamo: il telescopio spaziale Hubble. Nell'attesa di essere in grado di rilevare un pianeta di tipo terrestre direttamente, la ricerca è iniziata con metodi indiretti.
Ci sono vari metodi dinamici, che consistono nell'individuare la perturbazione indotta dalla rivoluzione orbitale del pianeta sul moto della stella. In questo modo si sono scoperti finora la maggior parte dei pianeti extrasolari. Un altro metodo consiste nell'osservazione di una piccolissima diminuzione della luminosità di una stella quando un pianeta le passa davanti occultando una parte della sua superficie. Un altro ancora si basa sull'effetto della lente gravitazionale, previsto nella teoria della gravitazione di Einstein, che avviene quando un corpo celeste, nel suo moto, viene a trovarsi circa sulla linea visuale di una stella lontana e così ne amplifica la luminosità apparente. Infine si possono scoprire i dischi circumstellari, ossia le nubi di polveri che circondano molte stelle e che sono in grado di assorbire la luce stellare riemettendola come radiazione infrarossa.
L'ideale, comunque, sarebbe ottenere immagini dirette di pianeti attorno ad altre stelle, per poterne esaminare nel dettaglio la composizione chimica e lo stato fisico.
Per il futuro, sono in programma numerose missioni spaziali che miglioreranno le tecniche di individuazione dei pianeti extrasolari. Le misurazioni astronomiche fatte dallo spazio permettono una maggiore sensibilità rispetto a quelle dalla superficie della Terra: viene infatti annullato l'effetto distorcente dell'atmosfera terrestre, e gli strumenti agli infrarossi possono rilevare anche le radiazioni che vengono bloccate dall'atmosfera.
Ma allorché fossero individuati pianeti di tipo terrestre, dalle immagini si potrebbe sapere se su di essi si è sviluppata una vegetazione, come è successo sulla Terra? E poi di quale colore apparirebbero le piante? Per rispondere a questa domanda sono in corso studi al Virtual planetary laboratory, un centro di ricerca del California institute of technology. Questo lavoro aiuterà a progettare i futuri telescopi spaziali che dovranno studiare i pianeti extrasolari per vedere se sono abitabili o se ospitano piante aliene. Infatti, il colore della superficie di un pianeta può rivelare se ci sono organismi che raccolgono la luce proveniente dalla stella attorno a cui orbita attuando la fotosintesi.
Questa idea non è recente, perché circa un secolo fa gli astronomi cercarono di spiegare i cambiamenti stagionali di colore della superficie di Marte attribuendoli alla crescita di vegetazione. Già lo scrittore di fantascienza Herbert George Wells ne La guerra dei mondi aveva immaginato che la vegetazione su Marte fosse rossa. Ora si sa che il suolo di Marte ospita solo pietre, ma su altri pianeti le piante potrebbero esistere e apparire purpuree, o gialle, o addirittura nere.
Per prospettare il colore della vegetazione aliena, bisogna prima capire perché quella terrestre è verde. Le piante, infatti, devono sfruttare la radiazione solare per la produzione di zuccheri, un processo della fotosintesi clorofilliana. La parte della radiazione elettromagnetica che non è assorbita, ma solo riflessa, fornisce il colore delle foglie osservato.
Tutto dipende dal tipo di luce, che arriva sul pianeta, che a sua volta dipende dalla temperatura della stella attorno a cui orbita e dalla sua distanza, dalla composizione chimica dell'atmosfera, dalla quantità d'acqua presente sulla superficie e da parecchi altri parametri.
Per esempio, il nostro Sole irraggia molta della sua energia nel verde: gli scienziati si sono chiesti a lungo perché le piante sprecassero questa parte dello spettro solare. La risposta sta nel fatto che le piante si sono adattate alla fotosintesi sfruttando i fotoni blu perché molto energetici e quelli rossi perché molto numerosi, riflettendo i fotoni verdi che non arrivano in quantità sufficiente, anche perché assorbiti in gran parte dall'atmosfera.
Se però un pianeta ruotasse attorno a una stella più brillante e calda del Sole, e se l'ossigeno presente nell'atmosfera bloccasse la radiazione ultravioletta, per la fotosintesi sarebbe utilizzata la luce verde e blu e allora la vegetazione apparirebbe gialla, arancione o rossa, o addirittura bianca, per evitare un eccessivo assorbimento di luce. Mentre su un pianeta orbitante attorno a una stella nana rossa, più fredda del Sole, le piante utilizzerebbero la poca luce dello spettro visibile che vi arriva, non escludendo che qualche forma vegetale possa riuscire a sfruttare una parte dello spettro oltre il visibile e in particolare l'infrarosso, e si presenterebbero di colore nero.
Per tutti i tipi di stella è in ogni caso importante che l'area delle terre emerse di un pianeta sia abbastanza ampia da risultare visibile ai prossimi telescopi spaziali. Se in futuro questi strumenti vedranno una banda scura nello spettro della luce riflessa di un pianeta e in uno dei colori previsti, forse per la prima volta osserveranno i segni di vita su un altro mondo.

(©L'Osservatore Romano - 22-23 dicembre 2008)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao Raffaella, è arrivata la conferma della visita del papa in giordania e terra santa in maggio dal patriarca latino di gerusalemnme (vedi sito repubblica). Speriamo che le condizioni ci siano e che questa visita possa portare la pace a quelle terre! Marco