lunedì 22 dicembre 2008

Il Papa alla Curia: la Gmg e il Sinodo, segni dello Spirito Santo nel 2008. Dio ha creato l'uomo e la donna (Radio Vaticana)


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Il Papa alla Curia: la Gmg e il Sinodo, segni dello Spirito Santo nel 2008. Dio ha creato l'uomo e la donna, la Chiesa difenda questa verità

Lo Spirito Santo che Cristo ha donato alla Chiesa ha mostrato nell’ultimo anno una visibile “Pentecoste”, in particolare attraverso la Gmg di Sydney e il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio.
Nel tradizionale discorso alla Curia romana per gli auguri di Natale, Benedetto XVI ha analizzato in profondità questi e altri eventi che hanno caratterizzato la sua missione e quella della Chiesa nel 2008. Il Papa si è soffermato anche sul bisogno di una “ecologia dell’uomo”, che rispetti cioè la natura dell’essere umano così come creato da Dio - uomo e donna - rispetto al disprezzo indotto da chi vorrebbe imporre l’idea di un “genere” staccato dalla verità della Creazione. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Quando Cristo fondò la Chiesa, le affidò la responsabilità di annunciare al mondo il Vangelo e, con esso, lo Spirito che illumina le parole di Dio e la gioia che ne scaturisce dal viverle. Questa responsabilità non è cambiata in duemila anni e Benedetto XVI l’ha rilanciata al termine del suo lungo e intenso discorso col quale ha voluto riflettere sulle implicazioni spirituali indotte dagli avvenimenti ecclesiali del 2008. Una riflessione essenzialmente imperniata sullo Spirito Santo, ma impostata a partire da quegli eventi che dello Spirito Santo, e dei suoi doni di armonia e gioia, sono stati testimonianza di eccellenza negli ultimi 12 mesi. “L’anno che sta per concludersi è stato ricco di sguardi retrospettivi su date incisive della storia recente della Chiesa”, ha introdotto il Papa ricordando per sommi capi i 40 anni della pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae e i 30 anni dalla morte del suo autore, Paolo VI, oltre all’avvio dell’Anno Paolino e i viaggi apostolici negli Stati Uniti e in Francia. Ma l’attenzione del Pontefice si è puntata soprattutto sulla Giornata mondiale della gioventù di Sydney, celebrata in luglio, e il Sinodo dei vescovi, dello scorso ottobre.

Il “fenomeno” Gmg, ha osservato Benedetto XVI, “è oggetto di analisi” ripetute, che si sforzano di capire la cosiddetta “cultura giovanile”:

“Analisi in voga tendono a considerare queste giornate come una variante della moderna cultura giovanile, come una specie di festival rock modificato in senso ecclesiale con il Papa quale star. Con o senza la fede, questi festival sarebbero in fondo sempre la stessa cosa, e così si pensa di poter rimuovere la questione su Dio. Ci sono anche voci cattoliche che vanno in questa direzione valutando tutto ciò come un grande spettacolo, anche bello, ma di poco significato per la questione sulla fede e sulla presenza del Vangelo nel nostro tempo. Sarebbero momenti di una festosa estasi, che però in fin dei conti lascerebbero poi tutto come prima, senza influire in modo più profondo sulla vita”.

Tuttavia, ha proseguito il Papa, c’è un elemento che non torna in questa analisi: quello della gioia, del “tipo” di gioia che si è respirato a Sydney così diverso da quello di un qualsiasi concerto rock. I 200 mila giovani di Sydney non hanno disturbato la città, non hanno causato violenza, il loro non è stato un droga-party. Questo perché la loro è stata una festa cominciata da lontano, un cammino di fede, che ha avuto come fulcro una Croce:

“In Australia non per caso la lunga Via Crucis attraverso la città è diventata l’evento culminante di quelle giornate. Essa riassumeva ancora una volta tutto ciò che era accaduto negli anni precedenti ed indicava Colui che riunisce insieme tutti noi: quel Dio che ci ama sino alla Croce. Così anche il Papa non è la star intorno alla quale gira il tutto. Egli è totalmente e solamente Vicario. Rimanda all’Altro che sta in mezzo a noi”.

La “star” della Gmg, dunque, è Cristo stesso e il suo Spirito che il Pontefice ha definito una “forza creatrice di comunione”. “Lui è presente. Lui entra in mezzo a noi – ha detto in crescendo Benedetto XVI - È squarciato il cielo e questo rende luminosa la terra. È questo che rende lieta e aperta la vita e unisce gli uni con gli altri in una gioia che non è paragonabile con l’estasi di un festival rock”:

“Si formano delle amicizie che incoraggiano ad uno stile di vita diverso e lo sostengono dal di dentro. Le grandi Giornate hanno, non da ultimo, lo scopo di suscitare tali amicizie e di far sorgere in questo modo nel mondo luoghi di vita nella fede, che sono insieme luoghi di speranza e di carità vissuta”.

Anche il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio ha manifestato questo profondo legame tra la Bibbia e lo Spirito Santo. L’assise sinodale ha dimostrato che, sebbene “incompiuta”, “nella Chiesa c’è una Pentecoste anche oggi”, ha riconosciuto il Pontefice, ringraziando ancora una volta i contributi portati al Sinodo dal Rabbino Cohen e dal Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I:

“Abbiamo capito che, certamente, gli scritti biblici sono stati redatti in determinate epoche e quindi costituiscono in questo senso anzitutto un libro proveniente da un tempo passato. Ma abbiamo visto che il loro messaggio non rimane nel passato né può essere rinchiuso in esso: Dio, in fondo, parla sempre al presente, e avremo ascoltato la Bibbia in maniera piena solo quando avremo scoperto questo 'presente' di Dio, che ci chiama ora”.

Lo Spirito Santo nella testimonianza di vita, come in una Gmg; lo Spirito Santo nella Sacra Scrittura, che ne porta il “soffio”. Attorno a questo tema, Benedetto XVI ha sviluppato la riflessione nella seconda parte del suo discorso alla Curia. Quattro, ha detto, sono le dimensioni del tema ‘Spirito Santo’. La prima è quella che parla della Creazione e della sua “struttura intelligente”, che proviene dallo “Spirito creatore di Dio”. Un’intelligenza di tipo matematico, che l’uomo, dotato di Spirito, è in grado di comprendere. E dunque:

“Nella fede circa la creazione sta il fondamento ultimo della nostra responsabilità verso la terra. Essa non è semplicemente nostra proprietà che possiamo sfruttare secondo i nostri interessi e desideri. È piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione”.

Di qui, l’“orientamento etico” che ne deriva e che investe direttamente l’uomo. La Chiesa, ha rimarcato Benedetto XVI, ha la responsabilità di far valere “in pubblico” tanto la difesa dell’acqua e dell’aria, tanto la difesa dell’uomo “dalla distruzione di se stesso”: da quelle forze cioè che vorrebbero violare l’ordine di Dio sull’essenza della natura umana, stabilita come uomo e donna:

“Ciò che spesso viene espresso ed inteso con il termine 'gender', si risolve in definitiva nella autoemancipazione dell’uomo dal creato e dal Creatore. L’uomo vuole farsi da solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in questo modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito creatore. Le foreste tropicali meritano, sì, la nostra protezione, ma non la merita meno l’uomo come creatura, nella quale è iscritto un messaggio che non significa contraddizione della nostra libertà, ma la sua condizione”.

In fondo, ha commentato il Papa, l’Humanae vitae di Paolo VI voleva proprio questo: difendere “l’amore contro la sessualità come consumo, il futuro contro la pretesa esclusiva del presente e la natura dell’uomo contro la sua manipolazione”.

Delle altre tre dimensioni dello Spirito, il Pontefice ha messo in rilievo di come Egli parli anche oggi “con parole umane” attraverso le parole di Gesù, il quale è quindi inseparabile dallo Spirito, il quale a sua volta è strettamente connesso alla Chiesa, che di Gesù è il Corpo sulla terra. La Chiesa ha la missione di annunciare e testimoniare tutto ciò, ha concluso Benedetto XVI. Ponendo l’accento sulla gioia tipicamente cristiana che deve accompagnare questa missione nel mondo:

“Parte integrante della festa è la gioia. La festa si può organizzare, la gioia no. Essa può soltanto essere offerta in dono (…) La gioia è il dono nel quale tutti gli altri doni sono riassunti. Essa è l’espressione della felicità, dell’essere in armonia con se stessi, ciò che può derivare solo dall’essere in armonia con Dio e con la sua creazione. Fa parte della natura della gioia l’irradiarsi, il doversi comunicare. Lo spirito missionario della Chiesa non è altro che l’impulso di comunicare la gioia che ci è stata donata. Che essa sia sempre viva in noi e quindi s’irradi sul mondo nelle sue tribolazioni: tale è il mio auspicio alla fine di quest’anno”.

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