venerdì 24 aprile 2009

Le confessioni di Agostino (e di molti altri): Quella sottile paura di rinascere (Osservatore Romano)


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Le confessioni di Agostino (e di molti altri)

Quella sottile paura di rinascere

Si è aperto a Foggia, nella cripta della cattedrale, il terzo ciclo della "Lectura patrum Fodiensis" quest'anno dedicata a biografia e autobiografia in età cristiana. L'autore della relazione inaugurale ha sintetizzato per il nostro giornale il suo intervento.

di Marcello Marin

L'autobiografia letteraria ha le sue radici nella Bibbia (il prologo del Siracide), l'esempio più illustre nelle Retractationes agostiniane, importanti sviluppi poetici in Gregorio Nazianzeno e Prudenzio.
Forte componente apologetica, secondo il modello già fornito nelle lettere di Paolo, ha l'autobiografia poetica del Nazianzeno.
Più specificamente incentrate sugli aspetti interiori e tese a descrivere la conversione sono numerose autobiografie cristiane. Spesso il tema autobiografico assume le movenze della confessione del proprio comportamento nei riguardi di Dio (celebrazione di lode, confessione del peccato): questo elemento domina nelle Confessioni di Agostino, l'opera che ha influenzato profondamente tutta la letteratura autobiografica posteriore.
L'esempio più noto di convertito nel cristianesimo delle origini è certamente Paolo, che più volte nelle sue lettere ricorda la trasformazione da persecutore in apostolo del Cristo e sempre attribuisce questa trasformazione alla elezione divina.
Ma solo negli Atti degli apostoli, e per tre volte, il radicale cambiamento di Paolo è collegato all'episodio dell'apparizione del Cristo sulla via di Damasco.
Le tre narrazioni concordano nel dare all'avvenimento la funzione di "chiamata" da parte del Cristo, che affida a Paolo la missione di evangelizzatore, e sembrano seguire la falsariga delle vocazioni dei profeti dell'Antico Testamento (in primo luogo Geremia). Manca invece un qualsiasi cenno a crisi interiori o religiose che avrebbero favorito un processo di maturazione psicologica nella conversione di Paolo.
A fondamento delle ragioni della conversione, la letteratura apologetica di lingua greca nel ii secolo cerca anche i punti di contatto tra la filosofia greca e la religione cristiana, che proprio per questo motivo dagli apologeti è definita anch'essa una filosofia.
Così Giustino, nel Dialogo con Trifone, presenta le varie correnti filosofiche come degradazione dell'unico sapere filosofico e narra il suo personale itinerario di ricerca della verità presso le tante scuole. Infine, l'incontro con un misterioso vecchio gli rivela il messaggio dei profeti come il solo che contiene la verità: non è frutto di uno sforzo umano ma di una rivelazione divina. E su questo annuncio si opera la conversione di Giustino.
Altri apologeti in quegli anni sottolineano la forza dei testi dei profeti per la conversione del cuore e della mente che in loro si è compiuta: così Taziano, discepolo dello stesso Giustino, e Teofilo sottolineano la piena armonia di fede e ragione.
Un'ultima testimonianza greca ci porta all'autobiografia poetica del Nazianzeno e alla fine del IV secolo. Qui la spinta ad una ulteriore "conversione" dell'autore, cristiano dalla nascita, è favorita da circostanze esterne.
Il racconto della traversata per mare da Alessandria d'Egitto verso l'Attica del quasi ventenne Gregorio descrive, in un ripiegamento interiore che non è usuale nella tradizione poetica greca, il rischio di morire in una violenta tempesta - e senza essere stato ancora battezzato - e l'impegno di consacrazione alla vita religiosa, che duplica il voto formulato dalla madre al momento della nascita.
L'occidente ha sempre dimostrato più specifico interesse per l'individuo, la sua psicologia, il suo personale percorso esistenziale. In ambito profano, verso la fine del ii secolo, già Apuleio, con il romanzo Le metamorfosi o L'asino d'oro, iniziatico e pseudoautobiografico, segue le tappe di un itinerario spirituale segnato da vicende cruciali: errore del protagonista, infelicità, espiazione, perdono, felicità ritrovata.
Nella letteratura cristiana latina un breve racconto autobiografico di conversione, attento alle condizioni interiori, appare nell'Ad Donatum, scritto da Cipriano verso il 246.
Ancora prigioniero del paganesimo, Cipriano giace nelle tenebre di una notte cieca, sballottato dall'onda del secolo ancora ignora il senso della propria esistenza. Per descrivere lo stato di smarrimento propone una serie di immagini: alcune più usuali, le tenebre della notte, il mare in burrasca, l'ultima, meno sfruttata dalla letteratura, del moltiplicarsi delle vie con la conseguente incapacità di scegliere. Il suo animo è sollecitato all'esterno da una chiamata e oppresso nell'intimo dalla sfiducia di riuscire a vincere le abitudini contratte con la ricchezza e il grado sociale, associate all'ira, all'ambizione, alla lussuria. Rinascere attraverso il battesimo gli sembra inconcepibile. Ma finalmente riceve l'acqua rigeneratrice del battesimo e lo Spirito; il dubbio e le tenebre fanno posto alla certezza e alla luce.
A distanza di un secolo, Ilario di Poitiers presenta in apertura del suo De Trinitate l'elaborazione teorica, molto più avanzata, di un itinerario intellettuale, morale e spirituale che fonde riflessione teologica e approfondimento della Scrittura. Alla condanna della vita umana tesa alla ricerca del piacere, Ilario ha unito il rifiuto del politeismo e delle filosofie che negano la Provvidenza; ha deciso quindi di consacrarsi alla ricerca dell'immortalità e di Dio, infiammato da un desiderio ardente di conoscerlo. Scoperto infine il Dio della Bibbia, passa dall'ansia alla gioia, accetta il battesimo e le responsabilità del sacerdozio.
Fra gli abbozzi agostiniani che preludono alla stesura delle Confessioni, si impone l'esordio del De beata vita, che sotto il segno di una prolungata metafora (la traversata pericolosa di un mare in tempesta) offre una sincera confessio.
Per linee essenziali, Agostino ripercorre il proprio itinerario interiore dalla scoperta della vocazione filosofica fino alla sua conversione milanese: un navigare lungo e senza meta, avvolto dalle nebbie. Ricorda la lettura dell'Hortensius di Cicerone, l'incontro con i manichei, l'adesione allo scetticismo degli accademici, la scoperta dell'immaterialità di Dio e dell'anima nei discorsi del vescovo Ambrogio e del platonizzante Manlio Teodoro; si rivede ancora trattenuto dagli allettamenti della donna e dalle seduzioni degli onori. La crisi decisiva è descritta sotto la forma di una tempesta, opportuna malgrado le apparenze: un grave dolore al petto gli consente di rinunciare al proprio incarico e di ricondurre la nave, sia pure tutta squassata, alla desiderata quiete.
Nelle Confessioni ogni sottolineatura è sulla valenza della parola confessio. Agostino "lavora" parole e immagini per trarne una comunicazione quanto più evidente: come non ha esitato a proclamare (profiteri) agli uomini le sue assurde convinzioni ai tempi della fede manichea, così vuole confessare (confiteri) la misericordia divina che lo ha tratto dall'abisso. Con un naturale passaggio la confessio si tramuta in preghiera a Dio, che ci protegga e ci porti con sé: allontanàti da Dio, il nostro bene, siamo diventati cattivi; è tempo che ci volgiamo al Signore, per non essere travolti. L'uomo che volta le spalle a Dio si condanna alla debolezza e alla malvagità, l'uomo che a Dio si volge si salva dalla rovina e dalla perdizione. Dalla aversio da Dio, l'allontanamento che si compie nell'erranza, nasce la conversio a Dio, il tornare a cercare che rivela Dio presente nel cuore di chi a lui si confessa.
È il Signore che torna a girare Agostino verso se stesso, perché possa riconoscere quanto nello sviamento sia diventato brutto e deforme, macchiato e piagato: messo a forza davanti ai propri occhi, Agostino scopre la malvagità dei suoi comportamenti, delle sue scelte esistenziali. Ma per quanto vicino alla decisione, il peggio inveterato continua ad avere su di lui maggior potere del meglio inusitato. E quanto più si avvicina l'istante della decisiva trasformazione, tanto più spavento gli incute: lo trattengono le futilità più futili e le vanità più vane, vecchie amiche che ripetutamente gli confidano a quante piacevoli abitudini, a quali turpitudini dovrà rinunciare, e in eterno.
Le uniche parole dirette che Agostino pronuncia nella contesa fra la Consuetudo e la Continentia - "Ecco, adesso è il momento, adesso è il momento" - rivelano insieme urgenza e irresolutezza, il desiderio più che una decisione.
Il cammino spirituale che dalla iniziale aversio riconduce a Dio nella conversio è duro e difficile: perché la conversione è una scelta operativa che va continuamente ribadita, è un punto di partenza che si rinnova costantemente fra i cedimenti, le tentazioni, le lotte interiori.

(©L'Osservatore Romano - 25 aprile 2009)

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