lunedì 12 ottobre 2009

Africa, un Continente unito nella preghiera (Santomiero)


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Il Papa: "Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo" (Omelia)

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SINODO PER L'AFRICA (4-25 OTTOBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Gli studenti raccolti nell’Aula Paolo VI. Quelli che hanno partecipato alla veglia «via satellite» dall’Africa. Diversi per lingua, etnia, nazione.

Convocati attorno al Pontefice dalla medesima speranza Un Continente unito nella preghiera

DA ROMA CHIARA SANTOMIERO

«Siamo qui per pregare in­sieme al Papa non solo per l’Africa ma per la Chiesa universale, per il bene del­l’unità che unisce le diversità».
Hen­rique Imbana è il portabandiera del­la delegazione della Guinea Bissau, una delle 53 rappresentative di al­trettanti Stati africani che colorano l’inizio della veglia Con l’Africa e per l’Africa.
In occasione del secondo Si­nodo per l’Africa, ieri gli studenti u­niversitari presenti a Roma hanno pregato con Benedetto XVI nell’Au-la Paolo VI, unendosi in collega­mento via satellite con gli universi­tari di Nigeria, Burkina Faso, Kenya, Egitto, Repubblica democratica del Congo, Sud Africa, Sudan e Mo­zambico. Henrique è all’ultimo an­no della licenza in filosofia alla Pon­tificia Università Urbaniana: «Que­sta preghiera rafforza il coraggio del­la nostra Chiesa, ci dice che non sia­mo soli e che partecipiamo di una grande speranza, quella della stes­sa fede».
Nel cuore c’è «un’intenzio­ne speciale per coloro che soffrono per la guerra, la fame, l’Aids, in Afri­ca e nel mondo». «Meno tristezza e povertà per l’Afri­ca, pace e uguale dignità con gli al­tri Paesi»: per questo ha pregato Su­san Duarte Martins, da Capo Verde. Si è laureata da poco alla Pontificia Università Salesiana in scienze del­la comunicazione; nel suo futuro c’è il progetto di occuparsi di «pro­grammi televisivi educativi ed ori­ginali ». Nella preghiera col Papa por­ta il ricordo delle vittime dell’allu­vione che nelle scorse settimane ha devastato il suo Paese.
«La maggior parte dei Paesi africani è caratterizzata da diversità etniche che dovrebbero essere una fonte di ricchezza culturale mentre a volte, in alcune zone, è fonte di conflitti e guerre tribali»: in collegamento via satellite da Ouagadougou uno stu­dente racconta la situazione del suo Paese, il Burkina Faso. Anche Edvi­ge Bazemo viene da lì, ma da dieci anni vive in Italia dove i suoi geni­tori si sono trasferiti per lavoro. «Per me è naturale sentirmi africana e i­taliana, sento di vivere una doppia ricchezza. Del mio Paese mi porto dietro la grande disponibilità all’ac­coglienza e la mia preghiera di oggi è per una maggiore unità tra la gen­te dell’Africa». Negussie Andrè Do­minic, etiope, sta svolgendo il dot­torato in missiologia all’Urbaniana: «Questa preghiera di oggi annulla le divisioni dell’Africa; attorno al Papa ritroviamo l’unità». Negussie pensa all’impegno dei laici come lui: «Il Si­gnore ci aiuti a saperci dedicare al­la Chiesa e alla gente, per fare il be­ne che ci chiede». Sono almeno 1.500 i giovani congo­lesi presenti a Roma per studio o la­voro. Renè Mulungu, di Bukavu, stu­dia scienze politiche alla Sapienza: «Vorrei fare il presidente del Congo per risolverne i problemi – scherza – ma gli amici mi prendono in gi­ro... ».
Poi torna serio: «Vorrei dedi­carmi all’istruzione che nel mio Pae­se non è a livelli alti. Noi che abbia­mo studiato in Italia possiamo dare un grande contributo allo sviluppo perché siamo portatori di due cul­ture. Mentre siamo qui vorremmo contribuire a far conoscere di più l’Africa agli italiani che spesso ne hanno un’immagine riduttiva: per­ché non chiedete a noi cosa è Afri­ca e cosa fare per lei?». Anche Gerry Mbona viene dalla Repubblica de­mocratica del Congo. Studia inge­gneria civile all’Università di Tor­vergata e ha chiaro cosa fare per il suo Paese quando sarà tornato a ca­sa: «Vorrei costruire strade e ponti per unire la gente e perché le risor­se agricole che si producono da u­na parte arrivino lì dove si soffre la fame. Il Congo deve saper usare le sue tante ricchezze per aiutare il po­polo ad uscire dalla guerra e dalla sofferenza». «Pregare tutti insieme con il Papa – afferma Gerry – è una cosa grande. Come si dice in italia­no: L’union fait la force ? ». L’unione fa la forza.

© Copyright Avvenire, 11 ottobre 2009

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