martedì 6 ottobre 2009

Aldo Maria Valli risponde al card. Bagnasco: la stampa è laica non anticlericale


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Su segnalazione di Alessia pubblichiamo il seguente articolo di Valli.
Leggiamo e poi commentiamo
.
R.

Bagnasco, la stampa è laica non anticlericale

Aldo Maria Valli

In un recente intervento su I media e il papa il cardinale Angelo Bagnasco ha sostenuto che nei confronti di Benedetto XVI i mezzi di comunicazione sociale peccano ripetutamente di disinformazione, omissioni e distorsioni.
Secondo il presidente della Cei ci sarebbe una «rappresentazione mediatica riduttiva, che tende a sottodimensionare il papa testimone e predicatore del Vangelo e a sovrarappresentare il papa intellettuale e politico». «A enfatizzare gli interventi ritenuti potenzialmente conflittuali, giudicati più utili a fare notizia, e a trascurare alcuni temi di fondo che rivelano le priorità del pontificato».
Il cardinale inoltre sostiene che rispetto ai grandi temi cari al papa, come la necessità di «rendere Dio presente in questo mondo» e il richiamo a un «autentico concetto di libertà», i media preferiscono «una lettura parziale e non di rado francamente scorretta, che induce a domandarsi se in alcune componenti della cultura e dei mezzi di informazione non si stia facendo strada un anticlericalismo interessato a nascondere il vero volto della Chiesa e a distorcere il significato del suo messaggio, così che questo risuoni incoerente o anacronistico e la Chiesa appaia animata solo dalla volontà di alzare muri e scavare fossati», soprattutto in materia di etica. E qui il cardinale aggiunge alla riflessione una punta polemica quando dice che «si vorrebbe forse da parte di taluni ambienti una Chiesa o supinamente allineata sull’opinione che si autoproclama prevalente e progressista, o semplicemente muta».
Le considerazioni di un osservatore attento e scrupoloso come il cardinale Bagnasco meritano di essere prese in considerazione con altrettanta serietà. Anche perché in gioco non c’è soltanto la qualità del servizio reso dai mass media, ma più in generale, e più in profondità, il problema del rapporto fra culture diverse all’interno dello stesso tessuto sociale e la questione del ruolo che la voce della Chiesa può avere nel dibattito pubblico.
Quando il cardinale dice che i media cercano in modo a volte parossistico la notizia a effetto, ignorando spesso il contesto ed estrapolando alcune parole da un discorso più ampio (si veda il caso della citazione su Maometto nella lectio magistralis di Ratzinger a Ratisbona), individua una malattia reale del giornalismo. È il sensazionalismo, virus in certa misura connaturato al mondo dell’informazione ma diventato più aggressivo da quando il moltiplicarsi delle fonti informative e l’accentuata concorrenza ha messo ognuna nelle condizioni di dover cercare il modo di prevalere sulle altre. Quando, in mezzo a un gran vociare, c’è bisogno di farsi sentire, la strada più facile è quella di gridare di più. E quando si grida, difficilmente si esprimono concetti elaborati. Molto più probabile è che si lancino messaggi semplificati. È, appunto, quel che si dice un giornalismo “gridato”, e purtroppo anche il papa subisce in alcuni casi questo trattamento.
È più difficile essere d’accordo con il cardinale, invece, quando accusa i mass media di trascurare buona parte degli interventi che il pontefice fa nel corso del suo magistero “ordinario” per privilegiare le occasioni speciali, come certi viaggi o certe celebrazioni. Qui si ha l’impressione che Bagnasco sia fuorviato dal suo particolare punto di osservazione, che è quello dell’uomo di Chiesa. Le meditazioni e le catechesi che il papa svolge, per esempio, nelle udienze del mercoledì o durante gli Angelus domenicali, spesso possono costituire notizia per la stampa cattolica e per quella specializzata, ma non si può pretendere che anche l’informazione non confessionale e non specializzata copra, come si dice in gergo, tutte queste occasioni. Quando non lo fa, non c’è necessariamente una volontà di censura.
È solo un problema di equilibri. Nell’opinione pubblica c’è chi pensa, per esempio, che all’interno dei telegiornali il romano pontefice sia fin troppo presente. Chi fa un giornale non confessionale deve tener conto di tutte le sensibilità, specialmente da quando la nostra è diventata una società multiculturale e segnata anche in campo religioso da un crescente pluralismo.
Quanto poi all’altra accusa mossa da Bagnasco, e cioè che da parte di alcuni settori dei mass media ci sia la deliberata volontà di fare una lettura “parziale” e “scorretta” di ciò che il papa va predicando, per diffondere un’immagine distorta del magistero pontificio e della Chiesa, occorre fare una riflessione articolata. In riferimento a certi casi, Bagnasco ha ragione. Un esempio lampante è dato da ciò che il papa disse durante il viaggio in aereo verso l’Africa, quando sostenne che il preservativo non può essere considerato il rimedio decisivo contro l’aids (considerazione difficilmente contestabile alla luce del semplice buon senso) e la maggior parte delle fonti informative titolò sul no del papa al preservativo trascurando del tutto le sue argomentazioni e facendolo passare come l’ennesimo esempio di oscurantismo della Chiesa ufficiale, senza considerare che se c’è un’agenzia che si batte concretamente contro l’epidemia di aids è proprio la Chiesa attraverso la rete missionaria. Tuttavia c’è anche da dire che se il papa e la Chiesa sono ingiustamente dipinti come lontani dai problemi delle persone e sempre impegnati a condannare, la colpa non è solo della stampa cattiva. C’è un problema di stile comunicativo. Il cardinale Bagnasco osserva che i no della Chiesa si comprendono solo alla luce di un grande sì, quello che il credente dice al Dio dell’amore e al suo figlio Gesù, mandato per la nostra salvezza. Giusto. Ma nella comunicazione del papa e della Chiesa il no risalta molto più del sì. Pensiamo, per esempio, alla ripetuta condanna del relativismo in campo morale. Del tutto legittima, ma che forse otterrebbe meglio il suo scopo se fosse accompagnata da parole di fiducia e apprezzamento verso il mondo secolarizzato, che sarà pure gravato da tanti mali ma offre anche tanti esempi di bellezza e di bontà.
Lo stesso intervento di Bagnasco sui mass media è l’esempio di una Chiesa molto reattiva quando si tratta di criticare ma assai meno propensa a fare altre due operazioni: vedere il bene che comunque c’è nella casa degli altri e il male che alligna nella propria. Se si facesse questo, si vedrebbe che la stampa non confessionale, pur imperfetta e peccatrice, riesce spesso a garantire una libertà di dibattito e di confronto che la stampa cattolica ha purtroppo dimenticato.
Ormai da decenni la Cei non alimenta un dibattito interno, aperto e sereno, sulle materie ecclesiali e pastorali, e la gestione del quotidiano Avvenire, di proprietà dei vescovi, in questo senso è emblematica: da troppo tempo non è il giornale dei cattolici, ma di alcuni cattolici in linea con le posizioni della presidenza della Cei. Non si vuole qui sostenere che un organo di stampa, specie se ricopre un ruolo delicato come quello di Avvenire, non debba possedere una linea. Ma nel momento in cui il giornale chiede di essere riconosciuto come voce della comunità ecclesiale, perché non garantire a ogni componente di tale comunità la possibilità di esprimersi sulle sue pagine? Perché decretare l’ostracismo verso alcune o dipingerle a priori come distruttive e inaccettabili? Perché su questioni molto dibattute (ricordo per esempio la mancata concessione dei funerali religiosi a Piergiorgio Welby, o la partecipazione al Family day) mostrare fastidio verso le voci non allineate con la posizione ufficiale della presidenza Cei, quasi che l’esprimere le proprie idee su questioni opinabili debba essere considerato, all’interno della Chiesa, un peccato grave e non un dovere di ogni cristiano? La conseguenza di questa linea è che il dibattito interecclesiale in Italia si è via via atrofizzato, e che ampie schiere di laici cattolici hanno ormai rinunciato all’idea di poter essere presi in considerazione come interlocutori seri e di buona volontà. È questo il modo di valorizzare quel laicato cattolico così spesso al centro di dotte dissertazioni nei convegni ecclesiali? Il cardinale Bagnasco dice che l’informazione sulle cose vaticane e sul papa soffre di anticlericalismo. In parte è vero, perché c’è una certa informazione a tesi che parte invariabilmente dal presupposto che il papa abbia torto e che la Chiesa sia fuori dal tempo. Ma se è vero che c’è dell’anticlericalismo nella società secolarizzata e nei mass media, è anche vero che nella Chiesa e nei suoi mass media c’è un clericalismo di ritorno che sfocia spesso nell’intolleranza.

© Copyright Europa, 6 ottobre 2009 consultabile online anche qui.

Mah...mah...mah!
Sabato scorso, leggendo il bellissimo intervento del card. Bagnasco, mi sono permessa di fare un appunto: in quel testo manca una sorta di mea culpa. Non ovviamente del card. Bagnasco, ma dei vescovi in generale.
I media sarebbero meno inclini ad affermare che il Papa ha sempre torto se vescovi e cardinali presentassero, con le parole e soprattutto i fatti, una Chiesa unita intorno al Successore di Pietro.
Purtroppo non e' cosi' e si assiste ad una gara a prendere le distanze dal Santo Padre in nome del nuovo idolo: il politicamente, religiosamente e mediaticamente corretto.
Ora muovo lo stesso appunto ai vaticanisti: essi dovrebbero (ed alcuni lo fanno egregiamente) cogliere il senso degli interventi del Papa e non estrapolare la singola frase ad effetto.
Anche nell'articolo di Valli manca il mea culpa (che tanto piace ai media ma solo quando a pronunciarlo sono i Pontefici).
Occorrerebbe ammettere che esiste un pregiudizio fortissimo e radicato non verso il Papa, ma verso Benedetto XVI, pregiudizio che e' duro a morire e che si ripresenta spesso in molte analisi e in tanti collegamenti televisivi.
Non abbiamo certo dimenticato la cronaca della visita al memoriale dell'olocausto o di quella di Bush nei giardini vaticani.
Il pregiudizio contro il Papa e' evidente.
Certo! Non riguarda tutti i giornalisti e non tutti i vaticanisti, ma non e' giusto parlare di problema comunicativo se prima non si ammette che questa forma di insofferenza verso il Papa regnante e' un dato di fatto.
Questo e' un discorso generale, non riferito ovviamente solo a Valli.
Secondo me e' utile un confronto: manca un mea culpa nella bella relazione di Bagnasco e manca anche una riflessione della stampa, della tv e dei media in generale sulla ragione per cui si e' tanto prevenuti nei confronti del Papa.
In sostanza la domanda e': perche' parte della gerarchia cattolica e parte dei mass media non sono disposti a concedere un anticipo di simpatia a Benedetto XVI?
La mancanza di rispetto verso il Papa espressa attraverso alcuni titoli di oggi e' la prova della decadenza dei grandi quotidiani.
Mi pare che stampa e tv diano molto piu' spazio a chi non e' "allineato" con il Magistero piuttosto che a chi e' fedele al Santo Padre. Lo stesso TG1, nel gennaio 2008, diede molto piu' spazio agli studenti che volevano impedire l'ingresso del Papa alla Sapienza piuttosto che a coloro che potevano spiegare che docenti e studenti avevano scambiato una citazione per il pensiero del card. Ratzinger.
C'e' un problema di comunicazione, ma esso riguarda anche i media laici o laicisti e non solo la Chiesa Cattolica.
In ogni intervento di Benedetto XVI c'e' sempre il si' alla vita, alla famiglia, alla ragione. Perche' la stampa evidenzia solo i no? E non si dica che i telegiornali rai dedicato troppo spazio al Papa perche' stiamo parlando di pochi secondi (secondi, non minuti!) a settimana!

R.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Certo clero e certa stampa lo temono, Raffa. Vedono in lui un nemico. Non gli perdonano di aver impedito o, comunque, frenato, con l'appoggio di Papa GPII, la deriva postconciliare. Per loro è il maggiore e più formidabile ostacolo alle cosiddette "magnifiche sorti progressive della Chiesa" e, peggio, viste le sue passate posizioni di giovane perito conciliare, un traditore della causa che vede nella completa rottura fra prima e dopo Vaticano II un dogma. E, come tale da distruggere, se non fisicamente, moralmente.
La forza che il nostro Papa sta dimostrando in questi 4 anni, che non esito a definire di martirio, ha del sovrumano.
Alessia

Raffaella ha detto...

Mai aggettivo fu piu' adatto :-)
R.

a. ha detto...

valli non può fare il vaticanista di raiuno e poi scrivere su un giornale politico.
che cosa vuol dire che alcuni si lamentano perchè il papa è troppo presente in tv?
vista la qualità offerta dai tg della rai possiamo farne anche a meno.

Anonimo ha detto...

Non mi piace l'articolo, non mi piace il giornalista, non mi piaccion i servizi del TG 1. Son perfettamente d'accordo con Alessia che ritene BENEDETTO XVI un martire dellaverità. Se non avesse l'asssitenza dello Spirito Santo sarebbe stato distrutto e invece esce sempre più forte e più incisivo dopo ogni attacco e sempre più sono le persone ch si convertono ascoltandoLo

Fabiola ha detto...

Questo mi piace anche meno di Politi.
Assai meno franco, piuttosto obliquo e dietrologico. E pesantemente inquinato da precomprensioni partitiche.

A margine: mi sembra proprio evidente, dalla lunga disamina sulla "linea" di Avvenire, a chi desse davvero fastidio Dino Boffo alla direzione. E quello sprovveduto di Feltri glielo ha offerto su un piatto d'argento. Dando loro, pure, l'occasione di farne una vittima del perverso "regime" berlusconiano.

Doriana ha detto...

A.M Valli, molto spesso è commentatore per la struttura Rai vaticano!!!!! Ve lo ricordate il commento che rilasciò durante la diretta dal museo dell'Olocausto su Rai 1? se qualcuno lo ha registrato lo riascolti con attenzione e poi, potrà trarne le conclusioni.
La stampa laica non sarà anticlericale ma, anti Papa sì purtroppo caro dott. Valli!!!!!!!! Ultimamente, ne abbiamo avuti di esempi...... per tutti i gusti.