mercoledì 18 novembre 2009

Il mezzo è il messaggio divino. Il cattolicesimo verace di Marshall McLuhan, teorico del villaggio globale (Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro)


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Su segnalazione di Alessia leggiamo:

Il mezzo è il messaggio divino

Il cattolicesimo verace di Marshall McLuhan, teorico del villaggio globale

di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

Tratto da Il Foglio del 17 novembre 2009

Il “Catechismo della chiesa cattolica” è uno strumento capace di fornire risposte semplici a questioni terribilmente complesse. Parola di Marshall McLuhan. Proprio lui, il padre di tutti i guru dei mezzi di informazione del Ventesimo e del Ventunesimo secolo. Va da sé che il catechismo in oggetto è quello dei tempi in cui un catechismo era, appunto, un catechismo e non la risciacquatura di marmitta clericalsociologica che, oggigiorno, riesce solo a dare risposte terribilmente complesse a domande semplici.
Ma questa è una derivazione del discorso che prende volentieri la mano a chi vuole a tutti i costi mettere la notizia nelle prime righe di un articolo e finisce per trarne le conclusioni prima di andare a capo per il secondo capoverso. Dunque, bisogna ripartire dall’inizio e ammettere che la vera notizia è la seguente: l’inventore del “villaggio globale”, l’esploratore della “Galassia Gutenberg”, il teorico del mezzo che diviene il messaggio, era un cattolico, convertito da un blando protestantesimo, battezzato e cresimato lo stesso giorno, il 25 marzo 1937, Giovedì santo, all’età di ventisei anni.
Un cattolico tanto appassionato alla propria fede da trascorrere le notti in preghiera, nella ruminazione dei testi sacri, nello studio dei grandi della teologia, sommamente il suo amato San Tommaso d’Aquino. “Sono un tomista per il quale l’ordine sensoriale è in accordo con la Ragione divina” scrisse nel 1969 all’amico sacerdote don Mole, fondatore dell’Istituto Canadese delle Comunicazioni. “Non credo che i concetti abbiano rilevanza nella religione. L’analogia non è un concetto. E’ comunione, risonanza, coinvolgimento. E’ il processo cognitivo in sé”.
Era stata precisamente questa intuizione a muovere il giovane intellettuale canadese verso la chiesa romana, a farlo sentire naturaliter cattolico. Lo aveva colpito l’evidenza che una mente cattolica ha la possibilità di parlare di Dio partendo dalle più semplici cose del mondo. Come aveva imparato leggendo il vecchio Chesterton, una delle sue guide sulla strada per Roma, tutto quanto è stato creato da Dio possiede due aspetti: uno concreto e uno mistico, e sono entrambi straordinari. Ogni creatura porta l’uomo dalla Terra al Cielo: questa è l’analogia, la capacità di parlare dello spirito senza negare la carne. “La religione cattolica” spiegava in una lettera scritta alla madre nel 1935, prima di abbracciare definitivamente la fede, “è la sola a benedire e a impiegare tutte quelle facoltà dell’uomo atte a produrre il gioco e la filosofia, la poesia e la musica, l’allegria e l’amicizia con un fondamento molto carnale. (…) La chiesa cattolica non disprezza né mortifica ingiustamente quegli attributi e quelle facoltà che Cristo si degnò di assumere. (…) La mia sete di verità era sensuale in origine. Volevo una soddisfazione materiale per la bellezza che la mente è in grado di percepire, e così è ancora”.
Fu così che questo giovane studioso, cresciuto frequentando battisti, metodisti e anglicani senza credere in niente, comprese di dover cercare altrove ciò di cui la sua anima e il suo cervello avevano bisogno. Non sapeva ancora che cosa fosse, ma sapeva di doverlo trovare altrove. Quale altrove migliore di Roma, il luogo della chiarezza e del rigore? “La chiesa ha un fondamento linguistico di base molto lineare, vale a dire che ti inginocchi e chiedi la verità” spiegò molti anni dopo la sua conversione. Ecco il catechismo come strumento capace di fornire risposte semplici a domande terribilmente complesse. “Pregai Dio per due o tre anni dicendo semplicemente: ‘mostrami’. Non volevo nessuna prova”.
Iniziò così quella che Chesterton definisce la grande avventura dell’ortodossia. “L’ortodossia”, scrisse McLuhan alla fidanzata protestante Corinne Lewis, “è onestà intellettuale riguardo alle cose divine. L’eresia è menzogna intellettuale e spirituale – significa mentire a Dio stesso. E’ quindi il più odioso dei peccati, quello più severamente punito da uno stato o un governo ortodosso. Ma oggi non ci sono più stati ortodossi. Questo ci rende difficile simpatizzare con periodi storici in cui l’eresia veniva ‘perseguita’. Lutero fu un eretico. Egli mentì a Dio. Conosceva la verità. Ma ai luterani che seguirono non fu mai detta la verità”.
Giunti a questo punto, potrebbe risultare difficoltoso mettere insieme il McLuhan guru dei guru dei mezzi di comunicazione con il McLuhan di sana e robusta costituzione cattolica. Ma certi intellettuali giocano strani scherzi. Ipercinetici di giorno, amano raccogliersi nella veglia notturna. Ed è proprio nelle ore quiete che la loro vera natura si mostra volentieri, cede di buon grado al lume della candela più che al neon di un’aula universitaria. Cosicché, il vero significato di quanto insegnano di giorno va rintracciato di notte. Di giorno descrivono e di notte sostanziano.
In questo caso, il fenomeno ha assunto proporzioni grottesche. Scambiato per il teorico del villaggio globale, l’ideologo dei nuovi media, il precursore di chissà quale futura civiltà, McLuhan si è sempre dichiarato un semplice analista, un descrittore, ancor meno di un sociologo. Un cronista che, alla luce delle sue meditazioni notturne, diventa un immaginifico cantore delle fantastiche storie sacre che accadono sotto gli occhi laici e tecnologici dell’uomo contemporaneo.
“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”: nella poesia maestosa del Prologo al suo Vangelo, riletto con gli occhi dello studioso canadese, san Giovanni dice che “il mezzo è il messaggio” e, ovviamente, sta parlando Cristo. Il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, è, allo stesso tempo, messaggio di salvezza per gli uomini e il mezzo attraverso cui tale salvezza si realizza. Ma il fatto che Cristo sia il mezzo e il messaggio, gli chiese in un’intervista Hubert Hoskins, è un concetto oppure un oggetto di percezione? “E’ un oggetto della percezione perché, come Cristo ha ripetuto più volte, è visibile ai bambini, ma non alle menti sofisticate. Queste ultime, i concettualizzatori, gli scribi, i farisei, hanno troppe teorie per riuscire a percepire una qualsiasi cosa”.
E che dire del mondo dominato dai media elettronici in cui un messaggio arriva contemporaneamente ovunque facendone un villaggio globale? Può essere l’inferno dell’omologazione. Ma potrebbe anche assumere le sembianze celesti e benigne della chiesa cattolica: il villaggio in cui il messaggio e il mezzo, Cristo, si trova contemporaneamente ovunque poiché ne è essa il corpo mistico, il luogo in cui l’uomo sperimenta la vera libertà. “La libertà cristiana” scriveva in una lettera del 1971 ad Allen Maruyama “si può trovare nella libertà corporativa, nel corpo mistico, la chiesa. L’era elettronica ha coinvolto l’uomo nel suo stesso mondo in maniera tale da non avere più una libertà individuale. (…) La speranza dell’uomo è di poter essere cambiato attraverso il sacramento, così da poter eventualmente raggiungere una consapevolezza di sé nella comunità e scoprire la libertà individuale nella comunità stessa”.
Ma una tale speranza è continuamente messa a repentaglio dagli attacchi portati attraverso i media più diversi, quelli fondati sull’ordine visivo, come la stampa, e quelli fondati sull’ordine uditivo, come gli apparecchi elettronici.
Al tempo della riforma protestante, la chiesa è stata messa a dura prova da quell’“incidente tecnologico” che fu la stampa a caratteri mobili. La cultura medievale, fondata sul manoscritto, favoriva una mentalità diversa da quella sorta dentro la Galassia Gutenberg, in cui ogni individuo diviene potenzialmente un lettore. “La stampa”, ha detto in McLuhan in un’intervista a Pierre Babin, “ha provocato lo sviluppo dei nazionalismi poiché, per la prima volta, ognuno ha potuto ‘vedere’ la propria lingua materna e non solo udirla”. Ma, come ha spiegato altrove, in un saggio sui mezzi di comunicazioni come creatori del mondo moderno, “a causa dei suoi aspetti statici, la parola scritta ispira il dubbio alla mente umana. Lo scetticismo è la vera forma della parola scritta”. Proprio su questo inedito individualismo ha fatto leva Lutero per scardinare l’unità della chiesa di Roma. “E’ certo che, per ogni lettore, la possibilità di avere la stessa esatta parola sott’occhio in ogni momento ha avuto un effetto considerevole sulla dottrina. Ognuno ha potuto pensarci da solo, contemplarsela ed elaborare la propria opinione. (…) Lutero e i primi protestanti hanno utilizzato la recente scoperta per incrementare la frattura che li opponeva alla chiesa romana. Ciò ha consentito al mondo protestante un’espansione e una potenza sempre maggiori”.
Nonostante l’avvento dei media elettronici, che riportando in auge l’ordine uditivo dovrebbero essere più connaturali al pensiero cattolico, secondo McLuhan per la chiesa non sono giunti tempi migliori. Anzi, le si è palesata nuovamente la madre delle più tremende eresie: la gnosi, la tentazione per l’uomo di essere un superangelo alimentata dal fatto che l’individuo elettronico non ha essenza carnale. “Gli ambienti dell’informazione elettrica – dice – che sono completamente eterei, nutrono l’illusione del mondo come sostanza spirituale. Questo è un ragionevole facsimile del corpo mistico, un’assordante manifestazione dell’Anticristo. Dopo tutto, il Principe di questo mondo è un grandissimo ingegnere elettronico”.
E, forse maliziosamente, viene da pensare alle mene di questo “grandissimo ingegnere elettronico” scorrendo un saggio che McLuhan nel 1974 titolava laconicamente “La liturgia e il microfono”.
“Molte persone lamenteranno la scomparsa della messa in latino dalla chiesa cattolica, senza capire che, in realtà, è stata vittima del microfono posto sull’altare. Non è praticabile parlare latino con il microfono, poiché plasma e intensifica il suono del latino fino a spogliarlo di senso. Il latino è una forma estremamente imperturbabile di rivelazione verbale in cui il mormorio gioca un ruolo importante, laddove il microfono non rispetta questi suoni. Un altro effetto è stato quello di rivolgere l’officiante davanti all’assemblea dei fedeli”.
Tutto questo riporta a ciò che avvenne nella riforma protestante e restaura ciò che McLuhan chiama ordine visivo: “L’officiante si trova davanti all’assemblea separato da una tavola/ altare. Questa pratica fu accettata dalle chiese della riforma e respinta da Roma. L’esperienza visiva, naturalmente, esclude la metamorfosi e transustanziazione, perché lo spazio visivo o euclideo è il solo canale sensoriale statico conosciuto dall’uomo”.
Se questa è una strategia di sopravvivenza messa in atto nel mondo cattolico, non è certo ben ponderata. “Sembra voler combattere una ‘mentalità di gruppo’ spingendo verso il protestantesimo e l’estrema privatizzazione della fede protestante. Così vedo solo il fallimento. Uno dei compiti della chiesa, invece, è quello di scuotere le persone. Per farlo bisogna predicare l’inferno. In vita mia non ho mai sentito un sermone simile da un pulpito cattolico. C’è un sermone infernale in ‘Ritratto dell’artista da giovane’ di Joyce – molto bello dal mio punto di vista – che ha portato molte persone alla chiesa, compreso Thomas Merton”.
E’ chiaro che nell’intellighenzia cattolica posizioni come questa valgono due lire del vecchio conio. Ma al loro sostenitore, probabilmente interessava poco questo genere di accoglienza. “Non sono arrivato alla chiesa con supponenza” diceva nel 1977. “Sono entrato in ginocchio. E’ il solo modo per entrare. Quando le persone iniziano a pregare hanno bisogno di verità: è tutto. Tu non arrivi alla chiesa per idee e concetti, e non puoi abbandonarla per un mero disaccordo. Ciò avviene per una perdita di fede, una perdita di partecipazione. Quando le persone lasciano la chiesa possiamo solo dire che hanno smesso di pregare”.
Per arrivare fin qui, ci vogliono fede e dottrina. Ci vuole il catechismo, quello strumento capace di dare risposte semplici a domande terribilmente complesse. E forse era proprio questa la vera notizia.

© Copyright Il Foglio 17 novembre 2009 consultabile online anche qui.

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