martedì 17 novembre 2009
La Chiesa apre ai preti sposati. Limitatamente però ai sacerdoti Anglicani che vogliono convertirsi al Cattolicesimo (Bertoncini)
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La Chiesa apre ai preti sposati
PRIMO PIANO
Di Marco Bertoncini
Limitatamente però ai sacerdoti anglicani che vogliono convertirsi al cattolicesimo
Pur temendo molto il possibile contagio con il clero latino
Quando il Papa ha deciso di accogliere, non in maniera singola bensì organica, gruppi di convertiti dall'anglicanesimo, con presbiteri e vescovi, la novità dell'evento, poco considerata finora dagli stessi vaticanisti, è una e semplice: per la prima volta, la S. Sede corre consapevolmente il rischio di quello che definisce scandalo, ma che a volta a volta si chiama stupefazione, ammirazione, meraviglia. La Chiesa, proprio per evitare riprovazioni, malcontenti, sconcerto, incomprensioni tra i fedeli, è molto attenta su questioni delicate: la comunione dei divorziati, i funerali dei suicidi, l'esteriore apparente equivalenza fra comportamenti moralmente corretti e comportamenti irregolari.
Stavolta, invece, osa, a proposito di sacerdoti sposati. Ma non perché li ammetta, bensì per la coesistenza pubblica e la vicinanza concreta con sacerdoti celibi.
Chiariamo l'assunto, sia pure prendendola da lontano. L'emanazione di una specifica costituzione apostolica, Anglicanorum coetibus, è indice del rilievo che la S. Sede attribuisce al possibile ingresso di (forse) alcune centinaia di migliaia di fedeli.
Il ritardo col quale il documento è uscito dalla Congregazione per la dottrina della fede (diversi giorni dopo la conferenza stampa, attuata in assenza del testo che veniva con scarsa chiarezza illustrato), oltre che la mancanza della redazione facente fede, cioè quella latina (ne sono apparse le versioni italiana e inglese), attesta come fino all'ultimo si sia lavorato a un provvedimento per trovare l'equivalente del quale bisognerebbe risalire a metà Quattrocento, quando a Firenze si stipularono effimere intese per l'unità con i «greci», ossia gli orientali separati da Roma.
In tema di sacerdoti sposati, la Chiesa cattolica non esclude in assoluto dal sacerdozio gli sposati. Intanto, ammette diaconi coniugati. Eppoi, ben una ventina di chiese orientali in comunione con Roma (ucraini, maroniti, melchiti, copti, caldei, e insomma quasi tutte) permettono di ordinare al sacerdozio uomini sposati, pur non consentendo il matrimonio di chi sia già prete.
Individualmente, inoltre, sono stati più volte accolti ,come sacerdoti cattolici, presbiteri convertiti, in genere dall'anglicanesimo: una dichiarazione specifica era stata emessa nel 1980 dalla medesima Congregazione per la dottrina della fede a proposito del clero episcopaliano (cioè anglicano d'America) uxorato, ossia sposato.
Attenzione: un fondamentale studio del cardinale Alfons Stickler (Il celibato ecclesiastico) non ha mancato di rilevare che storicamente il celibato consiste, o nel non contrarre matrimonio, o nel non usare di quello contratto; una questione, dunque, di continenza, non di stato civile.
Sotto tale aspetto la disciplina parrebbe risalire addirittura all'età apostolica. In ogni caso si tratta di una legge ecclesiastica, valida nella Chiesa cattolica latina, posto che quelle orientali cattoliche ammettono il clero uxorato, cioè sposato, sia pure non per i vescovi.
Sotto quest'ultimo aspetto, è rilevabile che un vescovo anglicano, d'ora innanzi, potrà essere nominato «ordinario» (cioè responsabile, quasi parificato a un vescovo) di anglicani divenuti cattolici. Gli sarà concesso di far uso delle insegne vescovili, e diverrà membro della conferenza episcopale di competenza territoriale. Non è poco.
Un precedente lo possiamo trovare per il clero ceco, ordinato clandestinamente sotto il comunismo per tenere in vita la Chiesa cattolica: quando preti e vescovi clandestini poterono venire alla luce del sole, Roma si trovò di fronte al problema di molti coniugati, oltre che all'incertezza per la validità di alcune ordinazioni e consacrazioni (un vescovo cattolico aveva ordinato pure una donna, convinto di agire correttamente).
Trovò la soluzione, passando i sacerdoti sposati dal clero latino a quello orientale e istituendo in Praga per loro, e i loro fedeli, uno specifico esarcato apostolico orientale (sorta di diocesi). Per i vescovi, però, fu ben più difficile. Ecco quanto formalmente dichiarò la Congregazione per la dottrina della fede, a firma di due personaggi oggi ancor più noti di allora, ossia Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone: «Per quanto riguarda i vescovi sposati, la delicatezza della loro posizione aveva indotto il Santo Padre a seguire una norma prudenziale ben motivata: infatti è noto che la legge canonica della Chiesa Cattolica, sia di rito latino che orientale, come pure l'antichissima tradizione delle Chiese Orientali non in comunione con essa, non ammettono assolutamente la compatibilità dello stato matrimoniale con l'ufficio episcopale.
Tuttavia, le possibilità, che venivano loro offerte, e che sono state rese ad essi note dai rispettivi vescovi diocesani, non furono ritenute da essi soddisfacenti».
Per i sacerdoti anglicani ora convertiti, la Chiesa cattolica dichiara di non deflettere dal principio del celibato in vigore per il proprio clero latino; però ammette come eccezioni di accogliere quali candidati al presbiterato persone sposate, «caso per caso» da sottoporre al pontefice.
La S. Sede non permette di ordinare sacerdoti «chierici anglicani in situazione matrimoniali irregolari», ad esempio divorziati.
Da questo complesso quadro, qui semplificato, emerge che non si tratterebbe di un'ammissione indiscriminata e in massa di sacerdoti già sposati, e ancor meno sarebbe in futuro consentita l'ordinazione di coniugati. Tuttavia una novità di un certo peso, come si diceva, sussiste.
Fino ad oggi la S. Sede ha nutrito un timore: la coesistenza di clero celibe e di clero sposato, per l'appartenenza a riti diversi, suscita incertezze nei fedeli e determina possibili conflitti fra i sacerdoti. Quindi la Curia papale ha tollerato che nei Paesi dell'Europa Orientale e del Vicino e Medio Oriente sacerdoti latini celibi esercitino il loro ministero accanto a sacerdoti cattolici di rito orientale coniugati, non potendo evitarlo de facto. Nei diari di Angelo Giuseppe Roncalli, quand'era delegato apostolico in Bulgaria, si leggono annotazioni dense di stupefazioni e d'implicita riprovazione per i molti sacerdoti cattolici di rito orientale sposati che incontrava.
La S. Sede ha però limitato la presenza di clero orientale uxorato ai soli territori orientali. Non ha mai voluto concedere, ad esempio, che negli Stati Uniti, ove accanto alle chiese latine operano ben diciassette eparchie (cioè diocesi) di svariati riti cattolici orientali, si trovassero sacerdoti orientali con moglie.
Negli ultimi anni i divieti sono stati in parte violati, anche per l'insoddisfazione delle stesse chiese cattoliche orientali, che li sentono come imposizioni alla loro autonomia. Qualche caso si è presentato pure in Italia, ove opera la chiesa italo-albanese (in Sicilia, Calabria e altrove), cattolica di rito orientale: alcuni sacerdoti italo-albanesi sposati si sono trovati nel medesimo paese col «collega» di rito latino, ovviamente celibe.
Ecco, appunto, il possibile scandalo. Al cattolicesimo potrebbero arrivare alcune centinaia di sacerdoti anglicani, e molti sarebbero coniugati, in zone come gli Stati Uniti, il Regno Unito e le ex colonie inglesi, ove l'insoddisfazione per il celibato ecclesiastico è diffusa, le contestazioni si sprecano e i casi di sacerdoti orientali sposati sono sempre stati limitati.
Non solo: a dirigere questi sacerdoti potrebbe trovarsi un «ordinario» sposato, cioè un quasi-vescovo, di fatto ritenuto un vescovo.
È chiaramente un rischio per la tenuta della legge canonica e per le possibili reazioni dei fedeli. Il papa ha voluto correrlo, puntando sull'adesione di un numero ritenuto congruo di fedeli già anglicani, a conferma che l'ecumenismo, come praticato da Benedetto XVI, significa, in buona sostanza, ritorno alla Chiesa cattolica.
Si creerà un rito anglicano, con sacerdoti sposati, con la possibilità (che verosimilmente sarà oltremodo limitata) di ordinare uomini già uniti in matrimonio, con tradizioni, usi, libri liturgici propri, compresa la facoltà di scegliersi il proprio «ordinario» (più esattamente, d'indicare una terna nella quale il pontefice sceglierà). È un prezzo non indifferente, ma probabilmente alla S. Sede conviene.
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