giovedì 6 novembre 2008

Quando il Papa fa la predica: recensione al libro curato da Sandro Magister (Springhetti per "Avvenire")


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Benedetto XVI, "Omelie. L'anno liturgico nelle omelie di Benedetto XVI", a cura di Sandro Magister, Scheiwiller Libri 2008

Il vaticanista Magister: «Scrive quasi tutto di suo pugno, però talvolta improvvisa. Soprattutto non dimentica mai che non si tratta di discorsi ma di liturgia»

Quando il Papa fa la predica

DA ROMA PAOLA SPRINGHETTI

Nella prefazione dell’edizione tedesca della sua «Opera Omnia» – che dovrebbe essere pubblicata tra pochi mesi in italiano – papa Benedetto XVI spiega perché ha scelto di pubblicare per primo il volume con gli scritti sulla liturgia. «La liturgia della Chiesa è stata per me, fin dalla mia infanzia, l’attività centrale della mia vita – scrive Benedetto XVI – ed è diventata… anche il centro del mio lavoro teologico». E ancora: «Non mi interessavano i problemi specifici della scienza liturgica, ma sempre l’ancoraggio della liturgia nell’atto fondamentale della nostra fede e quindi anche il suo posto nella nostra intera esistenza umana».
E' partita da queste citazioni la riflessione del cardinal Camillo Ruini, intervenuto ieri a Roma alla presentazione del volume Omelie.
L’anno liturgico narrato da Joseph Ratzinger, papa (Scheiwiller), cui hanno partecipato anche il ministro per i Beni e le Attività culturali Sandro Bondi e il giornalista Sandro Magister, curatore del volume. Le omelie di Benedetto XVI si distinguono per chiarezza, forza comunicativa e nello stesso tempo rigore.
Secondo il cardinal Ruini, egli è «sotto ogni profilo straordinariamente attrezzato e per così dire 'orientato' verso il ministero dell’omelia, non solo per il suo profondo senso del Mistero liturgico e quindi dell’azione liturgica, ma anche per le caratteristiche proprie della sua teologia».
Il Papa è perfettamente consapevole della diffusa difficoltà, oggi, di pensare e organizzare un’omelia. E nel discorso fatto al Sinodo dei vescovi il 14 ottobre scorso ha attribuito questa difficoltà alla mancanza, nell’esegesi attuale, di un’ermeneutica della fede, ormai sostituita da un’ermeneutica filosofica profana. Infatti, ha detto, «dove l’esegesi non è teologia, la Scrittura non può essere l’anima della teologia e, viceversa, dove la teologia non è essenzialmente interpretazione della Scrittura nella Chiesa, questa teologia non ha più fondamento». Perciò, ha concluso il cardinal Ruini, «per la vita e la missione della Chiesa e per il futuro della fede, è assolutamente necessario superare il dualismo tra esegesi e teologia».

Joseph Ratzinger-Benedetto XVI lo fa perché è «uno straordinario omileta e uno straordinario catechista che, con la semplicità e la sostanza della sua parola, spezza in modo comprensibile a tutti il pane della Parola di Dio e del Mistero della nostra salvezza».

Una capacità, questa, che il cardinal Ruini attribuisce anche al «carattere essenzialmente biblico, patristico, liturgico e storico della sua teologia » e della sua formazione, che probabilmente ne ha affinato la capacità trovare il legame tra la storia e l’oggi, tra la Parola di Dio e le parole degli uomini. Insomma, «in realtà Joseph Ratzinger elabora e fa vivere il grande patrimonio della fede biblica ed ecclesiale in un interscambio fecondo con le grandi problematiche del tempo che stiamo vivendo, di cui coglie in profondità il senso, le origini e i dinamismi ». Anche per questo, questo libro può essere per i sacerdoti un sussidio non da copiare, ma cui ispirarsi: «Al riguardo ho sperimentato io stesso – ha detto Ruini – quanto l’ascolto diretto di gran parte di queste omelie abbia giovato alla mia predicazione, migliorandone l’aggancio biblico e liturgico e stimolando l’attenzione e partecipazione Per il ministro Bondi nel libro si possono trovare quelle parole che, nei momenti di maggiore inquietudine, aiutano a trovare le risposte giuste. Infatti «hanno la forza di raggiungere da una parte le vette della ragione dei presenti». e della fede, e dall’altra gli abissi del nostro cuore». C’è inoltre un sentiero che attraversa tutti questi testi, ed è «la concezione della vita e della fede come dimensioni relazionali, comunicative.
Nell’omelia del 18 maggio, festa della Trinità, Benedetto XVI ha spiegato che il Dio dell’Amore non è una monade chiusa in sé, ma una vita che vuole comunicarsi, donarsi, stabilendo legami saldi e duraturi. E se Dio è essere in relazione, anche l’uomo lo è, in ogni dimensione della propria vita, compresa quella pubblica e politica ». È dunque la fede in Dio la risposta all’individualismo imperante. «Le ideologie della felicità e della libertà del secolo scorso – ha spiegato Bondi – hanno romanzato il passato o idealizzato il futuro. Ma è il presente l’occasione per stare bene, è la discesa nel presente e in noi stessi che ci fa incontrare Cristo, facendoci uscire dal cerchio dei bisogni e dei desideri individuali».
Sandro Magister è convinto che, senza leggere le omelie, è molto difficile capire l’insegnamento di questo Papa.
«Anzitutto le omelie sono quanto di più genuino esce dalla mente di Papa Benedetto – ha spiegato –. Le scrive quasi integralmente di suo pugno, talvolta le improvvisa. Ma soprattutto imprime in esse quel tratto inconfondibile che distingue le omelie da ogni altro momento del suo magistero: il loro essere parte di un’azione liturgica; anzi, esse stesse liturgia». Di se stesso, questo Papa ha detto di avere la vocazione a «servire come liturgo di Gesù Cristo per le genti». Un’affermazione in cui si ritrova quella che Magister definisce una certezza incrollabile per questo Papa : «Quando celebra la Messa sa che lì c’è tutto l’agire di Dio, intrecciato con i destini ultimi dell’uomo e del mondo».

© Copyright Avvenire, 6 novembre 2008

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