mercoledì 5 novembre 2008
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Il senatore Barack Obama vince la corsa alla Casa Bianca
«Siamo gli Stati Uniti d'America»
L'augurio di Benedetto XVI al presidente eletto
Washington, 5.
Calorosi saluti e cordiali auguri sono stati rivolti da Benedetto XVI al senatore Barack Obama che ieri si è aggiudicato le presidenziali negli Stati Uniti.
Nella "storica occasione" dell'elezione, il Papa - in un telegramma trasmesso attraverso l'ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon - assicura Obama delle sue preghiere affinché Dio lo assista nelle sue "alte responsabilità al servizio della nazione e nella comunità internazionale".
Possano le abbondanti benedizioni del Signore - auspica Benedetto XVI - "sostenere lei e l'amato popolo americano nei vostri sforzi, insieme a tutti gli uomini e alle donne di buona volontà, per costruire un mondo di pace, solidarietà e giustizia".
Analogo messaggio è stato rivolto al presidente eletto, sempre attraverso l'ambasciatore, dal segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone.
L'affermazione di Obama è stata netta, anche se non si è avuto quell'effetto valanga che alcuni presagivano. Il senatore dell'Illinois ha vinto - come era prevedibile - nel New England e nella regione settentrionale dei laghi, ma soprattutto ha confermato la supremazia democratica in Pennsylvania e ha strappato ai repubblicani l'Ohio e lo Iowa, oltre ad altri Stati chiave, quali la Florida. Proprio i risultati dell'Ohio e dello Iowa sono stati il primo segnale della sconfitta di McCain, arrivato al giorno dell'elezione in forte ritardo in tutti i sondaggi.
Complessivamente, Obama ha ottenuto circa il 52 per cento dei suffragi conquistando almeno 349 voti elettorali, quando ne erano necessari 270 per vincere. McCain ne ha al momento ottenuti 160. In termini assoluti, a Obama, secondo la Fox, sono andati 61,5 milioni di suffragi, a John McCain 54,8 milioni, pari a circa il 47 per cento del totale.
Nel suo primo discorso rivolto alla nazione come presidente eletto Obama ha parlato di "una nuova alba". Davanti alle migliaia di persone radunatesi al Grant Park di Chicago, Obama ha ribadito che l'America ha dimostrato di essere un Paese "dove nulla è impossibile". Il presidente eletto ha offerto l'onore delle armi agli avversari: dobbiamo "lavorare uniti per rinnovare il Paese". E ha puntato buona parte del suo discorso sull'unità, dopo una doppia campagna elettorale senza esclusione di colpi. "Siamo e saremo - ha sottolineato - gli Stati Uniti. Abbiamo dimostrato al mondo che non siamo solo una collezione di individui di tutti i tipi".
Ma la parte del leone nel suo discorso l'ha fatta l'economia, questione che molto probabilmente gli ha fatto vincere le elezioni. "Wall Street, la strada della finanza - ha spiegato con un gioco di parole a portata di tutti quelli che lo ascoltavano - non si può arricchire mentre Main Street, la gente comune, soffre". La finanza, cioè, non può vivere in una gabbia dorata separata, se non addirittura parassita dell'economia reale. E Obama, in un periodo di crisi così profondo per l'economia americana, ha cercato di indicare un obiettivo più alto ai suoi concittadini, un sogno che può ridare slancio: "Cresciamo o cadiamo come una nazione, come un popolo". Una nuova identità, quella indicata da Obama, basata sui valori più che sul valore. "Un nuovo giorno per la leadership americana - ha aggiunto il senatore dell'Illinois - è a portata di mano. La forza autentica della nostra nazione non proviene dall'entità del nostro benessere ma dal potere dei nostri ideali".
Nel suo discorso più difficile, pronunciato dopo che il sogno della Casa Bianca era definitivamente tramontato, John McCain si è dimostrato un vero statista e ha anteposto il futuro del Paese all'amarezza personale. "Cari amici, siamo arrivati alla fine di un lungo viaggio. Il popolo americano ha parlato, e ha parlato chiaramente", ha esordito il candidato repubblicano davanti alle tremila persone assiepate sul prato dell'Arizona Biltmore Hotel di Phoenix. "Poco fa - ha aggiunto - ho avuto l'onore di chiamare il senatore Barack Obama e di congratularmi con lui per l'elezione a prossimo presidente del Paese che entrambi amiamo". Una frase, quest'ultima, accolta da qualche fischio dei sostenitori delusi, che McCain ha subito messo a tacere. "In un contesto lungo e difficile come questa campagna elettorale - ha detto - il solo fatto che abbia vinto merita il mio rispetto per la sua abilità e perseveranza".
Oltre a conquistare alla grande la Casa Bianca, il partito democratico ha ampliato la propria maggioranza al Congresso, ma senza raggiungere la cosiddetta "cifra magica" di 60 senatori su 100 al Congresso. Una maggioranza che avrebbe neutralizzato di fatto l'opposizione repubblicana, impedendole di fare ostruzionismo. In base ai risultati provvisori, il partito democratico guadagna 15 seggi alla Camera, raggiungendo un totale di 248, contro 166 per i repubblicani. Al Senato, il guadagno è di 5 seggi, per raggiungere quota 56, contro i 40 per i repubblicani.
(©L'Osservatore Romano - 6 novembre 2008)
Una scelta che unisce
di Giuseppe Fiorentino
Alla fine il cambiamento si è realizzato. Lo slogan che ha accompagnato l'intera campagna elettorale di Barack Obama ha trovato la sua espressione nel risultato elettorale concretizzatosi nella notte appena trascorsa. L'America - come ha sottolineato il presidente eletto nel suo discorso di vittoria pronunciato a Chicago - è davvero il Paese dove tutto può accadere. L'America è davvero il Paese della nuova frontiera, anzi di una frontiera sempre nuova e dinamica, capace di superare fratture e divisioni che solo fino a poco tempo fa potevano apparire insanabili.
Gli Stati Uniti - e non è la prima volta che accade - sono stati a loro modo capaci di indicare una nuova strada al resto del mondo. Verranno usati decine di roboanti aggettivi per la vittoria di Obama. La sua elezione verrà paragonata, forse anche a ragione, a eventi come la caduta del Muro di Berlino. Ma oltre ogni retorica, il dato significativo riguarda la scelta della più grande potenza mondiale che ha deciso di essere guidata dal politico che ha saputo dimostrarsi più convincente. Di un candidato che ha saputo guadagnarsi la stima di un elettorato bisognoso di nuova fiducia, soprattutto in una veloce ripresa economica. E in questo frangente poco importava che si trattasse di un politico di colore.
Una scelta molto pragmatica, quindi, la cui portata non può essere comunicata da retoriche affermazioni di parte. Alcuni hanno già letto nel risultato elettorale di ieri la fine della "rivoluzione neocon" avviata da Ronald Reagan e maturata negli otto anni di amministrazione Bush. Certo, il desiderio di cambiamento era palpabile. Ma non necessariamente l'elezione di Obama deve essere analizzata come contraria a qualcosa o a qualcuno. Anche perché - come ha evidenziato il presidente eletto - non è questo il momento delle rivendicazioni. È invece il tempo dell'unità e della coesione: "Siamo gli Stati Uniti d'America", ha detto Obama, richiamando tutti a uno sforzo comune per superare le difficoltà del presente. Non saranno tutte rose e fiori. Obama ne è di certo ben consapevole. Grandi sfide - politiche, sociali, economiche, morali - lo attendono. A cominciare dalla necessità di conquistare consenso in quegli Stati dell'Unione dove più forte è la presenza dei conservatori. Ciò sarà anche possibile grazie all'impeccabile accoglienza dell'esito del voto da parte di McCain, che, con esemplare senso dello Stato, ha definito l'eletto "il mio presidente". Con il sostegno popolare Obama potrà affrontare le grandi questioni interne e internazionali.
(©L'Osservatore Romano - 6 novembre 2008)
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5 commenti:
Strano che l` Osservatore Romano non faccia nemmeno una piccolissima allusione al fatto che il neoeletto Presidente Obama è un fervente partigiano dell` aborto.
Vorrei in effetti ricordare che Barack Obama si è impegnato durante la campagna per le elezioni a firmare il Freedom of Choice Act [FOCA], aggiungendo anche che sarebbe la prima cosa che farà come presidente.
Il FOCA, che sarà discusso al Congresso in gennaio, sarà la legislazione più radicalmente pro-aborto mai proposta negli Stati Uniti.
Prevede “un diritto fondamentale all`aborto”durante i 9 mesi della gravidanza, compreso il diritto di abortire fino alle ultime settimane per delle ragioni di salute non meglio precisate.
Ogni clausola di coscienza per i professionisti della salute sarebbe proibita e gli ospedali cattolici sarebbero obbligati a praticare aborti sotto pena di essere incriminati e “poursuivis”.
A questo si è impegnato il nuovo Presidente degli Stati Uniti, ma come stupirsi quando si sa che Obama ha dichiarato ignorare quando l`essere umano cominciava a beneficiare dei diritti umani .
Cari Amici del Blog, io personalmente non mi sento di giudicare la persona o il possibile operato della persona stessa, senza prima vederlo confrontarsi praticamente con tutta una serie di problemi che stanno portando l'America a carte quarantotto. Sappiamo bene, che dobbiamo sempre distinguere le " sparate" che si fanno in campagna elettorale, da quello che poi si fa in concreto nella realtà.
Perchè allora potremmo anche ipotizzare uno scenario apocalittico che sinceramente non voglio prendere neanche in considerazione. L'America ha scelto il suo presidente e questo è un dato di fatto; avrei trovato assurdo ed avventato per l'Osservatore Romano, attaccare un presidente appena eletto e nemmeno insediato alla Casa Bianca. Diamogli tempo e riserviamo per tempi a venire le eventuali critiche che mosse adesso sarebbero premature e del tutto fuori luogo.
Non si tratta di attaccare, cara Euge, e ancor meno di criticare, ma semplicemente e oggettivamente di informare e ricordare le posizioni di Obama su un tema che dovrebbe stare particolarmente a cuore ai cattolici e ad un media cattolico.
C`è modo di informare con intelligenza e finezza, conoscendo la posizione di Obama sull`aborto sono come minimo stupita di leggere sull`OR la frase:
Una nuova identità, quella indicata da Obama, basata sui valori più che sul valore
Gli Stati Uniti - e non è la prima volta che accade - sono stati a loro modo capaci di indicare una nuova strada al resto del mondo.
A partire dal titolo: "una scelta che unisce", mi risulta molto difficile condividere l`entusiasmo, per non dire euforia senza sfumature, del media vaticano.
Sono tutte osservazioni giustissime ma, secondo me fatte dal giornale del Vaticano dal giornale del Papa, suonerebbero agli orecchi del nuovo presidente peraltro neanche insediato, ne sono convinta, delle osservazioni premature sul suo operato; a mio avviso sarebbe un pò come sparare nel buio. Molte volte mi è capitato di dare giudizi frettolosi e rimanere male nel verificare che avevo torto; quindi secondo me l'Osservatore fa benissimo a non sbilanciarsi almeno per il momento.
A giudicare dai referendum americani non so quanto sarà facile proporre l'aborto e unioni gay... Forse il popolo ha voluto un cambiamento per la politica estera di Bush e la crisi economica. Obama dovà stare attento a non andare contro la sensibilità dei cristiani. Marco
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