domenica 19 aprile 2009

L’ombra della linea anti Chiesa nella Bruxelles del re cattolico (Offeddu)


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L’ombra della linea anti Chiesa nella Bruxelles del re cattolico

Luigi Offeddu

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BRUXELLES

Delphine Boel, scultrice, dichiara che lei è la figlia naturale di Alberto II del Belgio. Vive scortata, e viene svegliata da telefonate notturne che le preannunciano una brutta morte: pare che molti non le perdonino di aver scalfito l’immagine del re, e questo già la dice lunga su certi sentimenti profondi che ancora circondano il trono più cattolico d’Europa, forse del mondo.
Perché a Bruxelles, da sempre, regna la monarchia più vicina al Papa. Ma detta legge il Parlamento che ne è più lontano, il più laico dei parlamenti europei. Secondo soltanto al Parlamento d’Olanda — l’Olanda protestante, un tempo orangista e «anti-papista» — per la «laicità» di certe leggi, approvate nonostante il «no» della Chiesa. Il Belgio è sempre stato così, piccolo paese di grandi convinzioni in un senso o nell’altro: quello in cui, oltre mezzo secolo fa, il giovane Baldovino fu in dubbio se salire al trono o chiudersi in un convento; per poi, trent’anni più tardi, chiedere al governo di dichiararlo «temporaneamente impedito» per 48 ore, così da non firmare la legge sull’aborto. Obbedì al Papa, oltre che alla sua coscienza, ma non al Parlamento. Aveva per moglie donna Fabiola Fernanda Maria de las Victorias Antonia Adelaida de Mora y Aragon, una vita da infermiera nelle corsie degli ospedali e da regina nei saloni di Corte, dama spagnola che arrivò a un passo dalla morte nel tentativo di divenire madre, e che pregava per ore inginocchiata accanto a lui, al marito. Donna Fabiola ha 81 anni, mesi fa sembrava giunta alla fine: tutto la nazione, molti deputati compresi, ha pregato per lei; e anche questo è il Belgio.
Quanto alle ultime critiche rivolte a Benedetto XVI, sono acqua fresca, rispetto ai duri scambi di battute fra i partiti di governo e, per esempio, il cardinale Godfried Danneels, un anno fa, subito dopo la morte dello scrittore Hugo Claus. Un caso di eutanasia: Claus non accettava le sofferenze del morbo di Alzheimer. Tutto il governo giustificò la scelta. Ma il cardinale Danneels no: «Così non c’è risposta al problema della sofferenza e della morte. Eludere il problema non è né un atto eroico».
Per mesi, l’opinione pubblica è rimasta spaccata in due. E si discute ancora. Eppure, da 7 anni, sotto il profilo legislativo, non vi sarebbe più molto da dire: il Belgio è stato il secondo paese al mondo, dopo la solita Olanda, a legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito. Da allora, oltre 2000 i casi, e il Parlamento già va oltre. Dopo un’indagine negli ospedali, che ha rivelato circa 80 casi di «dolce morte» fra ragazzi e neonati, si discute di una nuova di legge che estenderebbe l’eutanasia ai bambini, e agli handicappati psichici. Come in Olanda, ancora una volta. E forse, qualcosa conterà la storia: due secoli fa, Olanda e Belgio stavano insieme in un regno unito sotto Guglielmo d’Orange, l’uomo che voleva separare la Chiesa — riformata, protestante — dallo Stato. Poi i belgi cattolici si ribellarono, conquistarono l’indipendenza sulle barricate, e cominciarono il loro cammino con quei re vicini al Papa, e quei ministri sempre più lontani.

© Copyright Corriere della sera, 18 aprile 2009

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