venerdì 17 aprile 2009

Sono state poche le voci che hanno cercato di andare oltre il facile pregiudizio nella polemica mediatica contro il Papa circa la lotta all'aids(O.R.)


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Voci fuori dal coro

Oltre il pregiudizio

di Giuseppe Fiorentino

Sono state poche le voci che hanno cercato di andare oltre il facile pregiudizio nella polemica sollevata dai mezzi di comunicazione - soprattutto occidentali - per le parole di Benedetto XVI circa la lotta all'aids nel continente africano.
Ma non deve essere stato semplice porsi al di fuori del coro, assediati, come si è stati, da una massiccia campagna mediatica che ha travisato le frasi del Papa, proponendo in maniera aggressiva un messaggio distorto.
Una forte denuncia di questa operazione messa in atto da tanti organi della stampa internazionale è giunta dai presuli della Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'ovest francofono (Cerao) - comprendente gli episcopati di Benin, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania, Niger, Senegal e Togo - i quali, in un messaggio diffuso lo scorso 27 marzo, e che pubblichiamo integralmente in questa pagina, manifestano sorpresa e dolore di fronte a quella che definiscono una manipolazione oltraggiosa pianificata e che ha finito per generare un occultamento sistematico del messaggio di speranza, giustizia e pace lanciato da Benedetto XVI nel suo viaggio.
"È assolutamente intollerabile - sottolineano i vescovi - che un piccolo gruppo di operatori dei media, a volte purtroppo africani che attingono senza scrupoli alla ricchezza "sporca" di quanti hanno spogliato i loro popoli, si arroghino il diritto di deformare la verità per presentarsi come benefattori responsabili di fronte alla condizione drammatica dei nostri fratelli e delle nostre sorelle portatori dell'hiv-aids e per trasformare invece il Santo Padre in un personaggio "irresponsabile" e sprovvisto di umanità". Anche i presuli della Conferenza episcopale di Angola e São Tomé (Ceast) hanno lamentato il fatto che i media - soprattutto occidentali - abbiano praticamente "dimenticato la visita del Papa", concentrandosi sulla sterile polemica da essi stessi sollevata e "cancellando il modo estremamente positivo in cui l'avvenimento si è svolto".
Gli interventi dei vescovi della Cerao e della Ceast hanno seguito quello in difesa del Papa diffuso dalla Conferenza episcopale del Camerun con una dichiarazione ripresa da "L'Osservatore Romano" del 27 marzo.
Attestati di solidarietà a Benedetto XVI sono giunti da molti altri ambienti africani come hanno testimoniato a Roma i tanti studenti del continente che, all'Angelus di domenica 29 marzo, hanno manifestato gratitudine per il messaggio di speranza lanciato dal Papa.
Ma anche nei mezzi di comunicazione sociale - una volta placatasi la strumentale polemica - comincia a spuntare qualche articolo, qualche lettera, che potrebbero insinuare un dubbio positivo, portando i lettori a chiedersi se, in definitiva, il Papa non abbia ragione.
È il caso di "Le Monde".
Il quotidiano parigino, che nei giorni della pellegrinaggio del Papa in Africa ha pubblicato articoli a dir poco disinvolti contro Benedetto XVI definendo "irresponsabili" le sue parole, ha ospitato, nell'edizione di sabato 11, un intervento di alcuni scienziati ed esperti nella lotta contro l'aids che definiscono realistiche le parole del Pontefice.
Il testo - a firma dello psicanalista Tony Anatrella, del ginecologo Michele Barbato, degli epidemiologi Jokin de Irala e René Ecochard e del presidente della Federazione africana di azione familiare Dany Sauvage - sostiene che "riflettere sui comportamenti sessuali diventa talmente doloroso da provocare la rabbia di numerosi militanti e ideologi in materia".
Non c'è nessun Paese con un'epidemia generalizzata - scrivono - "che sia riuscito a far calare la proporzione di popolazione infettata dall'hiv grazie alle campagne centrate sull'uso del solo preservativo. I casi di minore trasmissione dell'hiv pubblicati nella letteratura scientifica - rilevano inoltre - sono associati all'attuazione dell'astinenza e della fedeltà aggiunte al preservativo, nella triade Abc (abstinence, be faithful, cioè fedeltà e condom).
In altri termini - continua l'articolo - soltanto i programmi che hanno seriamente raccomandato il ritardo dell'attività sessuale dei giovani e la monogamia reciproca (quella che i cristiani chiamano fedeltà) sono stati premiati dal successo". I medici ricordano che "la Chiesa cattolica propone a e b da sempre. Gli specialisti sottolineano inoltre che "l'astinenza e la fedeltà hanno finora evitato sei milioni di morti in Africa". Il Papa - concludono - "fa notare che rischiamo di aggravare il problema dell'aids se i programmi di prevenzione si fondano solo sui preservativi. Questo è anche lo stato delle conoscenze in materia di salute pubblica e di epidemiologia".
Quello di "Le Monde" non è un caso isolato.
Il 29 marzo " The Washington Post" ha pubblicato un articolo che non ha nulla di dogmatico, a firma di Edward C. Green, in cui viene citato uno studio della University of California.
Dalla ricerca dell'ateneo statunitense si evince che l'uso del preservativo non si è mostrato efficace come misura di prevenzione primaria dell'aids in Africa. L'articolo dal titolo The Pope may be right (Il Papa potrebbe avere ragione) rileva inoltre come l'Unaids, l'agenzia delle Nazione Unite responsabile per la lotta all'infezione, abbia semplicemente ignorato lo studio. Che in realtà non è unico nel suo genere. "The Washington Post" cita infatti altre ricerche scientifiche pubblicate su autorevoli riviste, quali "Lancet" e "Science", in cui si evidenzia come l'uso diffuso del preservativo anche dopo molti anni non abbia garantito un significativo rallentamento dell'infezione da hiv nell'Africa sub-sahariana. Lo stesso articolo si conclude citando l'esempio dell'Uganda in cui la promozione della fedeltà sessuale ha davvero funzionato come argine contro l'infezione.
Sulla stessa lunghezza d'onda è sintonizzato il britannico "The Guardian" nella sua edizione in rete, che già il 19 marzo - quando cioè infuriava l'attacco mediatico contro il Papa - faceva pacatamente notare come il tasso di infezione in Africa sia cresciuto insieme alla diffusione dei preservativi. Perché in Africa il contesto è ben diverso da quello europeo o americano: "La promiscuità - si legge - non è causata dall'edonismo, ma dalla disperazione. L'aids esplode attorno alle miniere, nelle baraccopoli, nelle regioni devastate dalla guerra". In realtà - segnala ancora "The Guardian" - il preservativo minaccia di compromettere la lotta contro l'infezione in Africa, perché incoraggia comportamenti a rischio.
Ma al di là degli organi di informazione, di particolare rilievo è l'opinione di chi, africano, si occupa di combattere l'aids in Africa.
Rose Busigye, direttrice di un centro di assistenza ai malati di Kampala, in Uganda, in un'intervista pubblicata su "Ilsussidiario.net", ha senza mezzi termini affermato che la polemica sollevata contro il Papa è ridicola.
"All'origine della diffusione dell'aids - ha detto - c'è un comportamento, un modo di essere. Il Papa - ha affermato ancora - non ha fatto altro che difendere e sostenere ciò che è veramente necessario, affermando il vero significato della vita e la dignità della persona umana". Sono parole di chi, quotidianamente lotta contro il flagello dell'aids. Di chi non ha interessi da difendere, se non quelli dei malati. Sono parole basate sulla verità dei fatti. Oltre il pregiudizio.

(©L'Osservatore Romano - 18 aprile 2009)

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