martedì 1 settembre 2009

Operazione trasparenza. Secondo Adista la Congregazione per la dottrina della fede si sta occupando di preti e religiosi "liberal" sul fine vita


Vedi anche:

Angelus del 30 agosto 2009: traduzione nelle diverse lingue (da Zenit)

Serve una perdonanza plenaria. Di fronte a un clima ammorbante l’unica cosa da fare è uscirne, tutti (Il Foglio)

Quando il Papa pensa il mondo: speciale di Limes

Il Papa agli ex alunni: la gioia di conoscere Dio spiega la missione (Zenit)

La Chiesa, Obama e Berlusconi. La confusione al potere (Magister)

Caso Boffo, il Gip di Terni: Agli atti non c'è nota su inclinazioni sessuali

Mons. Mogavero: Boffo valuti le dimissioni per il bene della Chiesa

Il testo della bellissima omelia del vescovo dell'Aquila in occasione della "Perdonanza Celestiniana"

Sui media internazionali, le parole rivolte per lettera dal senatore Ted Kennedy al Papa prima della morte e quelle in risposta di Benedetto XVI

Riflessioni di Salvatore Izzo per il blog sulle odiose vicende di questi giorni

Che cosa sappiamo o non sappiamo del "caso" Boffo? Qualche riflessione...

Mario Adinolfi: "L’ipocrisia fa male soprattutto alla credibilità della Chiesa" (Bracalini)

Domani Paolo Rodari approda a "Il Foglio": buon lavoro da parte del blog :-)

Renato Farina: Quella solidarietà che a me fu negata

Boffo si difende: un documento-montatura (Lorenzo Salvia)

Quanta solidarietà da parte dei vescovi a Dino Boffo. Peccato che al Papa non venga MAI riservato lo stesso trattamento...

La “riforma della riforma” e le smentite che non smentiscono (Tornielli)

L'agenzia Adista riferisce di una "lettera indirizzata ai vescovi diocesani e ai superiori provinciali dei 41 preti e religiosi contenente un ordine preciso: convocare i sacerdoti per richiamarli all’ordine ed eventualmente punirli".

Non sappiamo se la rana dalla bocca larga che ha dato la notizia ad Adista abbia detto la verita' (per inciso: sia scovata e gettata nello stagno...), ma vedo comunque bene questa iniziativa volta a fare un po' di chiarezza.
Compito della Congregazione per la dottrina della fede e' difendere la dottrina cattolica e la fede dei semplici.
Preti che firmano iniziative di MicroMega creano solo confusione.
Qui non e' in gioco la liberta' di espressione.
Ciascuno puo' fare e dire cio' che vuole ma, se e' un sacerdote, sappia che ci sono regole ben precise.
Intende violarle? Bene...ha una via di uscita e sia coerente.
Nessuno e' obbligato a rimanere nella Chiesa se non lo desidera.
Trasparenza, coerenza, pulizia: queste devono essere le norme che regolano i comportamenti di sacerdoti e vescovi.
Restiamo in attesa di un riscontro.
Non ho molta fiducia nelle eventuali decisioni "dei vescovi e dei superiori provinciali" per cui mi auguro che la Santa Sede vigili attentamente.
Prima che qualcuno osi dare a Benedetto XVI dell'oscurantista ricordiamo i precedenti: 1974 (Paolo VI), 1989 (Giovanni Paolo II) rispettivamente per una iniziativa di preti a favore dell'aborto e per una lettera per un'attuazione piu' "decisa" (bah!) del Concilio Vaticano II.

R.

26 commenti:

sonny ha detto...

Buongiorno Raffaella e a tutti gli amici del blog. State pure certi che anche in questa circostanza chi si "beccherà'" dell'oscurantista sarà Papa Benedetto (SOLO LUI). C'è una volontà assolutamente pervicace di coinvolgerlo in tutto ciò che potenzialmente è politicamente scorretto. Un esempio lampante è il titolone di stamattina di Repubblica....che magari sarà anche veritiero, però..che pazienza.Raffa, mi sto preparando psicologicamente e spiritualmente per domenica (blitz a Viterbo)..speriamo bene!!

Stefano ha detto...

Prima di tutto se così fosse, per una questione di semplice coerenza bisognerebbe imporre il silenzio all’espressione, da parte degli uomini di Chiesa, di tutte le opinioni cosiddette personali. Il fatto che alcuni non possano esprimere opinioni contrarie riguardo al fine vita ma ad esempio altri possano offrire le loro personali considerazioni sulla questione dell’immigrazione (qualcuno qui qualche giorno fa citava il Cardinal Biffi) o dell’omosessualità, mi sembra particolarmente parziale come trattamento. In secondo luogo, chiudere il dialogo su di un tema così difficile anche all’interno della Chiesa rappresenterebbe una scelta a mio avviso piuttosto grave: impedire la discussione e la espressione di una propria lettura rispetto alla questione anche da parte di Vescovi o teologi rappresenterebbe una scelta difficile da giustificare quanto rivoluzionaria, perché si fonderebbe evidentemente sul concetto che l’unica linea accettabile sia quella indicata dal Pontefice. Ma il fatto che il Papa sia l’unico depositario della Verità sarebbe, innanzi tutto, una novità storica, e porterebbe inoltre ad imbarazzanti contraddizioni. Mi spiego. Non è possibile negare l’apporto che fu dato al pensiero ed alla capacità di vedere la Verità da parte di teologi come Sant’Agostino o San Tommaso, solo per citare i più celebri, che però pure non furono Papi e che certo sarebbero stati estremamente limitati nelle loro riflessioni se fosse valsa la regola di cui sopra, che ci avrebbe privato di un patrimonio insostituibile. Il dialogo, nel difficilissimo percorso di lettura ed interpretazione della Parola, rappresenta uno strumento fondamentale,e la teologia un campo troppo vasto perché sia concesso di esplorarne i territori ad uno solo. Le contraddizioni invece nascerebbero dal fatto che i Papi subito precedenti a Benedetto XVI hanno espresso una Verità molto diversa, sul fine vita. E nella maggior parte dei casi non si possono considerare idee sorpassate per via dei progressi scientifici, sia perché i progressi non sono ancora stati così sostanziali (le probabilità di recupero per alcuni malati, i costi di alcuni trattamenti, una quantificazione sicura sul dolore provato da persone in stato vegetativo ecc.. rimangono invariati) sia perché spesso le loro considerazioni erano anche di carattere più generale e non di rado interessavano anche l’alimentazione e l’idratazione indotta. Io ho letto qui che spesso si è denunciato un enorme vuoto intellettuale dalla parte che critica il Papa Benedetto XVI, sostenendo che non ci sono menti che possano reggere un confronto. Ebbene, chiudendo il dialogo se ne elimina a priori la possibilità. Il numero che riguarda appunto il fine vita di Micromega invece, avrebbe offerto a chi la pensa in questo modo una interessante smentita. Ci sono articoli interessantissimi che portano alla luce, senza polemica, riflessioni complesse che non è possibile liquidare con superficialità, che trattano ad esempio dell’etica della responsabilità, o che offrono una rassegna di come il tema è stato affrontato nell’ultimo secolo dalla Chiesa, ecc.. Non volere neppure ascoltare queste voci solo perché possono dire qualche cosa di diverso mi pare uno sbaglio enorme.
Ste

Raffaella ha detto...

Qui non sono in gioco le opinioni ma i fondamenti della dottrina cristiana.
Impossibile pensare che nella Chiesa ci siano sacerdoti favorevoli all'eutanasia attiva o passiva.
R.

Stefano ha detto...

Non solo sacerdoti, ma il Papa Pio XII, Papa Paolo VI, lo stesso catechismo approvato nel 1992, per fare qualche esempio. A maggior ragione perché si parla di principi fondamentali bisognerebbe essere più cauti e aprire il lavoro di indagine e riflessioni a più forze intellettuali. E tra i fondamenti della dottrina ritroviamo appunto il principio del libero arbitrio, su cui si sviluppa l’etica della responsabilità che fa della religione Cristiana una religione del tutto rivoluzionaria. Tra i fondamenti si trova quello del sacrificio della propria vita per gli altri, che mette in discussione il principio della non disponibilità della vita. Sono solo accenni ma che testimoniano già la complessità cui si vuole rinunciare con un processo di riduzione al silenzio che non trova giustificazione neppure nella storia stessa della Chiesa.
Ste

Raffaella ha detto...

Ciao Stefano, credo che si possa e di debba discutere su tutto, ma il principio della sacralita' della vita non e' negoziabile.
Credo che sia la base di tutti gli interventi della Chiesa.
E' proprio partendo da quel principio che si puo' chiedere la salvaguardia dei diritti degli immigrati, si puo' pretendere che ogni Governo soccorra chi e' su una barca alla deriva in alto mare, si puo' chiedere che un condannato a morte venga graziato...
R.

Stefano ha detto...

Non mi ritengo, sinceramente, all’altezza di sostenere una discussione tanto difficile, per cui non vorrei che le mie considerazioni che saranno sicuramente deboli pregiudichino la possibilità di immaginare anche letture differenti dell’intera questione. Per questo, di cuore, rinvio piuttosto alla lettura, ad esempio, del citato numero della rivista, se non altro perché porta alla luce riflessioni e spunti interessanti e meglio articolati a riguardo. Siamo perfettamente d’accordo sulla sacralità del diritto alla vita, ma si tratta di un diritto che vede un limite, a mio avviso, quando si tratta di una scelta personale che si riflette su se stessi. Impedire la scelta, forzatamente attraverso una legge dello Stato, impedire di sbagliare, va in diretto contrasto con i principi del libero arbitrio e quello del sacrificio. La sacralità della vita per esempio, dovrebbe essere negoziabile: fu negoziata da Cristo stesso che accettò di dare in cambio la Sua per la Salvezza di noi tutti. Questo dare in cambio è appunto il negoziarla. Senza arrivare tanto lontano dalla nostra realtà più umana, si potrebbero fare esempi più concreti in cui la sacralità della vita deve poter essere messa in discussione perché è un principio cristiano quello di metterla in secondo piano e offrirla per qualcun altro. Ma senza stare ad esaminarli nello specifico mi interessa più che altro, qui, semplicemente dimostrare che esiste la possibilità di una discussione, che è appunto quella che sarebbe sbagliato e controproducente negare, e che riconoscendo la complessità del tema ci si rende conto di come molti punti fondamentali non possono essere risolti con una inamovibile ed insindacabile sicurezza.
Ste

Anonimo ha detto...

Cara Raffaella, condivido le tue osservazioni in pieno. Ahimè, uno dei preti sottoscrittori del manifesto di Micromega sul fine vita è coadiutore nella mia parrocchia. Ti assicuro che le mie orecchie hanno udito cose che neanche Lutero...Io dico sempre che la chiesa cattolica non è un supermercato dove uno entra e prende quel che vuole, ma un corpus di dottrina tramandato dagli apostoli e basato sulla Pietra Angolare che è il Divin Maestro. Obbedienza ed umiltà: queste virtù mancano nei presbiteri al giorno d'oggi. Ad ogni modo ho segnalato la non ortodossia del succitato "sacerdote" al mio parroco che è anche vicario episcopale e ovviamente, dopo qualche generica rassicurazione non è cambiato nulla, evidentemente questi preti "farinelliani" hanno degli appoggi in alto...nel mentre lo scandalo nei fedeli aumenta...
Vittorio

massimo ha detto...

io ho letto la rivista in questione,certo c'è molto da discutere ma c'è anche molto intelettualismo ancorato alle nuvole,malafede,ideologismo.
io di mestiere e come insegnante mi sono occupato e mi occupo di malati terminali e ocologici.....
nulla della mia esperienza si ancora o si confronta con quello che ho letto su micromega che mi è parsa in realtà solo molto fumosa,ideologica,a prescindere e pregiudizievole con un approccio cristiano che la tradizione cristiana ha lasciato.
quella rivista confonde le idee, alla fine,e questo è solo l'inizio del processo socio politico tipico delle persone che lo stanno manovrando ma che tenteranno di farlo passare come dato culturale spontaneo nell'opinione pubblica.
è già successo con l'aborto.
nessuna richiesta di eutanasia può essere elaborata da nessuna persona se non è già preinpostato da altro.
mi spiego,uno desidera e chiede la morte solo se c'è l'accanimento terapeutico,l'abbandono,la depressione,la solitudine,il dolore insopportabile....ecc.
in soldoni è l'accanimento terapeutico,la solitudine,il dolore non controllabile che genera la richiesta di eutanasia.
previeni questi,tratta la persona da persona,con AMORE e nessuno ti chiederà di morire......
su questo la proposta cristiana ha da dare molto e fare moltissimo,diversamente è finito il cristianesimo.
inoltre lo scientismo esasperato,l'economia e la logica del profitto che controllano la medicina e le scienze generano processi eutanasici.........la cosa è complessa.
anche su questo il cristianesimo ha da dire molto.la chiesa non può amettere infine il processo eutanasico semplicemente perchè la vita e la morte sono di Dio.
non uccidere non è negoziabile.
se uno non è credente,non uccidere è una regola non negoziabile semplicemente perchè è dis-umano e inaccetabile disporre della vita di altri e della propia.
un prete su questo deve avere le idee chiare.se no non è prete,semplicemente perchè è la chiesa che ti dà il mandato,se tradisci la chiesa la chiesa ti deve additare ai fedeli e scaricare.
siamo in un periodo torbido culturalmente,infatti tutti quelli che invocano il libero arbitrio e la libertà di coscienza su questi temi sono sempre contrari alla pena di morte,condannano e si stracciano le vesti per i paesi n cui è applicata,come i preti firmatari di micromega tutti ben omologati politicamente tutti molto anti-questo e anti quello.....
fà benissimo la congregazione della dottrina della fede a mettere paletti,una cosa è avere idee per sè diverse dal pensiero morale della chiesa una cosa è essere ministri ordinati di cristo,portatori cioè del messaggio salvifico e sacramentale che cristo ha lasciato alla chiesa.
cristo ci ha inseganto che la vita e la morte sono del padre e lui è il signore della vita,un sacerdote quindi deve saper indicare la strada per un eubiosia della vita.
sono anni che lavoro in ospedale,alternandomi a mie attività ecclesiali,mai ho pregato con i miei pazienti,tengo separate le mie due realtà rigorosissimamente.loro non sanno che praticamente vivo in un convento,mai lo sapranno,al massimo la mia barba nera desta qualche sospetto........
ma mai e poi mai,ne a mè ne ai miei allievi,nè ai miei colleghi ci è stata rivolta una richiesta eutanasica,semplicemente perchè non ce ne era bisogno,abbiamo applicato la professionalità laicissima dell'eubiosia.
ciao a stefano che ho apprezzato per i suoi contributi.
mi farebbe piacere in altra sede approfondire.grazie a Raffa sempre per il bellissimo blog.
ciao massimo

Stefano ha detto...

Eppure quel “confondere le idee” con un “intellettualismo ancorato alle nuvole”, che è proprio dove dovrebbero volare i pensieri più alti, non può essere tacciato automaticamente in modo negativo. E’ giusto lasciarsi scuotere nelle proprie certezze, affinché si sia più consapevoli di queste, o ci si diriga verso nuove. E non posso non notare della confusione nella sua testimonianza, che pure avrebbe potuto essere un aiuto interessante. Ci tiene subito a precisare che la sua esperienza non si ritrova in quello che ha letto, il che dovrebbe significare che le testimonianze di disperato dolore che aprono la rivista non le sono mai passate davanti agli occhi, e che di tutto quel mondo di eutanasie silenziose che esisteva grazie alla mancanza di regolamentazione lei non ha mai avvertito la presenza. Eppure conferma che il desiderio di morte sia possibile laddove si prospetti la possibilità per una vita senza vita, di abbandono, di depressione, di accanimento terapeutico. Converrà che non è ancora possibile stabilire con certezza se e a che grado chi si trova in certe situazioni sia capace di sentire e godere delle possibili attenzioni con cui viene curato, né in che modo queste si bilancino con le piaghe, la totale dipendenze, i vari dolori fisici cui va in contro, e soprattutto l’impossibilità totale di comunicare con chi gli sta intorno (che per me è la cosa, tra le tante, più inimmaginabile).
Paragonare il libero arbitrio esercitato nella scelta di lasciarsi morire, sbagliata magari, ma pur sempre una scelta propria e fatta su se stessi, con la pena di morte, in cui la scelta al massimo è dello stato, quello sì mi sembra invece un confondere le idee.. Disporre della propria vita è quello che permise al Figliol Prodigo di sbagliare, è quello che da un senso alle nostre scelte giuste, laddove se fossero semplicemente obbligate, perderebbero qualsiasi valore. Per non parlare del fatto che la scelta di cedere le risorse, il posto, le attenzioni, il personale(che non sono infiniti) per salvare la vita di qualcuno che magari ha più possibilità, accettando di sacrificare per questo la nostra che magari si prospetta semplicemente come una morte lunga anni, non è semplicemente civilmente magnanimo, ma anche profondamente cristiano.
“un prete su questo deve avere le idee chiare”. E’ proprio così, nei termini del possibile, i sacerdoti e con loro poi quindi i fedeli, devono poter aver una chiara lettura del messaggio di Cristo. Ma per arrivare a questo bisogna avere il coraggio di sondare le letture possibili, che sono diverse, per poter testimoniare quella giusta. Zittire chi la pensa diversamente invece di continuare il dialogo non vedo come ci possa aiutare.
Ste

Anonimo ha detto...

ho molto apprezzato il contributo di Massimo, che condivido riga per riga, parola per parola

e lo dico da medico, che sul campo - e non sui giornali - affronta nel concreto il problema del paziente pre-terminale e terminale

faccio mie anche le parole di Raffaella

non ho letto Micromega (e non credo che lo farò)

se per il cattolico la sacralità della vita dall'origine alla sua fine naturale è un principio non negoziabile, mi chiedo dove voglia andare a parare Stefano quando auspica il "dialogo" su un punto che non può essere messo in discussione

dobbiamo presentare in maniera appropriata e feconda (con l'esempio e la testimonianza!!) la dottrina della Chiesa, ma questo si chiama apostolato, non "dialogo"

Stefano scrive
"La sacralità della vita per esempio, dovrebbe essere negoziabile: fu negoziata da Cristo stesso che accettò di dare in cambio la Sua per la Salvezza di noi tutti. Questo dare in cambio è appunto il negoziarla."

negoziare la sacralità della vita è contrario alla dottrina cattolica

il parallelo con Cristo mi sembra -teologicamente parlando - un po' audace, e qualcuno più ferrato di me in teologia potrebbe spiegare il perchè

Luigi

Stefano ha detto...

“il parallelo con Cristo mi sembra -teologicamente parlando - un po' audace, e qualcuno più ferrato di me in teologia potrebbe spiegare il perché”
Mi consenta qualche perplessità. Lei adotta la teoria del “principio non negoziabile”, accettando senza riflettere il postulato di alcuni uomini di Chiesa. Lei ha deciso, piuttosto arbitrariamente, di voler considerare come unica dottrina e Verità la lettura di alcuni uomini di Chiesa,e come lei probabilmente moltissimi altri. Ed è proprio di questo che qui si discute: dato che in questo particolare caso le posizioni differente poggiano entrambe su principi fondamentali, e che la discussione in merito è relativamente recente ed ancora in corso, chiudere la bocca e delegittimare tutte le voci contrarie porta appunto a questo, a convincere che l’unica Verità sia già stata raggiunta, e non ci sia più bisogno di interrogarsi troppo sulla questione.
Il parallelo con Cristo non dovrebbe essere audace ma d’obbligo, considerando che la nostra religione è proprio quella che ci spinge a confrontarci e a confrontare le nostre scelte sempre con la Croce. Lo confermerebbe proprio il fatto che tutti quei missionari che mettono la loro vita in pericolo estremo, giorno per giorno pongono in discussione l’assolutismo del principio della vita, accettando di negoziarlo in cambio di un poco d'aiuto offerto a persone spesso neanche cristiane, solo per fare un esempio.
Quello che mi disarma però non è che si accetti una posizione radicale contro qualsiasi tipo di testamento biologico o possibilità di lasciarsi morire, ma che, trincerati dietro posizioni che a volte nemmeno si comprendono del tutto, non si sia completamente capaci di ammettere la possibilità che la verità non si trovi in queste, né si dimostri interesse anche solo a leggere firme autorevoli che spiegano interpretazioni differenti.
Ste

Anonimo ha detto...

Gentile Stefano,

"il postulato di alcuni uomini di Chiesa", come lei lo definisce è in realtà la lettura del V comandamento che dà il CCC (http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P7Y.HTM)

il parallelo con Cristo o i missionari [“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,13)] mi sembra poco attinente alle tematiche in discussione sul fine vita: il malato terminale dà la propria vita, prima del suo spegnersi naturale...in cambio di cosa? pesare meno sul budget sanitario regionale??

Cordialità

Luigi

Anonimo ha detto...

PS per Stefano

per caso lei ha esperienza diretta e concreta di lavoro con malati pre-terminali/terminali, o si tratta di riflessioni teoriche personali?

Luigi

Anonimo ha detto...

[Ho provato a riscrivere la mia risposta, ma non so dove sia l'errore da correggere perchè sia pubblicata]
[Ste]

Raffaella ha detto...

Ciao Stefano, ho pubblicato tutti i tuoi post.
Sei sicuro che non sia stato inserito?
Ciao
R.

Stefano ha detto...

Gentile Raffaella, ho qualche problema con internet ultimamente, forse non sono riuscito ad inviartelo, scusami. Era questo:

Il parallelo con Cristo o con i missionari ci aiuta, a mio avviso, a capire due cose. La prima è che il concetto per cui la vita “non è disponibile”, e per cui il principio della vita “non è negoziabile” potrebbe essere incorretto, perché contraddetto in maniera abbastanza evidente almeno da questi due luminosissimi esempi. Molto probabilmente grazie a questo si rende possibile l’articolo 2278 del passaggio del CCC che lei stesso mi ha ricordato, che confermerebbe questa tesi. Considerando però che anche il Catechismo è scritto da uomini di Chiesa, uomini di Chiesa come Paolo VI, o Pio XII, come i vescovi della conferenza episcopale tedesca che hanno redatto il testamento biologico cristiano, e come tanti altri.
La seconda cosa che ci potrebbe suggerire è appunto quella che lei ha chiamato del “budget sanitario”. Perché si, purtroppo i medici, le risorse economiche, i posti non sono infiniti, e non si possono chiudere gli occhi di fronte a questa realtà. Per cui nell’alternativa che si pone tra l’essere obbligati, senza possibilità di scelta nella maniera più assoluta, a prolungare il più possibile la propria vita attraverso l’artificialità delle macchine ed in uno stato poco umano sostanzialmente irreversibile, per anni, e la possibilità invece di decidere di cedere questo posto e queste risorse preziose ad un fratello, io per lo meno avrei dei dubbi nel decidere quale dei due sia da considerarsi un comportamento realmente cristiano.
Lei mi ha chiesto se ho esperienza concreta e diretta in merito. No. E probabilmente ha ragione, per questo la mia opinione conta un po’ di meno e dovrei lasciare che chi ha un’esperienza diretta, chi davvero si è trovato in queste situazioni debba poter decidere. E più ancora dei medici, forse gli stessi pazienti ed i loro familiari. Ma io in realtà, qui, riflettevo solo sulla chiusura di certe posizioni, prima di entrare nel merito delle posizioni stesse.
Ste


Ti ringrazio per la pazienza.

Anonimo ha detto...

Caro Stefano,

le assicuro che nella vita reale e concreta il concetto di allocazione delle risorse (pensi ad es. algi orgnai da trapiantare!!) è ben presente nella mente di chi lavora in campo medico-sanitario

esista una chiara e netta differenza fra fornire le cure basilari, spesso limitate e palliative, e l'accanimento terapeutico cui allude lei

parlandodi tali temi senza una conoscenza sul campo, solo in teoria, non è vero che "l'opinione conta meno", rischia però di essere una mera elaborazione mentale, non ancorata alla realtà dei fatti, tutto qui

cordialmente

Luigi

Anonimo ha detto...

addendum:

le decisioni sul fine vita non possono essere "scaricate" sui pazienti e sui familiari: in quel momemento di estrema debolezza fisica e psicologica è fondamentale - nella mia esperienza - che abbiano accanto un professionista a cui appoggiarsi, con cui confrontarsi e con il quale condividere la strada che resta da fare (e questo a prescindere da espliciti riferimenti religiosi, sia ben chiaro)

Luigi

Massimo ha detto...

benissimo Stefano forse la confusione viene dal fatto che avevo lavorato di notte.

cerco di esprimermi con ordine. lei dice che le esperienze di dolore descritte(ad arte ,radicali docet !!!vedi la campagna pro aborto anni 80) sulla rivista io non le abbia incontrate forse perché semplicemente quelle persone hanno trovato luoghi e persone lontano dall'umanità. la modernità ci ha portato a questo,la monetizzazione della malattia e l'aziendalizzazione della strutture sanitarie,lo scientismo,la medicina succube dell'economia e l'economia totalmente priva di un etica,il secolarismo hanno portato a questo.

nelle strutture dove io ho lavorato o servito avevano quella grande esperienza che univa umanità e scienza,non nate dal cristianesimo ma anzitutto dalla visione aristotelica dell'esistenza,della vita,dell'uomo,a capo di tutto non c'è la dottrina di alcuni uomini ma c'è la sapienza antica che oggi chi della ragione vorrebbe essere adoratore fa un uso sbagliato e informe,basti che pensi al giuramento di Ippocrate. oggi dimenticato e irriso,altro che volare sulle nuvole qui si tratta di stare per terra con la realtà di tutti i giorni caro mio,ma senza perdere di vista l'"essere" e la sua realtà.

continua...

Massimo ha detto...

c'è una risposta alla situazione di abbandono,di piaghe,di puzza,di solitudine,di dolori atroci,di paura,del perdere la dignità,la mente,la comunicazione....è PREVENIRLO,è attenzione,è accoglienza,è rispetto,è dare valore assoluto,all'essere e non valore relativo,è ascolto,guardare negli occhi,è non fare svolazzi in alto intellettualistici tra le nuvole ma dare risposte concrete,alle piaghe,alla sete,alla solitudine,alla depressione,alla cacca che puzza,al dolore,risposte reali efficaci in scienza e coscienza,in intimità,queste risposte reali ci sono,i farmaci ci sono,i soldi ci sono,devono esserci,e abbiamo un formidabile tradizione alle spalle è l'amore cristiano,la pietas,la caritas,incarnati in secoli di storia che non studiamo più.

in breve la condivisione,della vita e delle vite,non siamo isole,siamo individui relazionali e tutto si basa sul fatto che ognuno di noi per i cristiani dovrebbe essere un tesoro per l'altro.

poi una falsità : non è vero che esiste l'eutanasia sotterranea o praticata chissà come(clandestina),esistono gente che non ama il suo lavoro,che non usa banali protocolli,è pagata male,è pigra,ignorante,disumana, e pazienti che non sono retribuitivi nelle logiche economiche e professionali o accademiche in una parola abbiamo perso di vista la grandezza dell'uomo,di ogni uomo .e la grandezza della missione che io sano vorrei far star meglio chi non lo è,abbiamo perso di vista la parola e il valore della parola "MISSIONE",questo intendo per secolarismo. se si incontrano persone devastate da esperienze negative come descrive lei,lette sulla rivista non è che si risolve omologandoci tutti alla loro sensazione di vuoto e disperazione prendendoci la libertà di toglierli dal mondo,o togliere dal mondo chi amano,o rendere lecito l'omicidio perchè è dolorosissima la disperazione ed è sparita la pietas,che facciamo ora? un paziente ha un problema grave che non si risolve:lo risolviamo eliminando il paziente !!! così pare sia ormai per taluni medici che Ippocrate né Cristo sanno chi sia.

uccidere sè stessi,perchè malato incurabile,per legge è uguale uccidere chi ha sbagliato per legge,sempre uccidere è,non confondiamo le cose davvero.

la vita di chiunque non è un dono disponibile semplicemente perchè è vita ed è dono,dissertare su questo oltre è volare,la vita è cura,è concretamente prendermi carico "di" perchè amo e se non amo non vivo,questo abbiamo dimenticato.

terribile Stefano quello che dice,rinunciare a cure per darle a salvamento di altre giovani e degne di essere vissute,ma se non è nello stato reale di bisogno tipo Massimiliano Kolbe nel lager,questa è disumanità,è istigare le persone a sentirsi di peso,gli anziani a lasciarsi morire,ma quale stato vuole davvero monetizzare i giorni che vivo in malattia a scapito di altri ?????? assurdo questo davvero

Massimo ha detto...

un popolo civile misura la sua civiltà da come si prende cura dei vecchi ,dei deboli, dei disabili ,dei malati senza speranza,non centra la religione,ma per me è la misura del cristianesimo la misura dell'amore.

assurdo anche quello che dice sulla lettura della verità di alcuni uomini della chiesa,la chiesa da sempre ha avuto in due millenni di storia, la stessa visione contro l'eutanasia e l'accanimento terapeutico che eutanasia genera,solo è cambiato l'approccio e il mezzo scientifico e tecnico per cui l'approccio della chiesa è diverso,ma sempre rimane la legge di Dio: “NON UCCIDERE”.

questa l'unica dottrina della chiesa,financo precedente a lei e presente nel giudaismo e nell'ellenismo(Ippocrate/ Aristotele)secoli prima,il “non uccidere” è una legge naturale iscritta nel cuore della natura umana. per me l’ha scritta Dio. da lui veniamo a Lui andiamo.

per questo ritengo gravissime le filosofie che giustificano l'eutanasia,innanzi tutto violentano la natura umana,sono perverse: inumane. come il nazismo e il nichilismo che lo precedette.

e qui mi fermo ma vorrei ricordare che fu il nazismo ad applicare le giustificazioni per rendere possibile l'eutanasia.

non sono uno scrittore,perdonate tutti la mia sintassi e il mio stile,sono un insegnate lavoratore in ospedale.

mi preme infine dire che ho 38 anni ho iniziato a 18 a condividere le vite dei depressi e dei schizofrenici gravi e dei handicappati mentali gravi(quelli che si abortiscono oggi se scovati)sono passato per un centro trapianti,per una rianimazione pediatrica,andando poi in un centro chirurgico e oncologico e qui mi trovo,mai e poi mai qualcuno mi ha chiesto di morire,ma tutti di dargli da bere,di vivere,di sperare.

ho avuto pazienti vescovi,professori di greco,filosofia,medicina,matematica,contadini,assassini,poliziotti e galeotti,suore di clausura,ministri,deputati,travestiti,uomini e donne,bimbi e vecchi,mamme e figli informi,nessuno ha filosofato,tutti hanno cercato le mie mani,mani scandalose che lavoravano per non produrre nulla,solo tenerezza e sollievo,pietas,sentirsi persona,pace e speranza.

tutti i bimbi e le loro mamme mi hanno accarezzato la barba,tutti;e le suore contemplative,ma solo loro possono questo privilegio,mi hanno dato un bacio.

Massimo

Raffaella ha detto...

Cari amici, ho capito come mai alcuni post non passano.
Se si utilizzano piu' di 4000 caratteri il blog li blocca.
Vi chiedo, qualora voleste scrivere commenti molto lunghi, di dividere in due o tre parti lo scritto ;-)
Grazie a tutti
R.

Stefano ha detto...

Non dubito che chi oramai si trova nella situazione di cui si sta trattando, abbandoni il “filosofeggiare” fronteggiando la morte ed il dolore in un modo che è difficile da immaginare per chi non ci è passato. Eppure, era lo stesso Aristotele già a ricordarcelo, noi possiamo e dovremmo filosofare, proprio perché ci siamo liberati dalle necessità più impellenti. A loro restano le richieste di essere accuditi, per chi può ancora comunicare, o il grido di disperazione, talvolta silezioso, perché non si può più interagire con il resto del mondo. L’eco di questo grido è quello che ho sentito nella testimonianza dei parenti dei malati che aprono la rivista. E non credo siano casi isolati, sia solo per il fatto che mi sembra la reazione più umana. Tant’è che, per quanto mi sembri strano che proprio dove ha lavorato lei non sia mai capitato, la pratica di una sorta di “eutanasia silenziosa” è abbastanza diffusa, o lo era fino ad oggi, nel nostro paese, ed è stato comprovato da più parti.
Leggendo le sue parole mi sono convinto che lei deve prendersi sul serio cura dei pazienti, e non dubito che lo faccia al massimo delle sue possibilità. Ma non può andare oltre. Si può lenire un dolore fisico, si può tamponare con l’affetto e la cura attenta un dolore dell’anima, ma qui non si tratta di questo. Si tratta di restare impotenti, incapaci di comunicare totalmente, incapaci di lenire le sofferenze dei cari che ci stanno attorno e di cui noi siamo causa, senza nessun controllo sul nostro corpo, anche per anni. Per anni. Lei potrebbe immaginare una condanna più terribile? Eppure non contempla neanche la possibilità di scelta, questa esperienza estrema di dolore deve essere affrontata. E sono sicuro che, per chi come lei, ha la forza di affrontarla da medico curante, o da parente che assiste, deve essere una esperienza ricchissima non ostante tutto, dal punto di vista cristiano ed umano. Ma per chi la soffre a pieno, per chi la vive, o meglio, subisce, mi conceda almeno il dubbio che possa essere eccessiva. Sia chiaro poi che il malato non rinuncerebbe alla pietas del personale, coraggiosissimo, che gli sta attorno. Rinuncerebbe semmai, prima di tutto, alle macchine. Vale a dire ad un sistema artificiale che ha il solo scopo di prolungare la sopravvivenza, in qual sia forma, il più possibile. Ebbene, non solo fatica a sembrarmi una cosa naturale, ma non mi è facile neanche vedere la pietas di cui parla, in questa costrizione a strappare qualche anno in questo modo alla morte.

Stefano ha detto...

“uccidere sè stessi,perchè malato incurabile,per legge è uguale uccidere chi ha sbagliato per legge,sempre uccidere è,non confondiamo le cose davvero”
Non è proprio così. Converrà che, ad esempio, tra l’abbandonare ogni bene materiale e andare in convento, o il privare un altro di ogni suo bene e costringerlo a vivere in un convento, o ancora, per estremo, drogare me stesso e rendere un altro con la forza dipendente da droga, ci sia una differenza enorme. La differenza sta nella scelta. Chi ha commesso un crimine non sceglie di interrompere bruscamente la sua vita. Gli viene portata via da un organo dello stato, che lo obbliga ad una pena estrema. Uccidere se stessi, se vuole proprio dirla così, perché non ci si stente in grado di sostenere una prova tanto forte, ebbene è una scelta personale, anche se non necessariamente giusta dal punto di vista etico. Il punto è che nemmeno Dio ci costrinse a fare solo le scelse giuste, per cui che lo si pretenda dallo Stato, quando questo non nuoce particolarmente ad altri nella comunità se non a noi stessi, mi sembra almeno un po’ presuntuoso.
“la vita di chiunque non è un dono disponibile semplicemente perchè è vita ed è dono,dissertare su questo oltre è volare,la vita è cura,è concretamente prendermi carico "di" perchè amo e se non amo non vivo,questo abbiamo dimenticato.”
Sono parole molto belle. E, almeno in parte, sono d’accordo. Però sono riflessioni sulla vita, che hanno lo stesso diritto di altre. Dissertare oltre sulla concezione della vita è proprio quello che siamo chiamati a fare, perché è in gioco qualcosa di estrema importanza. Ancorarsi ad una concezione della vita senza pensare che esista la possibilità che sia sbagliata o perfettibile è molto pericoloso, così come lo è chi ci induce a farlo. Inoltre, come ho già cercato di spiegare, non è neppure così semplice come lo si vuole fare sembrare: la vita è un dono, questo certo. Ma che sia non disponibile? Tanti esempi ci dimostrano il contrario, come già detto, cioè che si tratti di un dono che debba essere investito, impiegato, sfruttato e fatto fruttare. E questo può avvenire solo se siamo noi che liberamente scegliamo come adoperare questo “talento”. Se già siamo costretti ad adoperarlo solo in un certo modo, allora è come se nessuno ce lo avesse mai realmente affidato.
“terribile Stefano quello che dice,rinunciare a cure per darle a salvamento di altre giovani e degne di essere vissute …ma quale stato vuole davvero monetizzare i giorni che vivo in malattia a scapito di altri ??????”

Stefano ha detto...

Non è lo Stato, tanto meno io, ma la realtà che monetizza tutto quanto. Perché oggi, a differenza dei tempi di Aristotele, le cure non si limitano a qualche preparato ed un letto, ma sono impiegate strutture, personale, macchinari che hanno un prezzo ed un numero limitato. E bene lo sanno tutti coloro che possono permettersi alcune cure ma altre no, bene lo sanno coloro che aspettano tempi lunghissimi in code d’attesa vedendo aggravare la loro situazione. Non sarà altrettanto poetico, ma è necessario è giusto considerare anche questo. E quale pietas più grande di cedere il proprio posto, le proprio cure ad un altro? Non dico che non sia terribile, ma lo è anche la realtà in questi casi.
La dottrina cattolica in merito all’eutanasia oggi non può essere confrontata con quella di un passato troppo remoto, perché oggi si è venuta a creare, grazie alla scienza, una situazione del tutto nuova. Quella di imprigionarci (nel senso che non ce ne si può liberare) per tempi indeterminati in uno stato di vita non-umana. “la vita è cura,è concretamente prendermi carico "di" perchè amo e se non amo non vivo” dice lei, la vita è anche molto altro, ma tutto questo è, pressoché, definitivamente impedito a chi non può più prendersi cura di nessuno, ma solo lottare attimo per attimo col proprio dolore. Ebbene nei confronti di questa particolarissima ed inedita situazioni servono anche risposte nuove, e caute. Assimilare, come fa lei, il semplice essere malati con una situazione del genere rischia di essere approssimativo. Ed alcune di queste risposte, anche autorevoli, che sono state date sono discordi dalla tesi che lei e parte della Chiesa sostenete. Ce la sentiamo davvero di ridurle drasticamente al silenzio?
Ste

Stefano ha detto...

Non è lo Stato, tanto meno io, ma la realtà che monetizza tutto quanto. Perché oggi, a differenza dei tempi di Aristotele, le cure non si limitano a qualche preparato ed un letto, ma sono impiegate strutture, personale, macchinari che hanno un prezzo ed un numero limitato. E bene lo sanno tutti coloro che possono permettersi alcune cure ma altre no, bene lo sanno coloro che aspettano tempi lunghissimi in code d’attesa vedendo aggravare la loro situazione. Non sarà altrettanto poetico, ma è necessario è giusto considerare anche questo. E quale pietas più grande di cedere il proprio posto, le proprio cure ad un altro? Non dico che non sia terribile, ma lo è anche la realtà in questi casi.
La dottrina cattolica in merito all’eutanasia oggi non può essere confrontata con quella di un passato troppo remoto, perché oggi si è venuta a creare, grazie alla scienza, una situazione del tutto nuova. Quella di imprigionarci (nel senso che non ce ne si può liberare) per tempi indeterminati in uno stato di vita non-umana. “la vita è cura,è concretamente prendermi carico "di" perchè amo e se non amo non vivo” dice lei, la vita è anche molto altro, ma tutto questo è, pressoché, definitivamente impedito a chi non può più prendersi cura di nessuno, ma solo lottare attimo per attimo col proprio dolore. Ebbene nei confronti di questa particolarissima ed inedita situazioni servono anche risposte nuove, e caute. Assimilare, come fa lei, il semplice essere malati con una situazione del genere rischia di essere approssimativo. Ed alcune di queste risposte, anche autorevoli, che sono state date sono discordi dalla tesi che lei e parte della Chiesa sostenete. Ce la sentiamo davvero di ridurle drasticamente al silenzio?
Ste