mercoledì 16 settembre 2009
Vittorio Sgarbi: Basta con le archistar atee e le loro chiese-scatole (Il Giornale)
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Basta con le archistar atee e le loro chiese-scatole
Non è particolarmente originale affermare che Gianfranco Ravasi è persona intelligente e sensibile, ma è certamente bello trovarlo su un campo in cui la chiesa e molti preti hanno gravi responsabilità, ed è, per chi ha un ruolo importante come Ravasi più facile fingere di non vedere o ripararsi dietro a formule di comodo. Per intendere fino a che punto io condivida il suo pensiero, mi sembra utile citare uno stralcio di un mio articolo su questo giornale, il 29 agosto. Non avevo parlato con Ravasi e non conoscevo il suo pensiero.
«Le biblioteche nuove come questa, minacciata a Milano, sono come le moderne architetture religiose, senza anima e vita rispetto alle chiese gotiche, rinascimentali e barocche». Oggi Ravasi esce, candidamente, allo scoperto, e dichiara: «Un certo cattivo gusto nelle chiese oggi è un dato di fatto. Per questo è indispensabile una formazione di tipo estetico a partire dai seminari e dalle parrocchie».
Come è nella sua natura Ravasi guarda quello che ha davanti e parla con immediatezza. Gli torna alla memoria il pensiero di quell’altro prete straordinario e umanissimo che era David Maria Turoldo, ancora più severo: «Oggi le chiese sono come un garage dove Dio viene parcheggiato e i fedeli sono parcheggiati davanti a lui». Il destino gli ha risparmiato la visione dell’orrido edificio concepito per la povera città di Foligno da Fuksas, che sembra aver voluto dare corpo alle parole di Turoldo e ha edificato un garage chiamandolo chiesa. Si tratta dell’architettura religiosa di più recente costruzione, ma se si escludono le chiese progettate da Mario Botta con forti richiami alla tradizione romanica, le preoccupazioni di Ravasi e la profezia di Turoldo sono purtroppo confermate da una realtà catastrofica. Prima di tutto gli architetti hanno perso il cielo: sono sparite cupole e volte e ogni riferimento alla sfera celeste. Questa aberrazione (fortunatamente scongiurata nella rigorosa ricostruzione della cattedrale di Noto, per la quale mi sono battuto anch’io con un altro prete dotto e sensibile, il vescovo Chenis, perché la decorazione pittorica e plastica fosse coerente con le linee architettoniche restituite), è evidente nella chiesa matrice di Menfi parzialmente abbattuta con il terremoto del Belice. Per non rischiare il falso storico (che in architettura è un concetto assai opinabile, se soltanto si pensa al tempo di costruzione del Duomo di Milano), l’architetto Gregotti ha pensato bene di rovesciare la direzione dell’architettura e di integrarla con linee geometriche a forma di scatola, a lui tanto cara, in cemento armato. Ne è uscito un aborto che ha sfigurato l’edificio sia all’esterno che all’interno.
Evidentemente gli architetti, soprattutto quelli di grido, non riescono a superare le loro convinzioni atee e si applicano a una chiesa come un supermercato, prima di tutto negando lo spirito di elevazione che l’architettura nella sua vastità intende indicare. Ecco quindi la predilezione per le scatole e un linearismo funesto. Ne è un esempio il santuario di San Gabriele al Gran Sasso sfortunatamente risparmiato dal terremoto: un gigantesco garage con un avancorpo di cemento armato per proteggere le migliaia di pellegrini il cui numero dovrebbe giustificare l’assoluta assenza di spiritualità e anche la prepotenza di spazi informi sovrapposti alla piccola chiesa dedicata al santo all’inizio del secolo scorso. Le architetture religiose contemporanee denunciano l’assenza di fede e sembrano negare il mistero. Non c’è spazio per cripte, presbiteri, transetti riferimenti alla croce, vertigini luminose.
Se Dio esistesse assomiglierebbe a un operaio in fabbrica, e ogni pompa e sfarzo, come nella chiesa storica risulterebbero impropri e inopportuni.
Così le nuove chiese tentano pateticamente di somigliare a stabilimenti industriali in ossequio a un’ideologia che intende la bellezza e la ricchezza come una colpa.
Ha dunque ragione monsignor Ravasi quando pone la questione in termini di formazione, di studio, di estetica. L’estetica della chiesa come quella del teatro fa riferimento a una realtà sociale, di identificazione in valori comuni, allegati alla religione e alla letteratura. Oggi individualismo e scetticismo hanno cancellato questi valori condivisi e l’architettura mostra i segni evidenti di questa crisi dell’uomo e dei suoi valori. È singolare che lo stesso disagio segnalato da Ravasi e da Turoldo si riscontri anche nel mondo del teatro, luogo per eccellenza di rappresentazione di valori umani condivisi e di cui è evidente la doppia crisi, sia negli spazi architettonici sia nella produzione letteraria. Ciò che si è perduto è la spiritualità dell’uomo che non si proietta neppure nelle architetture religiose.
© Copyright Il Giornale, 16 settembre 2009 consultabile online anche qui.
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5 commenti:
Non nutro molta simpatia per Sgarbi, ha ragione
concordo in toto con la frase di chiusura di questo articolo. Immagino che un po' di colpa, per rispondere invece alla domanda del post su Ravasi, sia anche nostra, che ci siamo lasciati imbesuire dalla fuffa del pauperismo architettonico spacciato da alcuni divini cementificatori per necessaria sobrietà, dopo secoli di "colpevole" sfarzo degli edifici di culto cristiano (sullo sfarzo dei templi altrui nulla di male, anzi, sono "meraviglie del mondo"). Ma sono gli uomini di Chiesa a dover essere sobri e parchi, ben più che i luoghi dedicati al Signore.
Sono rimasto molto contento nel leggere l'articolo sul Il Goirnale relativo allo scandalo delle chiese mostruose costruite degli < archistar >.Confesso che sono moltisissime e che personatmente ho sempre infilato delle cassette delle offerte un obolo con allegata una nota relativa al disgusto che avevo provato nell'entrare in questi edifici che mi rifiuto di chiamare chiese.Propongo di denunciare con una raccolta fotografica questi obrobi e mi candido di inviarle gratuitamente foto di gueste costruzioni assurde e ossessive.Li dentro non si può pregare.Ma chi è responsabile? dove sono i nostri vescovi? ...e i nostri sacerdoti ??La ringrazio e se desidera che le faccia avere quanto proposto mi faccia sapere.Antonio Zanatta - viso
Caro Antonio, e' difficile caricare immagini in un blog come questo.
Se ha un link si puo' pubblicare.
Grazie
Raffaella
Cara Raffaella, la ringrazio della pronta risposta, non ho un link, vodrò cosa posso fare. L' argomento mi in teressa molto.Grazie
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