venerdì 9 gennaio 2009

La diplomazia di Benedetto (Valli)


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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

La diplomazia di Benedetto

ALDO MARIA VALLI

La scelta militare non è mai una soluzione e la violenza, da qualunque parte provenga e qualunque sia la sua forma, va sempre condannata.
Sceglie con cura le parole Benedetto XVI di fronte agli ambasciatori del 177 paesi accreditati presso la Santa Sede.
Per la Terra Santa torna a chiedere il ripristino immediato della tregua, ma guarda anche avanti. Non si potrà mai arrivare alla riconciliazione, dice, senza un approccio globale ai problemi di quei paesi. E poi un auspicio che è anche una richiesta: è molto importante che in occasione delle elezioni nei prossimi mesi emergano dirigenti capaci di far avanzare con determinazione il processo di pace. Quindi un ricambio di classe politica, per voltare finalmente pagina.
Nell’analisi a vasto raggio della situazione mondiale il papa condanna il terrorismo come la corsa al riarmo, ribadisce che pace e giustizia si ottengono solo eliminando miseria e squilibri sociali, definisce urgente una strategia complessiva contro la fame e le nuove povertà, chiede una soluzione negoziata per la controversia sul nucleare iraniano.
Il pensiero va poi ai tanti cristiani perseguitati per la loro fede nel mondo. E infine sulla laicità dice: quando questa è sana non ignora la dimensione spirituale; la religione non è un ostacolo ma un fondamento di una società più giusta e più libera.
Il testo nel complesso denota lo sforzo dell’equilibrio, specie dopo che il cardinale Martino ha detto che Gaza sembra un lager e Israele non ha nascosto il suo disappunto.
Il viaggio di Benedetto in Terra Santa, previsto per maggio, torna così in discussione. E dentro i sacri palazzi riemerge la differenza di accenti. In generale il Vaticano è per la tutela delle popolazioni e il diritto di entrambi gli stati a vivere in sicurezza, ma le bombe israeliane sulla scuola dell’Onu hanno lasciato il segno anche nella curia romana.
La diplomazia vaticana è convinta che il conflitto israeliano-palestinese non possa trovare soluzione senza una sistemazione complessiva del quadro mediorientale, e Benedetto XVI davanti agli ambasciatori lo dice in modo chiaro. Il suo messaggio alle cancellerie parla della necessità di dialogo tra Israele e Siria e, per il Libano, di appoggio al processo in corso di consolidamento delle istituzioni. E poi l’Iraq, con l’incoraggiamento alla nazione perché prenda pienamente in mano il proprio futuro costruendolo senza discriminazioni razza, etnia o religione; e l’Iran, con la richiesta di un dispositivo che, in merito al nucleare, permetta di soddisfare le «legittime esigenze» tanto del paese quanto della comunità internazionale.
Intanto in vista del 17 gennaio, giornata che dal 1990 la Chiesa italiana dedica al dialogo con gli ebrei, la Cei diffonde un messaggio in cui chiede di non tornare indietro sulla strada del confronto fiducioso dopo che le comunità ebraiche italiane hanno deciso di interrompere la partecipazione alla giornata in seguito alla decisione del papa di consentire il ritorno alla celebrazione della messa con l’antico rito di Pio V (dove c’è l’invito alla conversione degli ebrei) e alle polemiche sulla possibile beatificazione di Pio XII. Sono passati cinquant’anni, si ricorda nel documento, da quando Giovanni XXIII, nel 1959, faceva togliere l’aggettivo “perfidi” dalla preghiera pro judaeis. Nacque lì, dice la Cei, la speranza di un dialogo nuovo, che oggi però incontra nuove difficoltà. Un passo avanti si potrà fare solo cercando di riempire i vuoti di conoscenza tanto dei cristiani a proposito della religione ebraica quanto viceversa.

© Copyright Europa, 9 gennaio 2009 consultabile online anche qui.

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