sabato 31 gennaio 2009

C'è chi vuole dividere ciò che Benedetto XVI unisce (Bordero). Commento monumentale


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C'è chi vuole dividere ciò che Benedetto XVI unisce

di Gianteo Bordero

E' vero quello che oggi in tanti dicono: monsignor Marcel Lefebvre, ordinando nel 1988 quattro vescovi senza la necessaria autorizzazione papale e incorrendo così nella scomunica latae sententiae, inferse una profonda ferita all'unità della Chiesa, l'amore alla quale richiederebbe la disponibilità ad obbedire al vicario di Cristo sacrificando magari la rivendicazione delle proprie personali idee.
Idee di cui, invece, Lefebvre e i suoi seguaci hanno fatto una bandiera, talvolta trasformandole in una vera e propria «ideologia» ecclesiale pregiudizialmente contraria a tutto ciò che in qualche modo potesse essere collegato alle parole «Concilio», «aggiornamento», «modernità».

Ma è vero, allo stesso modo, che Lefebvre non fu scomunicato da Papa Giovanni Paolo II a causa delle sue idee. Neppure quelle riguardanti il Vaticano II.

Oggi tutti coloro che soffiano sul fuoco della polemica dopo la decisione di Benedetto XVI di revocare la scomunica ai vescovi ordinati dal monsignore scismatico, questo dimenticano di dirlo e di ricordarlo, come se niente fosse.

Così mestano nel torbido, lasciando intendere che siano le personali opinioni dei lefebvriani a tenerli fuori dalla comunione ecclesiale. Anzi. Molti di coloro che, dalle pagine dei giornali e dagli schermi televisivi, confondono deliberatamente le idee dei lettori e dei telespettatori su questa vicenda, quasi godono nel ribadire che la piena riammissione della Fraternità San Pio X non è ancora avvenuta, che sono ancora molti i passi da fare (come se il ritiro della scomunica da parte del Papa fosse un fatto di poco conto), e a sostegno delle loro tesi portano sorridenti le dichiarazioni sulla Shoah prima di monsignor Williamson e ora, in mancanza d'altro, di qualche sacerdote lefebvriano.

Spulciano negli archivi e nelle emeroteche, su Google e su YouTube, per cercare altri documenti, altre prove che mostrino in maniera inconfutabile l'errore del pontefice regnante.

Concediamo per un attimo quello che quello che gli intellettuali e i vaticanisti progressisti, martiniani e dossettiani lasciano intendere, e cioè che la rottura dell'unità della Chiesa sia avvenuta a causa delle idee anticonciliari dei lefebvriani, e non dell'ordinazione episcopale, sia vero. E quindi poniamo come criterio per essere scomunicati la difformità dai documenti del Vaticano II.

Sono così sicuri, questi Torquemada dei tempi moderni, che in un caso del genere loro uscirebbero indenni dalle grinfie della nuova Inquisizione «conciliarmente corretta»?

Ad esempio, sono così sicuri che la loro simpatia per la Messa pop, quella che in teoria avrebbe dovuto avvicinare gli uomini alla Chiesa e che invece ha allontanato i cristiani dalle chiese, trovi conferma nel dettato del Vaticano II? Ad esempio, ancora, sono sicuri che le loro aperture a tutto ciò che sa di moderno, anche in tema di famiglia, procreazione, sessualità abbia un qualche fondamento nelle Costituzioni conciliari? Perché si aggrappano ad ogni pie' sospinto allo «spirito del Concilio» e ne dimenticano la lettera?

Forse perché lo «spirito» lo si può immaginare come si vuole ed invece la «lettera» è stampata e lapidaria? Parafrasando il famoso detto latino, potremmo dire che per i più ferventi critici della decisione di Benedetto XVI valga la regola: «Spiritus volat, scripta manent». E, ovviamente, loro stanno dalla parte dello «spiritus».

Per fortuna loro, e grazie a Dio, non pioverà sul loro capo nessuna scomunica, perché il criterio adottato dalla Chiesa non è il loro criterio, tant'è vero che il Papa, prima della revoca, non ha chiesto ai vescovi lefebvriani alcun giuramento pubblico e formale di fedeltà al Concilio. Il criterio usato da Benedetto XVI è stato invece quello del perdono in funzione della piena unità tra le membra del corpo mistico di Cristo. E sorprende che intellettuali, commentatori e giornalisti che da sempre salutano, senza risparmiare l'entusiasmo e la retorica, le «aperture» dei predecessori di Ratzinger a chi sta fuori dalla Chiesa, oggi facciano il diavolo a quattro per una «apertura» ancora più grande, il cui frutto potrebbe essere la fine di uno scisma.

Forse perché si tratta di una «apertura» alla parte sbagliata, alla parte più «impresentabile» di coloro che sono extra Ecclesiam, alla parte che da quarant'anni neppure andrebbe nominata in ossequio al decoro teologico e all'«ecclesialmente corretto».

E' davvero un modo singolare di ragionare e di pensare la Chiesa, questo. Un modo settario e ideologico tanto quanto lo è quello dei lefebvriani. Con la differenza che questi ultimi vengono quotidianamente attaccati, criticati e «scomunicati» a mezzo stampa o tv, mentre i loro inquisitori godono di buona stampa, impazzano su giornali, radio e teleschermi senza che nessuno (o quasi) alzi la voce nei loro confronti.

Con l'aggravante che, mentre il superiore generale della San Pio X ha manifestato al pontefice la volontà di poter rientrare in comunione con Roma, esprimendo dolore per la divisione, loro tutto fanno fuorché mostrarsi dispiaciuti per le ricadute delle loro idee sul popolo credente e sull'opinione pubblica.

Papa Benedetto, uomo saggio e misericordioso, se ne sta fuori da questa contesa ed esercita su un altro piano la sua missione: non quello dell'affermazione di un'ideologia ecclesiale, di un proprio punto di vista, per quanto teologicamente geniale, ma quello della risposta alla missione assegnata da Gesù a San Pietro: riunire (e non dividere) il gregge di Cristo. E, se necessario, andare alla ricerca della pecora smarrita.

© Copyright Ragionpolitica, 31 gennaio 2009

11 commenti:

Anonimo ha detto...

ecco appunto, la pecora. non il lupo...

gemma ha detto...

possono essere tutti lupi? Ma chi ci crediamo di essere per giudicare gli altri facendone un unico fascio da condannare?

Anonimo ha detto...

Non sono affatto d'accordo. I lefevriani non possono essere in comunione con la Chiesa se non accettano il Vaticano II. Altrimenti, seguendo la stessa logica, un altro potrebbe rifiutare il Tridentino o il Vaticano I. E la remissione della scomunica non implica affatto la piena riammissione nella Chiesa: anche agli ortodossio è stata tolta la scomunica, ma non per questo sono in piena comunione con la Chiesa cattoklica. Un po' di coerenza non guasta! Non si possono usare due pesi e due misure.

Anonimo ha detto...

Stasera mi sono riguardato alcuni video dal sito BENEDICT TV di alcuni discorsi a braccio del papa. Mi sono ricaricato, dopo aver passato questi giorni in sofferenza per il santo padre. Che bello vedere la sua semplicità e passione! Parole sempre bellissime, buone, toccanti. Ve lo consiglio quando vi sentite giù di morale. Marco

Anonimo ha detto...

se per Lupo intendiamo mons. Williamson, allora come minimo manchiamo di carità cristiana...ovviamente non penso che si possa riunire nello stesso gregge (la Chiesa) gli amici ebrei, se non altro per non offendere la loro autenticità.
A quando un serio processo a mons. Williamson con il diritto sacrosanto alla difesa, come si conviene a qualsiasi essere umano?
sono scandalizzato da tutti coloro che, dicendosi cristiani, stanno dalla parte dei forti, pronti a scagliare pietre, senza conoscenze approfondite dei fatti, delle realtà, della storia, delle motivazioni umane e intellettuali che stanno alla radice di qualsiasi presa di posizione personale. L'ultimo che scagliava pietre verso un innocente, quasi rimaneva secco sulla strada di Damasco...eppure era un convinto ebreo, prima!

Anonimo ha detto...

Bellissimo articolo che mette in evidenza la grandezza del Papa. Più leggo critiche e giudizi e più mi rendo conto che questo Papa ha una carica umana ed un'azione conseguente al vangelo di Cristo che veramente disarma. E' vero che è la "pecora" e non il lupo, ma è in sintonia con la sua prima omelia di Pontificato quando disse di non indietreggiare di fronte ai lupi...
Credo che Papa Benedetto appartenga alla categoria di coloro che fanno i fatti

mariateresa ha detto...

caro Raffaele, ci sono tanti cattolici che rifiutano il Tridentino e il Concilio Vaticano I, né alcuno ha mai chiesto loro di farne professione di fedeltà. Molti non sanno nemmeno cosa sono.
Per il resto è vero, i lefevriani devono accettare il Vaticano II, anche se, detta come va detta, questa particolare polemica rischia di diventare stucchevole perchè ripetuta come un disco di una segreteria telefonica. Il Concilio Vaticano II, il Concilio Vaticano II, il Concilio, ecc.
A volte le parole diventano usurate perchè c'è un abuso dell'uso. E rischiano di svuotarsi.
Anche perchè molti le usano a sproposito.

euge ha detto...

Caro/a blogs hai ragione! Benedetto XVI è uno che agisce ed è per questo che è tanto contrastato.

Anonimo ha detto...

Il problema del Vaticano II è che ognuno ci legge quello che vuole,perchè alla fine i documenti non li legge nessuno.
Antonio

Anonimo ha detto...

Caro Antonio hai centrato il problema. Qui si parla del Concilio Vaticano II in continuazione ma, gli stessi che ne parlano, probabilmente non lo hanno mai letto. Si accorgerebbero così che il Concilio non è una rottura definitiva della tradizione ma, è un progresso nella tradizione.

gemma ha detto...

il problema è lo "spirito" che aleggia sul Concilio e che purtroppo non ha documenti scritti per cui gli si può attribuire tutto e il contrario di tutto