venerdì 9 gennaio 2009

Il Papa: «Va ripristinata la tregua nella striscia di Gaza» (Bobbio)


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«Va ripristinata la tregua nella striscia di Gaza»

Il Papa parla ai diplomatici, il Medio Oriente protagonista «Rinunciare all'odio, alle provocazioni e all'uso delle armi»

nostro servizio

Alberto Bobbio

Città del Vaticano

Ripete davanti agli ambasciatori di 177 Stati che hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede che «l'opzione militare non è una soluzione e che la violenza, da qualunque parte essa provenga e qualsiasi forma assuma, va condannata fermamente».
Benedetto XVI parla agli ambasciatori di praticamente tutto il mondo. È il discorso più atteso ogni anno dai diplomatici del pianeta, quello che pronuncia il capo del più piccolo Stato della terra, ma sicuramente il più autorevole, come nota il direttore de «L'Osservatore Romano», Gian Maria Vian, nel commento in prima pagina nell'edizione di questa mattina.

le immense sofferenze dei civili

Le frasi più attese sono quelle sulla crisi mediorientale. Il Papa distingue la Terra Santa dal resto della regione e osserva che «la recrudescenza della violenza che provoca danni e immense sofferenze alle popolazioni civili complica la ricerca di una via d'uscita dal conflitto tra israeliani e palestinesi». Insomma, se l'odio è l'unica merce di scambio, sarà difficile mettersi attorno al tavolo dei negoziati. Eppure bisogna farlo, dice il Papa, intanto ripristinando «la tregua nella striscia di Gaza», quella che l'altro giorno è stata decisa solo per tre ore, perché «è indispensabile per ridare condizioni di vita accettabili alla popolazione», e poi rilanciando «negoziati di pace». Ma per avere successo occorre rinunciare «all'odio, alle provocazioni e all'uso delle armi». Qui c'è un riferimento diretto al lancio dei missili di Hamas e alla risposta militare di Tel Aviv. Tutto va fatto con «l'impegno determinante della comunità internazionale». Il Papa ha però un'ulteriore speranza e la spiega agli ambasciatori, e cioè che nelle prossime scadenze elettorali nell'area, che definisce «cruciali», «emergano dirigenti capaci di far avanzare con determinazione questo processo», in modo da «guidare i loro popoli verso la difficile, ma indispensabile riconciliazione». Le elezioni ci sono in Israele, ma anche il presidente dell'Autorità palestinese è in scadenza nelle prossime settimane ed elezioni sono previste in Iran.

sostegno al dialogo tra Israele e Siria

Al Papa preme un «approccio globale ai problemi» dell'area, che rispetti «le aspirazioni e gli interessi legittimi di tutte le popolazioni coinvolte». Per questo ha chiesto un «sostegno convinto» al «dialogo tra Israele e Siria» e un'attenzione particolare al Libano, dove va appoggiato «il consolidarsi in atto delle istituzioni», che sarà «più efficace» se avverrà «in uno spirito di unità». Ma poi ha allargato l'orizzonte anche all'Iraq, che vede «voltare pagina per guardare al futuro», il quale tuttavia deve essere costruito «senza discriminazioni di razza, di etnia o di religione», e all'Iran, dove «non bisogna rinunciare a cercare una soluzione negoziata sulla controversia del programma nucleare». Secondo il Papa, infatti, un «simile risultato favorirebbe grandemente la distensione regionale e mondiale».

L'ambasciatore di Israele in Vaticano, Lewy, nega tensioni con la Santa Sede, e loda il «realismo» del Papa sulla crisi di Gaza.

Lewy ha invece duramente criticato, come aveva fatto l'altra sera il governo di Tel Aviv, le parole del cardinale Martino, presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace, che aveva paragonato Gaza a un campo di concentramento, e la posizione dei cattolici di Terra Santa, che hanno auspicato un'apertura di dialogo con Hamas.
In realtà quest'ultima è esattamente anche la posizione del Papa, che già all'Epifania aveva evocato l'immagine del tavolo attorno a cui far sedere i protagonisti della crisi.

Ridare speranza ai poveri

Benedetto XVI ha parlato di molte altre situazioni di conflitto e di povertà, causate anche da catastrofi naturali. Ha citato gli attentati terroristici in Afghanistan, India, Pakistan e Algeria. E ha esclamato: «Nonostante tanti sforzi, la pace così desiderata è ancora lontana!». Ha chiesto di «raddoppiare gli sforzi» per promuovere «sicurezza e sviluppo» e ha espresso di nuovo «preoccupazione» per un disarmo anche nucleare che non arriva: «Non siamo in grado di costruire la pace, quando la spesa militare sottrae enormi risorse umane e materiali per progetti di sviluppo, specialmente dei popoli più poveri».
Ciò che deve essere fatto, ricorda agli ambasciatori, è «ridare speranza ai poveri», cioè pensare alle famiglie colpite dalla crisi finanziaria, alla «crisi alimentare», al «surriscaldamento climatico», all'«accesso all'acqua», a una «strategia efficace per combattere la fame e facilitare uno sviluppo agricolo locale», e anche ai «bambini non nati», che definisce «gli esseri umani più poveri». Benedetto XVI osserva che per «rendere l'economia sana» è «necessario costruire una nuova fiducia», basata sulla «dignità della persona umana». E aggiunge: «Non è un'utopia». Ricorda ai diplomatici che la Chiesa sta facendo la sua parte e che la religione non è «un ostacolo», ma un «solido fondamento per la costruzione di una società più giusta e più libera».

Basta vessazioni contro i cristiani

Chiede di metter fine all'«intolleranza e alle vessazioni» verso i cristiani in Iraq e in India, di mettere al bando ogni forma di «odio e di disprezzo» e di smetterla anche «nel mondo occidentale» con «pregiudizi e ostilità contro i cristiani» solo perché la Chiesa «su certe questioni dissente». Benedetto XVI ha parlato anche dell'Asia, accennando al nuovo corso di relazioni tra Pechino e Taipei e incoraggiando una soluzione «politica» alla guerra dimenticata dello Sri Lanka; e ancora dell'Africa con accenni più preoccupati soprattutto riguardo al Darfur, al Congo, alla Somalia, alla crisi in Zimbabwe. Nessun parola invece sull'elezione del primo presidente nero a Washington. La Santa Sede evidentemente aspetta di vedere le prime mosse di Obama, soprattutto nello scacchiere mediorientale.

© Copyright Eco di Bergamo, 9 gennaio 2009

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