giovedì 12 febbraio 2009

Intervista a Fellay: "Mons. Lefebvre ha accettato il Concilio alla luce della Tradizione" (Prima parte)


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Grazie agli amici di Messainlatino.it leggiamo la prima parte dell'intervista di Famille Chretienne a Mons. Fellay.
R.

Intervista a Fellay: "Mons. Lefebvre ha accettato il Concilio alla luce della Tradizione"

E’ uscita oggi l’intervista di Samuel Pruvot e di Gérard Leclerc su “Famille Chretienne" a Mons. Fellay, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Anche sulla rivista è divisa in due parti e noi vi proponiamo una nostra traduzione, senza commenti, della prima parte a cui seguirà la seconda. Ecco l’intervista:

Parte 1

Lei ha evocato « il malessere e la sofferenza » della Fraternità San-Pio X… Ma non è da suicidi voler restare lontani dalla Chiesa di Roma ?

Mons. Fellay : La posizione della FSSPX presenta in effetti un pericolo obiettivo a livello sociologico, su un piano puramente umano. Il pericolo di rimanere chiusi in se stessi. Siamo stati talmente attaccati che, automaticamente, c’è stata la reazione di tipo difensivo. In questo modo abbiamo tentato di proteggerci ma questa autodifesa comporta il rischio di restare “tra noi” ancora di più. Ne siamo assolutamente coscienti e cerchiamo di far tutto il possibile per impedire, anche solo a livello di attitudine, ogni rottura. Dobbiamo certamente fare molta attenzione. In questo senso, cerchiamo di prendere tutte le misure possibili al fine di neutralizzare questo pericolo. Per questa ragione parliamo sempre di Roma e della Chiesa (anche nei casi in negativo !) Non dimentichiamo mai la Chiesa non facciamo che pregare per essa. E ci accorgiamo allora di non essere soli in questo. Preghiamo per il Papa ricordando che è il Vicario di Cristo. Detto questo, sul piano ben più profondo dell’appartenenza alla Chiesa, ribadiamo il fatto che mai abbiamo pensato a separarcene. Siamo totalmente cattolici, fermamente attaccati alla Chiesa e sempre lo siamo stati.

Samuel Pruvot : Ma un disaccordo lungo decenni crea, di fatto, una situazione critica. Molte persone, ad esempio, sono state da voi battezzate senza aver conosciuto la piena unità con Roma. Si tratta di una realtà incontestabilmente pericolosa. In quale forma e con quale calendario intendete affrontare il dibattito con Roma ?

Mons. Fellay : Sono sicuro che tutto si svolgerà con rapidità... Ritengo che andremo a presentare le nostre questioni, perché siamo noi (la FSSPX ndtr) ad avere il problema. Per quello che sarà in seguito, non posso esprimermi più di tanto, non posso dir nulla. Non ne so nulla !

Accettate il Concilio ponendo delle riserve oppure lo rifiutate in blocco?

Mons. Fellay : Dobbiamo distinguere gli scritti dallo spirito. Esiste uno spirito pericoloso che ha attraversato tutto il Concilio e in questo senso, questo spirito noi rifiutiamo. Ma quando si parla di leggerlo non dobbiamo pensare ad un rifiuto totale. Mons. Lefebvre, egli stesso ha accettato il Concilio "alla luce della Tradizione". Cosa vuol dire ? Negli anni 1982-1983, egli andò senza ottenere risultato a Roma davanti al cardinale Ratzinger. Mons. Lefebvre diceva : "Tutto quanto è conforme all’insegnamento perenne lo accettiamo, quello che è ambiguo lo accogliamo secondo questo insegnamento perenne, quello che invece vi si oppone lo rigettiamo".
Nel discorso alla Curia il 22 dicembre 2005, Benedetto XVI ha parlato di "ermeneutica" del Concilio. Ha condannato l’idea di una rottura, basata sullo "spirito del concilio". Quanti sono oggi i favorevoli all’ermeneutica della rottura? Pochi, molti?
Questi, che vogliono tale rottura con il passato, sono allontanati dalla Chiesa? Come dice, molto giustamente, Benedetto XVI, la Chiesa non può separarsi dal suo passato. E’ impossibile! Non possiamo pretendere di avere il ventesimo piano di un palazzo senza che sotto ci siano gli altri diciannove.

Gérard Leclerc : La distinzione fra spirito e lettera del Concilio può risultare speciosa, pensiamo a un De Lubac che denuncia la perversione del clima che regnava intorno al Concilio, o all’autentico spirito del Concilio che ne illumina la lettera e non può non riferirsi allo Spirito Santo stesso ! E in quanto alla continuità organica della Tradizione, la stessa presuppone forzatamente degli sviluppi. E’ quanto diceva già il cardinale Newman. Il rischio oggi sarebbe che la Fraternità San Pio X, rifiutando ogni sviluppo della Tradizione volendola bloccare, di fatto ne esca fuori.

Mons. Fellay : Ci sono, in effetti, dei punti che il Papa presenta come legati alla Tradizione e che invece, ai nostri occhi, non lo sarebbero.

E’ possibile fare una cernita nelle affermazioni conciliari?

Mons. Fellay : Non si tratta di discutere « questo sì e questo no » A mio avviso, molti problemi che noi ci poniamo possono risolversi facendo delle distinzioni e non attraverso il rigetto o l’accettazione assoluta. Non vogliamo essere univoci e basta. Quando parliamo di Concilio, sappiamo bene come debba essere inserito in una serie di circostanze, in un contesto, in un movimento. Mi baso su una nota del Segretariato del Concilio di novembre 1964. Il testo è diviso in due parti. Nella prima si legge: "la Chiesa non intende obbligare ad aderire, in questioni di fede e costumi se non su quei punti che Essa presenta come tali". E la stessa nota precisa come il Concilio si voglia "pastorale". Esso si distingue dagli altri. Non ci si può porre in maniera dogmatica e dire AMEN, a tutto. Questo approccio è semplicemente falso. Ci sono ambiti differenti, temi differenti e differenti gradi di autorità.

Samuel Pruvot : Un Concilio é sempre qualcosa di non finito, pone nuove questioni da risolvere. In più, il Vaticano II ha portato innovazioni , nel senso che ha voluto proporre una visione positiva della fede e non ha lanciato anatemi. Si può vedere in questo contesto uno sviluppo organico della Tradizione che segna una incontestabile avanzata della Chiesa. A seguito del Motu proprio, le sembra che si possa considerare risolta la questione liturgica ? Ritiene che il rito romano nella sua forma ordinaria (Paolo VI) sia valido ?

Mons. Fellay : La questione della validità non pone problemi in sé. Nella misura in cui viene rispettata la forma. La nuova messa è valida. Il problema si pone a posteriori. Dobbiamo purtroppo constatare che, nel comportamento così come nelle parole, i sacerdoti e i fedeli, non hanno sempre la stessa fede nella presenza eucaristica. Questo è da considerare come un’intenzione contraria a quella della Chiesa. La liturgia è un’insieme che accompagna l’essenziale della messa. E’ un insieme di gesti, di parole che accompagna e deve nutrire questa fede. E’ qui che abbiamo forti obiezioni, come ad esempio per l’Offertorio: mettete a confronto i due messali e capirete le nostre obiezioni e perplessità.

Gérard Leclerc : Certamente avrei un grosso problema ad assistere ad una messa dove il prete non condivide la fede della Chiesa. Ritengo che la questione si sia potuta porre in qualche circostanza. Paolo VI emanò un’enciclica sull’Eucarestia che venne ricusata da alcuni all’epoca. Un fatto molto grave. Sui riti ritengo che la discussione sarà lunga. Ci sarà da rivedere come è stata fatta la riforma liturgica. Non per niente il cardinal Ratzinger chiedeva una riforma della riforma. Ma dobbiamo allo stesso tempo considerare le ricchezze del nuovo rito. Queste ultime provengono dalla più autentica tradizione ecclesiale.

Mons. Fellay : Per Benedetto XVI, la riforma liturgica è una delle prime cause della crisi nella Chiesa. E’ un’affermazione molto forte. Che dice molto e non sono io che la dico !

Lei critica la nozione di libertà religiosa. Perchè ?

Mons. Fellay : Il Concilio ha fatto proprio uno dei principi fondamentali dello Stato Moderno, e cioè l’imparzialità nei confronti delle religioni. Ora, per noi lo Stato deve riconoscere la vera religione. Benedetto XVI ritiene, a proposito di libertà religiosa, che "la Chiesa ha riscoperto il suo patrimonio". E' un’espressione che mi fa sussultare! Se la Chiesa ha riscoperto la libertà religiosa, quando mai l’avrebbe persa? E ancora, avrebbe potuto perderla? Per quasi 1500 anni la Chiesa ha tenuto una posizione ben diversa.

Gérard Leclerc : C’è un problema storico. La Chiesa ha conosciuto situazioni molto differenti. Di clandestinità sotto l’impero romano, la libertà religiosa ottenuta con Costantino e in seguito con Teodosio, l’impero divenuto cristiano. C’è poi la lunga epoca della cristianità medioevale e poi la rottura con la modernità. La Chiesa in ambito storico ha vissuto situazioni differenti ed ha reagito in funzione di dette situazioni. Non si reagisce allo stesso modo in uno Stato ufficialmente cristiano rispetto ad un altro regime impostato sulla laicità. Non dobbiamo essere anacronistici. La nozione di libertà religiosa è associata alla libertà radicale dell’atto di fede e all’incompetenza religiosa dei poteri pubblici. In Cina oggi, ad esempio, la Chiesa reclama la libertà di coscienza!

Mons. Fellay : Siamo perfettamente d’accordo ! E’ ovvio che in uno Stato dove esistono religioni diverse debba essere lo Stato stesso a legiferare al fine di un bene comune. Il bene più grande è la pace tra i cittadini. E’ quello che la Chiesa chiama la "tolleranza cristiana". Ma si tratta di un altro principio.

Da Messainlatino.it

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ti segnalo:
La grandezza del Papa, il ritorno a casa dei “lefebvriani” e la lingua di mons. Williamson
di Marco Respinti
http://www.ildomenicale.it/
Alessia

Anonimo ha detto...

Su una cosa ha certamente ragione Fellay: sull'offertorio nella maggior parte delle parrocchie si perde la bussola.
Insieme all'acqua, il vino e l'ostia, ormai si presenta all'altare di tutto. Quello che dovrebbe essere l'offerta che l'uomo fa a Dio a Sua maggior gloria, si riduce ad un simbolo. E anche acqua, vino e ostia corrono il rischio di essere visti come simbolo.

Presentando croci, chiavi, bigliettini, palloncini o finti pacchi dono, cosa si spera che se ne faccia Dio? Che li trasformi in cosa? Che siano impegnati per quale opera fatta nel Suo nome?

A me vien da ridere, poi, quando qualcuno presenta all'altare una bibbia o un vangelo...è come dire: "grazie di averci dato la Tua Parola, ora te la puoi riprendere!"
Smetto di ridere quando penso che dietro a quella presentazione di simboli c'è la volontà del sacerdote, che queste cose dovrebbe conoscerle.

Gianpaolo1951 ha detto...

E che dire delle canzonette usa e getta alla “Sanremo”?
E della Comunione sulle mani?
Se penso a quando ero ragazzino, che si doveva essere digiuni da almeno tre ore e senza peccati…
Inginocchiarsi, porgere le labbra, non masticare la particola e rimanere in religioso raccoglimento…
Mah…, ogni tanto mi chiedo se mi hanno preso in giro quella volta o se lo stanno facendo adesso!...

Anonimo ha detto...

In effetti la riforma liturgica ha costituito una soluzione di continuità con il passato liturgico e secolare della Chiesa, con la Tradizione. Come sostiene il papa stesso nella sua autobiografia, l'introduzione del Messale di Paolo VI comportò un divieto pressoché completo del Messale tridentino, quello di S.Pio V, del 1570, che, a sua volta, raccoglieva la tradizione liturgica precedente e la riadattava all'epoca della Riforma Cattolica. Tale messale divenne pressoché "fuori legge" dopo il Vaticano II, cosa altamente traumatica. Ciò da solo sarebbe bastato a far perdere la bussola ai fedeli: però invalse a poco a poco in parecchi anche l'idea erronea che la liturgia potesse essere il luogo di "sperimentazioni" in cui ciascuno poteva innovare a piacimento (se non frenato da linee guida superiori), in quanto la continuità con la Tradizione sembrava superflua. Ne sono uscite delle vere e proprie brutture e, ancora peggio, la banalizzazione della percezione dei riti: i fedeli rischiavano così di banalizzare l'importanza della Messa. Tanto...