martedì 11 agosto 2009

La chimica dell’egoismo: Salvatore Cuffaro commenta la "Caritas in veritate" (Liberal)


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La chimica dell’egoismo

di Salvatore Cuffaro

Quanti nelle scorse settimane si sono spellati le mani per applaudire all'Enciclica del Papa Caritas in veritate, forse farebbero bene a leggerla tutta, soprattutto il punto 74 dedicato alla bioetica: «Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo sia prodotto da sé stesso o se egli dipenda da Dio.
Le scoperte scientifiche in questo campo e le possibilità di intervento tecnico sembrano talmente avanzate da imporre la scelta tra due razionalità. Quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa all'immanenza. Si è di fronte ad un aut aut decisivo». E invece, a distanza di pochi giorni, ci troviamo di fronte a decisioni come quella sull'utilizzo della Ru486, sbrigativamente liquidata solo nei suoi aspetti medico- scientifici. Sembra rivedere l'inizio del caso Englaro: un "autorevole"consesso di studiosi esprime un altrettanto "autorevole" parere su una questione delicatissima di carattere scientifico (dalle indubbie rilevanze etiche), la stampa laica la sostiene senza farsi carico nemmeno delle conseguenze mediche, già note, sulla salute delle donne, una rapido sondaggio televisivo esprime un forte consenso alla decisione e il gioco è fatto.
Un altro duro colpo al valore della vita viene inferto, scambiandolo per l'ennesima conquista delle donne. E a chi avanza qualche dubbio si risponde che la Ru486 è meno invasiva dell'aborto terapeutico. Quindi, visto che non si può impedire l'aborto alle donne che hanno già deciso di farlo,meglio dare una pillola che sottoporle a un intervento chirurgico. Occorre prendere atto che in questa società della frenesia e della fretta non c'è più nessuno che voglia impiegare tempo e fatica nella costruzione delle coscienze, soprattutto di quelle giovanili. Dobbiamo riconoscere che non c'è più voglia di educare, perché l'educazione richiede coerenza e tempi lunghi. Basterebbe dare più credito a quanto dice il Papa nella Caritas in veritate: «...per educare bisogna sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura. L'affermarsi di una visione relativistica di tale natura pone seri problemi all'educazione, soprattutto all'educazione morale, pregiudicandone l'estensione a livello universale (61)».
E invece, si ritiene che sia meglio prendere una pillola, pur con l'assistenza di un medico, piuttosto che fermarsi a riflettere sul significato di una vita che si porta in grembo e che magari non si è consapevolmente desiderata. Di fronte alla dichiarazione di monsignor Fisichella, per il quale «la soppressione dell'embrione è di fatto la soppressione di una vita umana: che ha dignità e valore dal concepimento alla fine»; e che «se assumere una pillola possa essere meno traumatico per una donna non cambia la sostanza, perché siamo sempre di fronte a un aborto», occorrerebbe avere il coraggio di ammettere che stiamo costruendo una società in cui i pochi valori positivi che si riescono ad affermare, vengono nei fatti contraddetti dall'affermazione di un egoismo senza limiti, capace di gridare allo scandalo della pena di morte con la stessa caparbietà con cui legittima l'uso dell'aborto. Una decisione così delicata deve essere riportata nei giusti binari: quelli tecnico-scientifici, saggiamente richiamati dal ministro Sacconi nella lettera all'Aifa e quelli parlamentari ove si manifesta la pluralità delle opinioni degli italiani, e ove è possibile giungere a una sintesi che sia espressione della maggioranza e rispettosa delle opinioni di quanti non la pensano allo stesso modo. Per questo è urgente che il Parlamento affronti al più presto la questione.

© Copyright Liberal, 11 agosto 2009 consultabile online anche qui.

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