venerdì 28 agosto 2009

A proposito della Perdonanza: Quando si ignora la storia. Lucetta Scaraffia risponde a Mancuso (Osservatore Romano)


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A proposito della Perdonanza

Quando si ignora la storia

di Lucetta Scaraffia

"Nella chiesa antica la penitenza era una cosa seria. Riguardava peccati come l'omicidio, l'apostasia, l'adulterio e veniva amministrata in forma pubblica".
Così comincia un articolo di Vito Mancuso su "la Repubblica" che si può definire, già a un primo sguardo, carente particolarmente sul piano storico: proprio quel tipo di sapere di cui il teologo si serve per attaccare il cardinale segretario di Stato per un incontro che sarebbe dovuto avvenire in un'occasione istituzionale ben definita.
Mancuso dovrebbe sapere che anche nella Chiesa di oggi la penitenza è una cosa seria, tanto da non dover venire confusa con polemiche contingenti come quelle a cui sono usi i giornali.
Per questo la Chiesa in Abruzzo festeggia ogni anno il ricorrere della Perdonanza, cioè il dono del perdono che Celestino V aveva fatto al popolo della sua regione sia per carità spirituale che per aiutarlo dal punto di vista economico: l'occasione della Perdonanza - come del resto anche il Perdono che si celebrava il 2 agosto ad Assisi - attirava infatti pellegrini e penitenti in luoghi solitamente poco frequentati dai viaggiatori, apportando ai locali qualche guadagno.
Perché anche Celestino, in cui i contemporanei videro incarnato il papa angelicus, sapeva che accanto agli aiuti spirituali erano indispensabili incentivi materiali per soccorrere popolazioni molto povere. E proprio per l'importanza data al perdono la Chiesa ha celebrato il grande giubileo di nove anni fa, sottolineando costantemente che al pellegrinaggio è indispensabile accompagnare il pentimento, la confessione e il cambiamento di vita. E quest'anno, dopo il grave terremoto che ha funestato l'Abruzzo, alla ricorrenza della Perdonanza si è comprensibilmente data particolare solennità con la presenza del segretario di Stato a rappresentare il Papa.
Nella sua parziale ricostruzione storica della penitenza, Mancuso sembra dimenticare che, a partire dalla metà del Duecento, la confessione è individuale e auricolare, cioè si svolge fra il penitente e il confessore, ed è segreta, come lo è la penitenza. Un metodo che ha senza dubbio favorito il ravvedimento di molti peccatori, ma che soprattutto - come è stato riconosciuto da molti storici - è alla base della nascita dell'individualismo nella civiltà occidentale. Ma evidentemente questa segretezza non piace a tutti: c'è chi vorrebbe una Chiesa sempre pronta alle pubbliche condanne, invece che alla cura individuale delle coscienze. Almeno in alcuni casi particolari, perché in genere le prese di posizione pubbliche della Chiesa sui comportamenti sessuali sono criticate con forza, in quanto considerate indebite ingerenze. Alla Chiesa, in altre parole, si chiede proprio il contrario di quello che è un comportamento morale: la condanna del peccatore, ma non del peccato. Questo sì sarebbe una prova di nichilismo e di coinvolgimento partigiano in vicende politiche contingenti: proprio quello che invece Benedetto XVI e il cardinale Bertone cercano di evitare.
Il moralismo superficiale porta poi Mancuso a uno stupefacente accostamento fra il comportamento di Giovanni Battista con Erode Antipa e la supposta cena del cardinale segretario di Stato con il presidente del Consiglio italiano. Ancora una volta Mancuso sembra ignorare che il Battista era stato fatto imprigionare da Erode per la sua predicazione sovversiva, oltre che per le rampogne alla sua vita privata, ma soprattutto vuole contrapporre radicalmente profezia e istituzione.
Secondo lui, infatti, la Chiesa dovrebbe essere priva di quel fondamento istituzionale che, insieme alla dimensione profetica, l'ha caratterizzata nel corso della sua storia. Ma la Chiesa, che pure vive nel mondo, pensa soprattutto alla carità e alla salute delle anime.

(©L'Osservatore Romano - 29 agosto 2009)

5 commenti:

SERAPHICUS ha detto...

Chapeau!

Anonimo ha detto...

Condivido in toto.

Antonio

massimo ha detto...

bellissimo articolo,consiglio caldamente a mancuso di fare un corso accelerato di scuole elementari e di catechismo per la rpima comunione,e se non è senza vergogna taccia per un pò,perchè per l'articolo del 27 ha dimostrato scarsissima cultura religiosa di base e inaffidabilità assoluta.che reppubblica abbia in tutti i sensi toccato il fondo e stia raspando nel torbido non c'erano dubbi,ma adesso con questo stile e con questi editorialisti "ignoranti" totali di cose religiose che lei chiama "teologi" si sta veramente dimostrando come il peggiore foglio italiano,incolto,superficiale,incoerente,ipocrita.
IL RELATIVISMO LOGORA CHI LO PRODUCE.

Stefano ha detto...

“Nella sua parziale ricostruzione storica della penitenza, Mancuso sembra dimenticare che, a partire dalla metà del Duecento, la confessione è individuale e auricolare, cioè si svolge fra il penitente e il confessore, ed è segreta, come lo è la penitenza. Un metodo che ha senza dubbio favorito il ravvedimento di molti peccatori, ma che soprattutto - come è stato riconosciuto da molti storici - è alla base della nascita dell'individualismo nella civiltà occidentale. Ma evidentemente questa segretezza non piace a tutti: c'è chi vorrebbe una Chiesa sempre pronta alle pubbliche condanne, invece che alla cura individuale delle coscienze. Almeno in alcuni casi particolari..”
Questo passaggio a me pare un po’ contraddittorio o per lo meno confuso. “Mancuso sembra dimenticare” significa che, secondo la sua analisi, il teologo avrebbe preferito raccontare solo una parte della storia della penitenza per far risaltare l’epoca in cui la confessione e la penitenza erano pubbliche. Perciò subito colma la lacuna, ricordando che in realtà fin dalla metà del Duecento la confessione era individuale. Però, e qui comincia a confondermi, subito ci dice anche che la confessione individuale è alla base di uno dei più gravi e radicati mali della nostra società odierna. Per cui è d’accordo con il teologo nell’affermare il valore della confessione e penitenza pubblica? Ma subito segue “Ma evidentemente questa segretezza non piace a tutti”: seguendo la logica del passaggio, sembrerebbe cioè agli storici che ha appena citato e a lei, che condividono l’idea che la confessione segreta abbia prodotto soprattutto nefandi risultati? Però non si capirebbe più la tesi dell’articolo. In più dovrebbe essere assolutamente improbabile che si riferisca a Mancuso, che esplicitamente nel suo testo critica l’atteggiamento ( non la persona, vale a dire il peccato e non il peccatore) di quello che chiama l’”homo politicus”, che cerca proprio l’assoluzione pubblica. E non lo critica per una questione di mero principio, qui forse è la chiave dell’articolo del teologo, ma perché all’homo politicus era stata concessa la perdonanza (mediatica) come era nell’antichità, cioè pubblica, ma senza la serietà dell’antichità, cioè a condizione che fosse preceduta da una altrettanto pubblica confessione (o per lo meno qualche semplice risposta) e una pubblica penitenza. Allora, nell’antichità, come dimostrano i passaggi della storia della penitenza che egli ricorda, era così. Si trattava, cioè, di una cosa di estrema importanza e serietà.
Ora, io credo che Mancuso volesse semplicemente ricordarci di riflettere sulle ragioni che hanno portato alle due scelte, chiedere un incontro ufficiale da parte del Premier, e di acconsentire da parte del cardinal Bertone. Il fatto che “una cena non si nega a nessuno” come mi è capitato di leggere qui non è sufficiente. La volontà di strumentalizzazione da parte del primo, in difficoltà appunto con l’elettorato cattolico, è evidente. Per cui, a fronte di un momento così serio come nell’articolo si è dimostrato, perché si è acconsentito?
Ste

Marina ha detto...

Guai se la Chiesa non pensasse alla carità! Non sarebbe più la Chiesa di Gesù Cristo!
Sappiamo tutti che il pensiero di Mancuso si distacca di molto da quello della Chiesa, quindi non mi meravigliano i suoi interventi.
Ma noi stiamo con la Chiesa e nella Chiesa perché in essa troviamo sempre accoglienza e misericordia nonostante i nostri tanti peccati.