sabato 26 settembre 2009

"L'amore di Cristo è la nostra forza": lo slogan scelto per la visita di Benedetto XVI alla Repubblica Ceca (Osservatore Romano)


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La forza dell'amore di Cristo

dal nostro inviato Mario Ponzi

Láska Kristova je nasí silou: "L'amore di Cristo è la nostra forza". A Praga è scritto un po' ovunque lo slogan scelto per la visita di Benedetto XVI alla Repubblica Ceca. Campeggia anche sull'enorme striscione disteso sulla terrazza dell'aeroporto internazionale "Stará Ruzyne" dove il Papa è giunto nella mattinata di sabato 26 settembre. Ed è la prima cosa che Benedetto XVI deve aver notato scendendo dalla scaletta dell'aereo: uno slogan che i vescovi cechi hanno a lungo meditato e poi scelto con il Pontefice, per esprimere e racchiudere il senso che dovranno avere queste giornate. Da esse i popoli boemo e moravo dovranno attingere a piene mani per riscoprire che il loro essere cristiani non è una "particolarità insignificante" - come spesso si sente dire da queste parti - ma rappresenta ciò che li ha sorretti nei momenti più difficili.
Ci sono tutte le autorità della nazione all'aeroporto. La visita era attesa da tempo: almeno da tre o quattro anni. Più volte, vescovi e autorità governative avevano manifestato la volontà di ricevere il Papa. Si è aspettata l'occasione giusta. E oggi si realizza per celebrare anniversari legati alla testimonianza di santi e martiri di questi popoli e della loro Chiesa, passati attraverso la persecuzione. Ma ne sono usciti con fierezza.
Il viaggio tra l'altro si compie nel periodo in cui l'Europa centrale e orientale celebra i vent'anni dalla caduta della "cortina di ferro". Il Papa è qui, nel cuore dell'Europa, e ricorda quegli eventi. Parla ai cechi ma - come aveva lasciato capire già domenica scorsa quando, durante l'Angelus a Castel Gandolfo, aveva chiesto ai fedeli di pregare per questa sua nuova fatica - il pensiero è rivolto a tutta l'Europa. Non è qui a celebrare la caduta del comunismo. È venuto a parlare dell'amore di Cristo, di perdono, di riconciliazione.
La cerimonia di accoglienza si è svolta secondo i canoni consueti: il nunzio, arcivescovo Diego Causero, sale sull'aereo papale per il primo benvenuto e poi accompagna Benedetto XVI mentre scende la scaletta. Ai bordi del tappeto rosso il saluto del presidente della Repubblica Václav Klaus e della consorte. Poi l'omaggio di tre giovani in vestiti tradizionali, che secondo l'uso boemo gli hanno offerto pane e sale e un vasetto contenente terra. Il Papa li ringrazia e dice loro di conoscere bene il significato del pane e del sale tra le immagini del Nuovo Testamento. "Ciò mi ricorda - dirà poi nel discorso - quanto profondamente la cultura ceca sia permeata dal cristianesimo".
Quindi la sfilata delle autorità ecclesiali, civili e militari, a cominciare dal cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga, seguito dal presidente della Conferenza episcopale, arcivescovo Jan Graubner, dall'ausiliare di Praga, vescovo Václav Malý; e poi via via da tutti gli altri presuli presenti. Alcuni sono anziani, hanno le guance solcate da lunghe sofferenze fisiche; l'andatura è pesante. Ma gli sguardi sono penetranti, intensi. Sono gli uomini che non hanno ceduto. Gli altri sono giovani, sembrano pieni di entusiasmo, ma in realtà hanno il cuore pesante. Sulle loro spalle gravano incognite inquietanti: negli ultimi vent'anni i cattolici sono sensibilmente diminuiti e il fenomeno sembra non arrestarsi. Passata la grande paura, il pensiero di Dio sembra essere divenuto marginale. La popolazione obbedisce a un marcato e provinciale conformismo: l'atteggiamento adulto, critico, moderno sembra essere ormai quello del cinismo su tutti i valori.
Il presidente parla al Papa con cortesia. Nei rapporti tra Stato e Chiesa ci sono tante cose irrisolte e nella società civile si vanno affermando falsi preconcetti a proposito della richiesta della restituzione dei beni ingiustamente confiscati dal passato regime. Il cardinale Vlk non ne ha fatto mai mistero e continua a battersi per vedere riconosciuti i diritti della Chiesa.
Tuttavia Benedetto XVI preferisce non farne cenno nel suo discorso pubblico. Vedrà il presidente più tardi, in separata sede. Quindi parla della cultura europea profondamente plasmata dall'eredità cristiana, soprattutto nelle terre ceche, grazie all'azione missionaria dei Santi Cirillo e Metodio. Nella sua storia - ha spiegato - questo territorio posto nel cuore del continente europeo, al crocevia tra nord e sud, est e ovest, è stato un punto incontro di popoli, tradizioni e culture diverse. Non si può negare che ciò abbia talora causato frizioni; tuttavia, nel tempo, ciò si è rivelato essere un incontro fruttuoso. Da qui il significativo ruolo che le terre ceche hanno giocato nella storia intellettuale, culturale e religiosa d'Europa, talora come un campo di battaglia, più spesso come un ponte. Quindi ricorda il prossimo anniversario della "Rivoluzione di Velluto", che "felicemente pose fine in modo pacifico ad un'epoca particolarmente dura per questo Paese". Rende grazie per la liberazione da quei regimi oppressivi. "Il crollo del muro di Berlino - ha aggiunto - ha segnato uno spartiacque nella storia mondiale".
Poi sale in macchina e si dirige verso la chiesa di Santa Maria della Vittoria, per una prima sosta di preghiera in uno dei santuari più cari alla popolazione ceca. Si percorrono circa tredici chilometri: per le strade non ci sono folle oceaniche, o più semplicemente si registra un contenuto entusiasmo delle persone che si fermano per vedere il corteo papale. Si intuisce la compassata compostezza mitteleuropea di questa città che, dall'anonimato della periferia passa allo splendore di un gioiello urbanistico di rara fattezza. Stranamente però alla chiesa di Santa Maria della Vittoria si accede attraverso un vicolo stretto. La chiesa stessa dal di fuori non lascia intuire la maestosità dell'interno.
Benedetto XVI riceve sul sagrato l'omaggio del sindaco di Praga e degli altri ventidue sindaci dei distretti amministrativi cittadini. Poi entra nella chiesa. Lo accoglie un folto gruppo di famiglie: ce ne sono di giovani, con i bambini in braccio, e di meno giovani, nonni per la maggior parte. Il Papa sfiora decine di mani mentre passa nei pressi per raggiungere la cappella dove è custodito uno dei simboli più importanti della religiosità popolare ceca. Si tratta di una statuina del Bambino Gesù, alta appena 47 centimetri, fatta di cera. È fragilissima dicono, al punto che possono maneggiarla solo delle espertissime suore, incaricate tra l'altro del rito del cambio dei vestiti: un centinaio di abitini, uno dei quali si dice sia stato personalmente tessuto dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria. Si rivolge alle famiglie e indica loro la via per uscire dalla situazione che colpisce in modo particolare proprio i bambini, soprattutto quelli che "non sono amati, né accolti, né rispettati" o quanti "sono vittime della violenza e di ogni forma di sfruttamento da parte di persone senza scrupoli. I bambini sono il futuro e la speranza dell'umanità". Qui invece spesso i genitori abdicano dal proporre un'educazione all'impegno e alla temperanza. Con limitate eccezioni sono disorientati e privi di autorità morale nei confronti dei figli. In questa situazione la famiglia si allontana dal progetto di un amore adulto e stabile e il divorzio - esito ormai della metà dei matrimoni - è banalizzato.
Quello con le famiglie è stato l'ultimo appuntamento della mattinata. Oggi pomeriggio il Pontefice è atteso al Castello per l'incontro con il Presidente e il Corpo Diplomatico. Poi in serata i vespri con le diverse componenti della comunità ecclesiale.

(©L'Osservatore Romano - 27 settembre 2009)

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