sabato 5 settembre 2009

Un Papa poco indulgente. Il Pontefice distingue il peccato dal peccatore, ma sa che il primo non si dà senza il secondo (Ippolito...da leggere!)


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Benedetto XVI. Il pontefice distingue il peccato dal peccatore, ma sa che il primo non si dà senza il secondo. quindi interviene, anche duramente

Un Papa poco indulgente

Benedetto Ippolito

Papa Benedetto XVI ha mostrato sempre grande attenzione al tema del peccato. Spesso si tratta di un fatto di coscienza liquidato come una banalità, come diceva Hannah Arendt, di cui poco riusciamo a dar conto.
D'altra parte, il contegno incoerente o addirittura contrario al bene è apparso sempre scandaloso e appassionante, e lo stesso sant'Agostino non stentava ad ammettere che perfino l'esistenza di Dio è messa in discussione o provata dalla presenza effettiva delle nefandezze umane.
Non stupisce, quindi, che l'argomento sia al centro della riflessione teologica di Ratzinger già da prima che diventasse Papa.
A tutti, infatti, è rimasto in mente il monito che uscì dalla sua bocca nell'omelia d'apertura del Conclave il 18 aprile del 2005.
In quell'occasione, davanti alla difficile scelta che il Collegio si apprestava a fare, egli mise in guardia dalla «banalizzazione del male», sottolineando il legame che unisce continuamente l'esperienza della colpa con quella del pentimento e della conversione.
Mercoledì scorso, nella consueta udienza settimanale, Benedetto XVI è tornato di nuovo sulla questione del peccato, traendo spunto dalla figura di un frate benedettino vissuto nel X secolo: sant'Oddone di Cluny. Egli non soltanto ha ricordato come emerga dall'esperienza monastica del santo medievale il senso autentico della spiritualità cistercense, ma come essa offra uno squarcio di luce alla «vastità del vizio diffuso in ogni tempo nella società», sempre alla ricerca di un «radicale cambiamento di vita, fondato sull'umiltà, l'austerità, il distacco dalle cose effimere e l'adesione a quelle eterne». Le forti parole di Benedetto XVI si sono concentrate poi sulla responsabilità personale di ciascuno, indispensabile soprattutto nella gestione della libertà di governo religioso e politico della comunità.
Papa Ratzinger si è rivelato, d'altro canto, sempre sensibile alla distinzione profondamente cristiana tra il peccato e il peccatore, non restando indifferente al contegno morale di chi detiene mansioni pubbliche.
Di ciò ha dato prova in molte occasioni durante questi anni di pontificato.
In un'intervista concessa ai giornalisti durante il volo diretto negli Stati Uniti, nell'aprile del 2008, egli ha espressamente dichiarato che «i pedofili non possono essere sacerdoti», benché come singole persone abbiano bisogno d'aiuto e comprensione da parte di tutti.
E la stessa cosa è stata ribadita durante il viaggio in Australia, nel luglio dello stesso anno, in riferimento alla specifica coscienza morale degli educatori cristiani.
Nel viaggio in Irlanda del 2006, invece, Benedetto XVI aveva detto alla Conferenza episcopale al completo che «gli abusi sessuali sono casi dolorosi che divengono ancor più tragici, quando a compierli è un ecclesiastico».
Un atteggiamento intransigente verso i sacerdoti mantenuto pure di fronte al comportamento da verificare del fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel, su cui il Papa ha ufficializzato recentemente l'avvio di un'inchiesta del Vaticano.
La questione morale riguarda tutti e tutte le cariche pubbliche. Se, infatti, nella morale cristiana è comunque lasciata aperta una porta al ravvedimento personale, non potendo nessuno essere giudicato in coscienza, tuttavia arrecare scandalo agli altri costituisce di per sé un motivo di delegittimazione diretta del ruolo pubblico che si ricopre. La tradizione della Chiesa conserva molte testimonianze di questo tipo di riposta, di cui forse l'espressione più rigorosa è stata quella di un erede dello spirito monastico oddoniano: san Pier Damiani.
Nel "Liber gomorrianus" il fondatore del monastero di Fonte Avellana indicava in modo severissimo tutta una via di penitenza e sacrificio che il «peccatore autorevole» deve compiere per guadagnare il perdono, a cominciare dall'abbandono del ruolo istituzionale fino allora ricoperto.
Benedetto XVI, dal punto di vista pastorale, ha gestito in questi anni la questione del male morale nella Chiesa distinguendo il peccato dal peccatore, ma ritenendo in ogni caso che non si dia peccato senza un peccatore che lo fa e che ne è responsabile in prima persona.

© Copyright Il Riformista, 4 settembre 2009

Questo articolo e' straordinario.
Solo una correzione: Benedetto XVI non si e' mai recato in Irlanda. Il discorso ai vescovi fu pronunciato in occasione della loro visita ad limina, in Vaticano
.
R.

3 commenti:

sam ha detto...

Concordo pienamente con il tuo giudizio Raffaella.

Anonimo ha detto...

Staordinari, sempre, il comportmento e le parole del Santo Padre: limpida e illuminante sintesi e unità di pensiero e azione

Cristiano ha detto...

Solo un piccolo appunto all'articolista: parlando di sant'Oddone, non si può a rigor di termini riferire sulla "spiritualità cistercense", ma sulla "spiritualità cluniacense", in quanto Oddone fu abate di Cluny quasi due secoli prima della nascita dell'Ordine dei frati bianchi.