giovedì 8 ottobre 2009

Giovani universitari in preghiera per l'Africa con Benedetto XVI (Rocchi)


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Giovani: Universitari con Benedetto XVI in preghiera per l'Africa

Nell'Aula Paolo VI il Rosario in occasione del Sinodo. La veglia dei giovani romani in collegamento via satellite con l'Egitto, il Kenya, il Madagascar e tanti altri Paesi. Attesa una delegazione sudanese

di Giulia Rocchi

Il filo della preghiera unisce Roma all’Africa. I giovani della Città Eterna, sabato alle 17, reciteranno il Rosario guidati da Benedetto XVI, nell’Aula Paolo VI, in collegamento via satellite con i loro coetanei di Il Cairo (Egitto), Nairobi (Kenya), Khartoum (Sudan), Antananarivo (Madagascar), Johannesburg (Sud Africa), Onitsha (Nigeria), Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo), Maputo (Mozambico), Ougadougou (Burkina Faso). Un evento che si inserisce all’interno del Sinodo dei vescovi per l’Africa, è promosso dalla Segreteria generale del Sinodo e organizzato dall’Ufficio per la pastorale universitaria della diocesi. Al termine della preghiera i ragazzi porteranno la Croce in pellegrinaggio fino alla Lumsa. Mentre durante la veglia sarà consegnata loro una copia della “Caritas in veritate”.
Perché l’enciclica sociale del Papa «pone il problema dello sviluppo umano integrale - osserva monsignor Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio diocesano - che non può prescindere da un rinnovamento del pensiero». È dalle aule universitarie, insomma, che deve passare la rinascita del continente africano.
«Da una evangelizzazione che propone assistenza - afferma monsignor Leuzzi - si passa a una evangelizzazione che propone cultura.
E l’università è la via per favorire, in Africa, lo sviluppo di una nuova classe dirigente». In Aula Paolo VI ci saranno anche 15 rettori di atenei africani e rappresentanze di studenti del continente nero.
Attesi pure un centinaio di sudanesi, per i quali l’evento si carica di un ulteriore significato: il 10 ottobre si celebra, infatti, la festa di San Daniele Comboni, patrono di Khartoum. «In Sudan i cristiani sono meno del 30 % - racconta padre Akok Paolino Lual, cappuccino, incaricato della Conferenza episcopale sudanese a Roma - e vivono soprattutto nel Sud. Nella capitale c’è una forte presenza cattolica, perché lì si trovano molte scuole costruite da missionari». Fino a pochi anni fa i cristiani non erano liberi di professare la propria fede. Vittime di persecuzioni, martirizzati. «Dal 2005 c’è un nuovo sistema politico - spiega padre Lual -: dopo 21 anni e più, è stata siglata la pace tra il Nord e il Sud del Paese. Ora, accanto al presidente Omar Al-Bashir di religione islamica (al potere da oltre vent’anni e accusato di crimini contro l’umanità per il genocidio in Darfur, ndr), c’è il vicepresidente Salva Kiir, cattolico». In pratica, dopo la guerra civile, è stato instaurato una sorta di sistema federale. «Al Nord - prosegue - vige la sharia, la legge islamica, mentre al Sud c’è un governo laico». E intanto si attende il 2011 quando, con un referendum, le popolazioni del Sud dovranno decidere della propria indipendenza.

© Copyright RomaSette, 8 ottobre 2009

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