mercoledì 7 ottobre 2009

Se l'Africa entra in Vaticano (Filippo Di Giacomo)


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Il Papa: "Per amore di Cristo san Giovanni Leonardi lavorò alacremente per purificare la Chiesa, per renderla più bella e santa. Capì che ogni riforma va fatta dentro la Chiesa e mai contro la Chiesa. In questo, san Giovanni Leonardi è stato veramente straordinario e il suo esempio resta sempre attuale. Ogni riforma interessa certamente le strutture, ma in primo luogo deve incidere nel cuore dei credenti" (Catechesi)

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Sulle questioni africane, stampa italiana troppo provinciale (Zenit)

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Fedeli in Piazza: La Prefettura della Casa Pontificia non offenda i nostri occhi e non diffonda i numeri dei biglietti ritirati ma quelli reali!

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Dichiarazioni del Card. Turkson sul preservativo e la prevenzione dell'Aids. Traduzione del testo originale inglese a cura di Zenit)

Migrazioni, violenze contro i cristiani, conversione ecologica. Al Sinodo si affrontano i problemi dell'Africa (Radio Vaticana)

Il Vaticano scivola di nuovo sul lattice...questa volta la colpa non è dei mass media!

A più di ventiquattro ore di distanza il Vaticano diffonde la trascrizione letterale delle parole del card. Turkson sul condom (Asca). Troppo tardi!

Il Papa ha ragione: l’AIDS non si ferma con il condom. Intervista al dott. Renzo Puccetti e al dott. Cesare Cavoni (Zenit)

Continuiamo a pregare per Caterina Socci. La mia speranza per Caterina

Al Sinodo l'intervento del Patriarca della Chiesa ortodossa di Etiopia Abuna Paulos (Osservatore Romano)

Il testo dell'intervento del Patriarca Abuna Paulos al Sinodo per l'Africa: Una storia segnata da Dio e dalla sua salvezza (Osservatore Romano)

Il Papa: "In Cristo sappiamo che la riconciliazione è possibile, la giustizia può prevalere, la pace può durare! Questo il messaggio di speranza che siamo chiamati ad annunciare. Questa la promessa che oggi gli abitanti dell'Africa desiderano vedere avverarsi" (Saluto del Santo Padre a Sua Santità Abuna Paulos)

Sinodo africano: leadership senza principi è causa di conflitti (Izzo)

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Colpo di scena: errore di traduzione sulla presunta apertura del card. Turkson riguardo al condom (Izzo)

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Confessori a tempo pieno nelle Basiliche papali di Roma (Zenit)

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Il Papa e l'Africa: l'evangelizzazione possibile (Volontè)

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E sul Papa scende il silenzio della stampa (Lucio Brunelli). Da incorniciare!

SINODO PER L'AFRICA (4-25 OTTOBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Su segnalazione delle nostre Alessia e Mariateresa leggiamo questo interessantissimo articolo di Filippo Di Giacomo per "L'Unità":

Se l'Africa entra in Vaticano

di Filippo Di Giacomo

Quasi trecento vescovi africani, tra i quali quattordici cardinali di colore, sono riuniti in Vaticano.
Era già accaduto per un sinodo episcopale nel 1994, un anno entrato nella memoria storica del mondo per due motivi: la fine del regime razzista e separatista nel Sud Africa e il genocidio del Ruanda. Il primo, la fine dell’apartheid, nella glossa mediatica è oramai devoluto alle star del rock e all’umanitarismo indefinito delle Ong.
Visto dal mondo cristiano invece, la lotta di liberazione dei sudafricani di colore ha rappresentato un importante momento dell’efficacia del dialogo ecumenico.
A metà degli anni Settanta è stata appunto l’adesione di tutte le confessioni cristiane ai programmi di lotta pacifica che il Consiglio Ecumenico delle Chiese proponeva per porre l’abbattimento dell’apartheid al centro dell’agenda politica internazionale.
La tragedia del Ruanda, invece, è stata vissuta come il fallimento morale di un modello di presenza socio-culturale che, negli anni intercorsi, ha spinto i fedeli del Papa del Continente Nero a intensificare la riflessione, da condividere con tutte le forze vive di un'Africa che, ecclesialmente parlando, tra venticinque anni supererà per numero di fedeli l’importanza dell’Occidente.
Nel frattempo, Benedetto XVI per il prossimo anno ha annunciato un sinodo straordinario dei vescovi per il medio Oriente. Ora, immaginando l’orizzonte disegnato da questi anni del pontificato ratzingeriano, il primo ostacolo da superare sarà costituito dagli alti lamenti che i soliti interessati affermano di ascoltare fra le mura leonine, come se la politica papale in preda ad un raptus di masochistica autoflagellazione, fosse fatta di improvvisazioni, errori e blocchi.
Non è così, tutti i viaggi di Benedetto XVI diplomaticamente parlando, sono stati dei successi.
Ad Istanbul, nell’autunno 2006, poco più di trenta giorni dopo Regensburg, una sola giornata, la prima di quel viaggio, è stata sufficiente affinché si voltasse pagina nei rapporti tra Occidente cristiano e Oriente islamico.
In quello di metà maggio di quest’anno in Giordania, Israele e Palestina la Santa Sede poi, ha egregiamente svolto il suo ruolo di rappresentante dei Paesi poveri, dei senza voce, dei figuranti dei dialoghi multilaterali, dei Paesi obbligati a partecipare all’organizzazione internazionale subendo i ricatti dei “Paesi donatori” e delle “potenze di riferimento”.
I vescovi africani riuniti a Roma hanno dunque tra le mani un “Instrumentum laboris” – l’equivalente di ciò che un tempo, quando esistevano i partiti politici, si chiamavano “tesi congressuali” - che ha tutti i numeri necessari per districare, nel bene e nel male, i meccanismi complessi del mondo globalizzato. Certo, non è un documento indirizzato agli afro ottimisti di professione, a coloro che credono di conoscere l’Africa trascorrendo vacanze a Malindi. Ma, se nell’orbe mediatico fosse ancora in vigore la gerarchia delle notizie, bisognerebbe chiedersi perché le analisi dei vescovi sulla finanza internazionale, sulle multinazionali, sugli ogm, sul diritto alla salute, sul ruolo delle donne e molto, molto altro viene ancora tralasciato a vantaggio di poche e scontate domande di folclore chiesastico.
Durante gli ultimi due lustri del pontificato di Giovanni Paolo II e soprattutto in questi ultimi quattro anni, la diplomazia d’Oltretevere ha saputo gestire la disputa europea-statunitense in materia di multilateralismo e diritto internazionale sviluppando dapprima un’impronta sostanzialmente franco-tedesca aggiungendovi però successivamente tratti marcatamente paneuropei e mediterranei. È la stessa partita che il presidente Obama ha iniziato subito dopo il viaggio mediorientale di Benedetto XVI con il premier israeliano Netanyahu (e confermato con la nomina del nuovo ambasciatore Usa presso la santa Sede) perché la società aperta che piace all’attuale presidente Usa non dispiace Oltretevere: lo ha detto all’ambasciatore americano il giorno della presentazione delle lettere credenziali. Ciò che entra in collisione non sono i fini ma i metodi. Gli Usa amano costruire società aperte privilegiando strumenti economici conformi al loro modello di sviluppo, la Chiesa di Roma, crede che lo stesso obiettivo debba essere perseguito con le ragioni della sensibilità morale, e con spirito critico verso un sistema sociale, quello occidentale, i cui eccessi sono ormai palesi.
Ci sarà un’alleanza tra chi, anche per il futuro, dovrà indossare abiti da “missionario per la democrazia” e chi dal passato trae una forte e insopprimibile identità di “missionario per l’uomo”? Sono domande che i vescovi africani stanno prendendo molto sul serio. Perché anche la politica può avere un’anima.

© Copyright L'Unità, 7 ottobre 2009 consultabile online anche qui.

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